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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

 

Anno A

 

Tempo Ordinario

Terza settimana

 

45

 

Dalle Omelie attribuite a san Macario.

Hom. 16,2,1.3‑5. SC 275,182‑184.

 

Con ampio e svariatissimo ventaglio di risorse, la grazia dello Spirito concede alle anime, che docili lo seguono in tutto, il favore di pervenire alla dimensione perfetta della purità, seguendo una traiettoria di progressi, crescite e tappe lunghe.

Lo Spirito nutre il cuore di chi comincia con latte spirituale, colmo di soavità e di affetto celeste. Vi ho dato da bere latte, non un nutrimento solido, scrive l'Apostolo; e Pietro gli fa eco, dicendo: Come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale.

In un secondo tempo, man mano che l'anima progredi­sce, cresce e si rinnova, il Signore le dà il cibo più sostanzio­so dello Spirito; nello stesso tempo, le ali della grazia ‑ cioè la forza della grazia ‑ spuntano nell'anima che avanza per il cammino della bontà operosa.

Poi, la grazia divina, come una buona mamma celeste, insegna all'intelligenza a volare, dapprima attorno al nido degli affetti o dei pensieri: ossia la mente impara a pregare Dio senza distrazioni, con la potenza dello Spirito.

Quanto più solido e il nutrimento che riceve dallo Spirito divino, tanto più alto e lontano l'anima può librare il suo volo, giacché lo Spirito la guida e sostiene. Finalmen­te, quando sia cresciuta fino alla statura dell'età spirituale, l'intelligenza si lancia con volo leggero di colle in colle e di monte in monte: intendo dire che dall'universo creato s'avventura verso l'universo dell'alto e da questo mondo verso quello beato, imperituro e infinito. Libera da ogni angustia, si ricrea in una pace profonda. Essa va, sorretta e guidata dalle ali dello Spirito, verso le visioni e le rivela­zioni dei misteri celesti, verso indicibili spettacoli spirituali, che lingua mortale non può esprimere.

 

46

 

Dalle Omelie attribuite a san Macario.

Hom. 19,1.2. PG 34,641‑644.

 

Chi vuole accostarsi al Signore, ottenere la vita eterna, diventare la dimora di Cristo, essere invaso dallo Spirito Santo, portarne i frutti beati, osservare con perfetta lealtà i precetti di Cristo, deve anzitutto coltivare una fede robusta nel Signore. Poi si consegnerà senza riserve alla sua dottrina e alle sue leggi, darà l'addio totale al

mondo, affinché i pensieri non gli rimangano invischiati in nessuna realtà visibile.

Quest'uomo cercherà, per quanto possibile, di essere abitualmente misericordioso, garbato, pieno di bontà e di compassione, attuando il monito del Signore: Siate miseri­cordiosi, come e misericordioso il Padre vostro Si ricorderà, che Gesù ha detto: Se mi amate, osserverete i miei comandamenti . E anche: Sforzatevi di entrare per la porta stretta.Sempre e dovunque egli deve modellarsi sull'umiltà e la mansuetudine del Signore, seguendone gli atteggiamenti e la condotta, come se avesse viva davanti agli occhi l'immagine di Cristo.

Dovrà perseverare nella preghiera, insistendo fiducioso e instancabile perché il Signore venga ad abitare presso di lui e lo fortifichi in modo che possa osservare tutti i suoi comandamenti. Anzi il Signore stesso deve divenire la dimora della sua anima.

E quanto per ora compie facendosi violenza e di mala­voglia, allora lo farà volentieri, perché a poco a poco avrà presa l'abitudine del bene, si ricorderà senza sosta del Signore, aspettando con amore sommo e inesausto che egli venga.

Allora il Signore, di fronte all'impegno e alla risolutezza che il suo fedele mette nel bene, al punto da farsi violenza per conservare il ricordo del Signore, avrà pietà di lui. Vedendolo applicato con ogni tenacia, quasi obbligando se stesso sulla via dell'umiltà, della mitezza e dell'amore, lo libererà dai nemici e dal peccato che lo corrode e gli riverserò in cuore lo Spirito Santo.

A questo punto l'uomo spirituale osserva in verità, senza costrizione e senza fatica, tutti i comandi del Signore. Meglio: il Signore stesso compie i suoi precetti in quest'uomo e vi produce con assoluta purezza i frutti dello Spirito.

 

 

 47

 

Dalle Omelie attribuite a san Macario.

Hom. 25,1.3 PG 34,668.

