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Letture della preghiera notturna dei certosini

 

 

MACARIO / SIMEONE

 

IV ‑ secolo

 

Macario/Simeone, noto come "Pseudo Macario", o anche come "Macario il Grande", è un autore siriaco del IV secolo, padre spirituale di monaci siro ‑ mesopotamici.

L'insegnamento spirituale contenuto in queste omelie, attraverso il continuo riferimento alla Scrittura, è centrato sulla preghiera, fulcro della vita e della lotta quotidiana del monaco.

Macario descrive in modi svariati l'azione di Satana contro l'anima: rilassatezza (41. 51), attività mondane (51), insofferenza e scoraggiamento (50), pigrizia (50), presunzione di salvarsi da sé (39. 47). Il Maligno non è for­temente personalizzato come in una certa tradizione mona­stica egiziana (cf. la vita di Antonio il Grande), ma è una forza "essenziale" rappresentata sotto varie immagini: febbre, tiranno con satelliti, veste dell'anima, e così via (39. 48. 42). Il Maligno opera soprattutto mediante i "logi­smoi", che non sono precisamente i "pensieri". Questa parola greca pare che risalga a una radice siriaca proveniente dal monachesimo di origine semitica e vuol dire: progetti, desideri, sentimenti. Gli psicologi parlerebbero di pulsioni. Quindi, attraverso suggestioni e incitamenti perversi l'av­versario tenta d'impedire all'anima il dono completo di se (42.50, 51. 52). Siamo qui in una situazione tipicamente monastica: i logismoi rendono il monaco distratto e lontano da Dio. A nulla valgono digiuni, salmodia ed ascesi, se la purificazione non raggiunge il livello interiore, (52). Per questo è necessario consegnarsi senza riserve all'osservanza dei precetti divini e far della propria vita un'icona di quella del Salvatore (46). Ma la strada è una sola: la preghiera perseverante. "Più importante di tutto è perseverare nella preghiera" (40). Per l'uomo insidiato dal male, la preghiera è anzitutto sforzo costante nel bussare e cercare da Dio la liberazione "con amore insaziabile, con slancio inesausto, con tutta la forza del cuore" (47).

Nella lettura 42 Macario propone come lottare contro i pensieri: attraverso un riferimento a Dio, in tutto ciò che si incontra o viene in mente, e praticando un'oculata attenzione a discernere il buono dal cattivo. I logismoi sono cespugli spinosi, addirittura un folto bosco di rovi, attraverso cui c'è da aprirsi un cammino. L'anima ha infatti la possibilità e la libertà di combattere il male: né Satana, né il Signore costringono l'uomo all'adesione, ma questi può scegliere per l'uno o per l'altro (47). Tuttavia, il peccato è una febbre che solo il Signore può guarire (48). La rifles­sione macariana oscilla tra la sottolineatura della libertà umana e quella della necessita di essere unita alla potenza divina.

Macario evidenzia l'azione salvifica di Cristo (44): ogni giorno, con la sua venuta, il Salvatore dona vittoria e salvezza all'anima che persevera ad attenderla (39. 50). Il Signore cerca solo intenzione retta e impegno (46).

Benché si parli in modo indistinto di venuta del Figlio di Dio e di venuta dello Spirito Santo nell'anima dell'uomo, il ruolo dello Spirito è molto sottolineato. La sua azione potente, descritta in varie omelie (39. 43. 45) trasforma la vita del monaco rendendolo capace di preghiera, di fede e di amore, donandogli i frutti dello Spirito (46. 50). La comunione con lo Spirito rende l'anima partecipe dello splendore celeste (39), la incendia del fuoco divino (51), attraverso "un'esperienza indubitabile" (43), che talvolta dà luogo a fenomeni "mistici" (45).

Un altro tratto peculiare dell'opera sono le immagini. Macario non si stanca di contemplare i fenomeni naturali: l'oceano, pendici montuose, canne palustri, fuoco e legno, dimora, barca, corse di velocità, segnaletica stradale, Pane, cibo, vesti. Tutta la realtà diventa specchio delle realtà spirituali. Con questo uso sistematico di immagini, Macario è ben lontano da Evagrio Pontico, per il quale la vera preghiera si ha solo quando lo spirito riesce a distaccarsi da ogni cosa, anche intellegibile. Sebbene anche qui l'obiettivo fondamentale sia la lotta contro ogni forza distraente dalla preghiera, però invece di tendere a svuotare la mente da ogni rappresentazione, le realtà mondane sono lette come l'ombra" e come "tipo" degli eventi dello Spirito nell'anima.

Le immagini, quindi, si risolvono in un appello diretto all'ascoltatore invitato alla continua ricerca dell'esperienza spirituale, che per il Nostro equivale a esperienza dello Spirito; si tratta di ritrovare la presenza di Dio ricevuta col battesimo, quantunque il sacramento abbia lasciato sussistere in noi la concupiscenza. Il lungo combattimento ascetico, integrando il mondo interiore nell'unita dell'amore, stabilisce l'anima nel silenzio, dove il Dio che ci inabita si scopre a noi (46, 49 ... ).

 

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