 

Coloro che portano dentro di sé la legge divina, non i vergata con l'inchiostro, ma incisa nel cuore di carne, costoro hanno gli occhi dello spirito illuminati. Con desiderio inarrestabile, essi sperano in ciò che non può essere percepi­to o contemplato da occhio mortale, perché spirituale e invisibile, e sono in grado di superare le insidie del Maligno grazie ad un'invincibile energia.

Quelli invece che non hanno incisa dentro la Parola dì Dio e non conoscono la legge divina, si immaginano di poter abolire le occasioni del peccato quanto e come voglio­no. Insensati, pieni di boria! Questo lo può compiere soltanto il mistero della croce. Il libero arbitrio, infatti, che è in potere dell'uomo, gli permette di opporre resistenza al demonio, ma non di dominare completamente le passioni. Sta scritto: Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode.

Chi dunque brama di aver parte alla gloria divina e contemplare, come in uno specchio, l'immagine di Cristo nella cima dell'anima, vada in cerca dell'onnipotente soccor­so divino; giorno e notte lo chieda, con amore insaziabile, con slancio inesausto, con tutta la forza del cuore. Non potrà però mai ottenere aiuto se prima non rinunzia alle lusinghe del mondo e alle sollecitazioni della potenza nemi­ca.

 

 

48

 

Dalle Omelie attribuite a san Macario.

Hom. 26,3,1.4. SC 275,296‑300.

 

Nessuno asserisca: mi e impossibile amare il Bene unico, pensare o credere a‑ lui, giacché sono schiavo del peccato, ir­rimediabilmente avvinto nei suoi tentacoli.

Sì, e vero che non hai la capacita di compiere alla perfezione le opere della vita, di strapparti al peccato che abita in te e d'affrancartene con le tue proprie forze,

giacché il Signore ha riservato a sé tutto questo. Lui solo ha condannato il male, lui solo ha tolto il peccato del mon­do, lui che ha promesso di liberare dalla schiavitù delle

passioni perverse quelli che lo amano e a lui si affidano nella fede. Coloro poi che il Signore libera, guadagnano davvero la libertà.

Invece. riflettere, credere, amare il Signore e cercarlo di cuore, questo sì, che dipende da te e ne hai il potere; spetta pure a te non accordarti con il peccato che ti abita dentro e non collaborare con esso. Hai soltanto da divenire l'artefice consapevole della tua vita, valutando bene le tue scelte, cercando il Signore, mantenendone il ricordo, amandolo e sapendolo aspettare. Lui ti procurerà la forza e la liberazione.

D'altronde, Dio richiede soltanto questo da te; non sei forse libero di gestire la tua esistenza e di amare? Sem­pre ti e possibile ricorrere all'unico vero medico, senza scendere a patti con la malizia ma dedicandoti a progetti di bene, nella misura che puoi.

Ecco: Dio sta lì a spiare che gli uomini gli offrano l'occasione d'intervenire; il potere, invece, di rinfrancare l'anima, di guarirla dalla febbre del peccato, svincolandola dall'influsso prevaricatore delle passioni, tutto questo pro­gramma appartiene a Dio, e riservato a lui solo. Sta scritto infatti: Il potere appartiene a Dio, tua, Signore, e la grazia.

 

 49

 

Dalle Omelie attribuite a san Macario.

Hom. 27,20.23. PG 34,708.709.

 

Non basta che uno ascolti la Parola di Dio, perché subito abbia fatto la scelta della parte buona. Se per questo fosse sufficiente l'ascolto, non ci sarebbero più né combattimento, né occasioni di lotta, né corse da fare. Senza fatica, sempli­cemente tendendo l'orecchio, si giungerebbe al riposo e all'apice della perfezione.

Le cose non stanno così. Altrimenti, con tale afferma­zione, elimini la volontà dell'uomo e neghi la forza contra­ria che fa guerra all'intelletto.

Noi invece diciamo che l'uomo, ascoltando la Parola di Dio, giunge alla compunzione; poi la grazia si allontana, perché così Dio dispone per l'utilità dell'uomo. Questi infat­ti scende in campo per imparare a lottare, entra in guerra, combattendo contro Satana, e dopo molte strenue battaglie riporta vittoria divenendo cristiano.

Per andare a Dio, l'essenziale è questo: percorrere la via della vita con molta pazienza, speranza, umiltà, povertà di spirito e mitezza. Per mezzo di tutto questo uno può acquistare la giustizia: per giustizia qui s'intende il Signore stesso.

I comandamenti di Dio ' sono posti come pietre miliari e indicazioni della via regale che conduce alla città celeste coloro che la percorrono. Dice infatti il vangelo: Beati i poveri in spirito, beati i miti, beati i misericordiosi, beati gli operatori di pace Questo e il cristianesimo. Se uno non cammina per questa via, va fuori strada e ha cattive fondamenta.

Gloria alla misericordia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, in eterno. Amen.

 

                                                                                                                                 

 50

 

Dalle Omelie attribuite a san Macario.

Hom. 29,3‑4. PG 34,717.

 

Se uno non riceve prontamente la grazia dello Spirito, si trova provocato a un fervore più vivo per il differimento che Dio gli impone; si protende con anelito maggiore verso i beni celesti e giorno dopo giorno cresce nel desiderio, nell'impegno, nella corsa, nella lotta, nello slancio verso il bene di cui ha fame e sete.

I sentimenti malvagi che dentro lo aggrediscono non riescono a deprimerlo o a sviarlo, rendendolo negligente, intollerante, senza più speranza. Tanto meno egli si abban­dona all'indolenza con la scusa di essere paziente, né cede alla pigrizia ponendosi la falsa domanda, ingannato dal Maligno:" Quando Dio mi darà la sua grazia?".

Invece, quanto pi il Signore ritarda, mettendo alla prova la sua volontà di credere e di amare, tanto più egli cerca il dono di Dio con tenacia e applicazione, senza dimis­sionare dal suo intento. Crede, in effetti, del convincimento più fermo, che Dio e veridico e non può mentire. Non ha forse promesso di concedere la sua grazia a quelli che gliela chiedono con fede nella pazienza che sa perseverare sino alla fine?

Persuaso che il Signore e fedele, il credente certifica che Dio e veritiero, come testimonia san Giovanni. Conse­guente perciò con tale professione di fede, egli esamina se stesso in quanto può, per conoscere dove manca in ordine al lavoro, alla lotta spirituale, al fervore, alla fede, o alla pratica delle altre virtù.

Indaga con minuziosa accuratezza nella sua coscienza e si obbliga rigorosamente a piacere al suo Signore.

La sua fiducia nella veraci di Dio si coniuga infatti con la certezza che il Signore non lo priverà del dono dello Spirito, purché egli perseveri sino alla fine a servirlo e ad aspettarlo con vivo fervore. Lo sostiene la convinzione sicura che già fin da questa vita mortale sarà giudicato degno della grazia e un giorno avrà parte alla vita eterna.

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

 

Tempo Ordinario

Terza settimana

 

Fede nell'onnipotenza di Dio

 

Nel deserto l'uomo si appoggia unicamente su Dio (44), poiché ogni sforzo è vano per salire il monte della perfezione se non ci si fonda su Cristo (49).

Così si fa l'esperienza che la giustificazione è dono divino, non opera nostra (45). Si entra allora nel regime della fede (46), quella autentica (48) e dell'abbandono a Dio, frutto della conversione (47).

 

44

Lunedì

 

Dai "Detti" dei padri dei deserto.

Arsenio,3.Aphu,Giovanni,12, Mortari, 1975,1°,97s.146s. 247.

 Un giorno i demoni assalirono Arsenio nella sua cella per tormentarlo; giunsero frattanto coloro che lo servivano e, stando fuori della cella, lo udirono gridare a Dio: O Dio, non mi abbandonare: non ho fatto nulla di buono ai tuoi occhi, ma nella tua bontà concedimi di cominciare.

Del vescovo di Ossirinco, che si chiamava padre Aphu, si raccontava che mentre era monaco, aveva praticato un'ascesi molto dura: divenuto vescovo, avrebbe voluto mantenere lo stesso rigore anche nel mondo, ma non ci riusciva. Allora si gettò dinanzi a Dio dicendo: E' forse a causa dell'episcopato che la grazia se ne è andata da me? Gli fu allora rivelato: No. Ma in quel tempo c'era il deserto, e non essendoci uomo, Dio ti sosteneva. Ora invece c 'è il mondo, e ti sostengono gli uomini.

Disse il padre Giovanni: Assomiglio ad un uomo seduto sotto un grande albero, il quale vede molte bestie selvagge e rettili venire contro di lui. Quando non può più resistere, si salva arrampicandosi sull'albero. Così anch'io: siedo nella mia cella e vedo sopra di me i pensieri cattivi. Quando non posso resistere contro di loro, mi rifugio in Dio con la preghiera e mi salvo dal nemico.

 

45

Martedì

 

Dalle "Omelie" attribuite a Macario l'egiziano.

Hom.31,4-5. PGL 19,1306.

 

Appena il Signore si accorgerà della sollecitudine con la quale cerchi di tendere a lui, si manifesterà e ti apparirà. Ti fornirà il suo aiuto e sarà l'artefice della tua vittoria, liberandoti dai tuoi nemici. Infatti vuol notare anzitutto il tuo ardore nel cercarlo e come ogni tua speranza sia continuamente riposta in lui. Allora poi ti insegnerà e ti farà il dono dell'autentica preghiera e di quel verace amore che è lui stesso. Egli diventa allora per te ogni cosa: paradiso e albero della vita, la perla e la corona, l'acqua viva, l'agnello e lo sposo, tutto in tutti: Cristo.

Come il bambino non è capace di curare e di assistere sé stesso, ma si limita a volgere lo sguardo alla mamma, piangendo, finché questa intenerita non lo prenda in braccio; così pure le anime fedeli ripongono la loro speranza in Cristo solo e lo considerano l'artefice di ogni giustizia. Come il tralcio secca senza la vite, così accade a chi voglia essere giusto senza Cristo: inaridisce spiritualmente. Chi giustifica sé stesso senza ricorrere al solo che possa giustificarlo, è simile al ladro che non entra nell'ovile per la porta, ma da un'altra parte. Eleviamo perciò il corpo e facciamone un altare, ove deporre tutti i nostri pensieri; preghiamo poi il Signore, perché invii dal cielo un fuoco grande e invisibile che bruci, fino alla consumazione, l'altare e tutto quanto vi è deposto.

 

46

Mercoledì

 

Dai "Capitoli pratici" di Niceta Stethatos.

Capit.Prat. 1,30. Cap-Gnost .70. FG 30,401.483.

 

Da nulla, io credo, viene un progresso dell'anima così abbreviato e rapido, come dalla sola fede. Non solo però dalla fede in Dio e nel suo Figlio unigenito, ma anche da quella fede intima per la quale crediamo che sono vere le promesse di Cristo. Queste promesse sono quelle che egli ha fatto e ha preparato per coloro che lo amano. E crediamo pure che sono vere le minacce e le punizioni dell'inferno preparate per il diavolo e per i suoi operai.

Questa fede dà all'anima in mezzo ai combattimenti piena certezza a sperare di ottenere lo stato dei santi, la loro beata impassibilità, a sperare di slanciarsi verso le altezze della loro perfezione, e divenire loro coerede nel regno di Dio. Fatta così pienamente certa, questa fede si protende con zelo alla pratica dei comandamenti; non esita in sé stessa, ma imita le fatiche dei santi e insegue, per afferrarla, la loro compiuta perfezione, attraverso combattimenti simili ai loro.

La fede intima in Dio è sostanza delle cose che si sperano (Eb 11,1) per la quale Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e fu riconosciuto giusto. Questa fede innalza coloro che aspirano con vero zelo alle grandi speranze dei doni eccelsi di Dio e quindi alla conoscenza degli esseri; dona loro tesori inesauribili dello Spirito, nel cuore, per trarne fuori nuovi e antichi misteri di Dio e donarli a quelli che li desiderano.

Chi ha avuto la buona sorte di questa fede, è stato innalzato e reso perfetto tramite la carità, nella conoscenza di Dio, ed è entrato nella sua quiete.

 

 

 

47

Giovedì

 

Dal "Libro dell'ascesi'' di san Massimo il confessore.

Nn.42-43.45. PGL 46,401-402.403.

 

Il Signore ci ha donato il modo di salvarci e ci ha dato il potere di essere in eterno figli di Dio; d'ora in poi la nostra salvezza è riposta nella nostra volontà. Diamoci dunque a Dio interamente, per riceverlo interamente in ricompensa. Diventiamo dèi per mezzo suo; per questo egli che era Signore si è fatto uomo. Obbediamo a lui ed egli senza fatica ci difenderà dai nostri nemici. Se il mio popolo mi avesse ascoltato - egli dice - se Israele avesse comminato nelle mie vie, forse avrei umiliato i loro nemici e avrei teso la mia mano contro quelli che li tormentavano (Sal 80,14).

Riponiamo in lui solo tutta la nostra speranza, affidiamo a lui solo ogni nostro affanno ed egli ci libererà da ogni tribolazione e ci nutrirà per tutta la vita. Amiamo di cuore ogni uomo, ma non mettiamo in nessuno di essi le nostre speranze; finché il Signore ci custodisce, tutti gli amici ci difenderanno e tutti i nemici saranno incapaci di nuocerci. Quando invece Dio ci abbandona, allora anche gli amici ci abbandoneranno. Ma anche chi confida in sé stesso, cadrà in rovina grande, mentre chi teme il Signore sarà esaltato.

Oltre a ciò, fratelli, fuggiamo il mondo e il principe di questo mondo. Disprezziamo la carne e le cose carnali. Corriamo verso il cielo e là avremo la nostra dimora. Imitiamo il beato apostolo; cerchiamo di possedere l'Autore della vita; dissetiamoci alla sorgente della vita. Danziamo con i cori degli angeli, e con gli arcangeli lodiamo il Signore nostro Gesù Cristo.

 

48

Venerdì

 

Dalle "Centurie" di san Massimo il confessore.

Cap.var.II,17.18.12 FG 20,193.192.

 

Ci sono molte cose che occorrono ai credenti per la conoscenza di Dio e per acquisire la virtù: ci si deve liberare dalle passioni, sopportare le prove, vivere con costumi onesti e sradicare dal cuore ogni propensione per i movimenti istintivi. Insomma bisogna giungere a slegarci dal sensibile che appanna l'occhio interiore e avvinghia indebitamente al creato.

E poi ci sono innumerevoli cose necessarie per allontanarsi dal male e dall'ignoranza e realizzare conoscenza e virtù. Bene ha detto il Signore: Tutto quanto chiederete credendo, lo riceverete  (Mt 21,22), dichiarando così che i credenti devono cercare e chiedere con scienza e fede soltanto quanto serve per conoscere Dio e per acquisire la virtù. Queste sono cose che giovano e certo il Signore le dà a chi le chiede. Chi a motivo della sola fede, ‑ cioè a motivo dell'unione immediata con Dio ‑ tutto cerca in vista di questa unione, certamente riceverà. Ma chi senza tale motivazione, cercasse sia altre cose sia quelle elencate, non riceverebbe; come infedele, nella sua incredulità, si servirebbe delle realtà divine per la propria gloria.

La fede, poi, è una conoscenza non dimostrabile. Ma ciò vuol dire che la fede è una relazione soprannaturale, mediante cui, in maniera del tutto oscura, ci uniamo a Dio con un'unione al di là di ogni modo che l'intelletto possa comprendere.

 

 

49

Sabato

 

Dal "Commento al Cantico dei Cantici" di san Bernardo.

Serm.85,5-6- PL 183,1180. ? 40

 

Chi salirà il monte del Signore? (Sal 23,3) Chi si cimenta per raggiungere il vertice di questo monte, per arrivare alla perfezione della fede, saprà certo quanto ardua sia la salita e fino a che punto sia vano il suo sforzo, senza l'aiuto del Verbo. Felice l'anima di cui gli angeli hanno potuto esclamare gioiosi e meravigliati per tale spettacolo: Chi è colei che sale dal deserto, appoggiato al suo diletto? (Ct 8,5)

Senza questo sostegno, sono vani i suoi sforzi. Ma appoggiandosi su di lui, si rinsalda e divenuta più forte di sé stessa, potrà sottomettere tutto alla ragione: l'ira, la paura, la bramosia e la gioia.

Come mai non sarebbe tutto possibile a chi si appoggia su colui che tutto può? Quanta fiducia respira questa parola dell'apostolo: Tutto posso in colui che mi dà la forza (Fil 4,13). Nulla proclama meglio e con più splendore l'onnipotenza del Verbo che il fatto di rendere onnipotenti quelli che sperano in lui. Tutto è possibile a chi crede (Mc 9,22). Non è dunque onnipotente colui al quale tutto diventa possibile? Così l'anima, se non presume di sé, se riceve la forza dal Verbo, potrà dominare sé stessa e sfuggirà alla tirannia di ogni ingiustizia.

Sì, lo ripeto, nessuna forza, nessun inganno, nessuna lusinga potrà abbattere o privare del suo autodominio chi si è ancorato sul Verbo e si è rivestito della forza dell'alto. Chi sta in piedi, se non vuol cadere, non si fidi di sé stesso, ma riversi tutta la sua fede sul Verbo. E' Cristo a dire: Senza di me non potete far nulla (Gv 15,5). E' così: senza il Verbo non possiamo né sorgere per far il bene, né star saldi in esso. Tu, dunque, che stai in piedi, dà gloria al Verbo e di': i miei piedi ha stabilito sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi (Sal 39,3). E' la sua mano che ti rialza, ma anche hai bisogno della sua potenza per tenerti in piedi.

 

 

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