Letture della preghiera notturna dei certosini |
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Anno A Tempo Ordinario
Seconda Settimana
Dalle Omelie spirituali attribuite a san Macario. Homilia 1,11. PG 34,461.
Il corpo non ha la vita da se stesso, ma la riceve da fuori, cioè dalla terra, e senza le cose esterne gli è impossibile vivere. Lo stesso è per l'anima: se non è rigenerata fin d'ora per la terra dei viventi, se da lì non riceve il cibo spirituale che la faccia progredire nel Signore, se la Divinità non la riveste dell'abito ineffabile di una bellezza celestiale, le è impossibile da sé vivere nella gioia e nella quiete. . Infatti la natura divinamente restaurata e rigenerata ha un pane di vita. Si tratta di Colui che dice: lo sono il pane della vita L'anima redenta ha un'acqua viva, il vino che rallegra il cuore dell'uomo, l'olio di letizia ; ella ha un nutrimento di ogni genere che le viene dallo Spirito celeste e vesti di luce che le giungono da Dio. In questo appunto consiste la vita eterna dell'anima. Guai al corpo, qualora resti rinchiuso in se stesso, poiché si corrompe e perisce. Guai all'anima che si ripieghi su dì sé, fidandosi solo delle proprie opere senza essere in comunione con lo Spirito divino: precipiterà nella morte, perché non fu reputata degna di aver parte alla vita eterna di Dio. È come per i malati: se l'infermo non può prendere cibo o liquidi, non vi è più speranza che gli guarisca; e tutti i veri amici, A parenti, i congiunti ormai lo piangono. Così Dio e i santi angeli compiangono le anime che non si nutrono del cibo celeste dello Spirito e vivono nella corruzione. Questo che sto dicendo non sono parole vuote, ma la realtà della vita spirituale, vissuta in modo autentico dall'anima degna e fedele.
Dalle Omelie attribuite a san Macario. Hom.3,2‑3.,,PG 34,468‑469.
Nelle loro occupazioni i fratelli si sforzeranno di vivere nell'amore e nella letizia scambievole. Nei confronti di chi prega, colui che lavora dica così: Il tesoro che acquista il mio fratello, lo posseggo anch'io perché è un bene in comune". Chi prega dirà di chi legge: il vantaggio che lui ricava dalla lettura, torna a mio guadagno". E chi lavora a sua volta deve dire: il servizio che compio è a vantaggio di tutti". Chi prega non giudichi chi lavora, dicendo: "Perché non prega?". Dal canto suo, chi lavora non giudichi chi prega, dicendo: 'Tu riposa e io fatico". Chi compie un servizio non giudichi gli altri, ma ciascuno faccia tutto per la gloria di Dio. Chi legge vorrà bene a chi prega, dicendo lieto: "Sta pregando per me” E chi prega penserà di chi lavora: “Ciò che fa, lo compie per l’utilità comune., In tal modo una grande armonia, cementata di pacifica concordia, potrà custodire i rapporti fraterni nel vincolo della pace, per vivere con sincerità e semplicità sotto lo sguardo compiaciuto di Dio. Più importante di tutto è però, senz’altro, perseverare nella preghiera. E poi una cosa soltanto è richiesta: avere nell'anima quel tesoro e nella mente quella vita che è la presenza del Signore; ciascuno, che lavori, preghi o legga, conservi in sé la ricchezza che non tramonta mai, cioè lo Spirito Santo.
Dalle Omelie attribuite a san Macario. Hom.4,16‑17. PG 34,484‑485.
In tanti modi succede che rifiutiamo di convertirci seriamente. Dio però ha una grande compassione di noi e attende paziente l'ora in cui, capovolgendo la rotta, torneremo a lui. Saremo allora illuminati nell'uomo interiore, affinché il nostro volto non si copra di vergogna nel giorno del giudizio. Questo a noi sembra arduo per via della rigida ascesi della virtù, anzi a motivo delle suggestioni e dei consigli dell'avversario. Dio invece s'impietosisce e pazienta, aspettando il nostro ritorno e sopportandoci peccatori come siamo. Rimane in attesa della nostra conversione e non si vergogna di accoglierci dopo numerose cadute, come ha sentenziato il profeta: Forse chi cade non si rialza e chi perde la strada non torna indietro? Viviamo dunque nella sobrietà, armiamoci di buone intenzioni e senza indugio convertiamoci veramente, implorando l'aiuto divino. Il Signore e sempre pronto a salvarci, ad accogliere lo slancio fervido della nostra volontà tesa quanto può verso di lui, a ricevere la nostra fede alacre e la generosità, frutto di buoni propositi. Però la nostra riforma e in noi esclusivamente opera sua. Affrettiamoci, dunque, carissimi, come figli di Dio, a spogliarci di ogni cattiva abitudine, di ogni negligenza e rilassatezza, per diventare alacri e pronti a seguirlo, senza rimandare di giorno in giorno. Non lasciamoci ingannare dal male, perché non sappiamo quando avverrà la nostra partenza dal corpo. Grandi e indicibili sono le promesse fatte ai credenti, al punto che tutta la gloria e la bellezza del cielo e della terra non sono assolutamente paragonabili alla fede di una sola anima ricca di Dio.
Dalle Omelie attribuite a san Macario. Hom. 6,3‑4. PG 34,520‑521.
Il vero. metodo d'orazione consiste nel fare attenzione ai propri desideri, progetti o fantasie, e nel pregare con grande tranquillità (esichia) e pace. Infatti, tutto il combattimento spirituale dell'uomo deve compiersi all'interno dei suoi sentimenti. Egli deve recidere la massa dei pensieri maligni che lo soffocano, costringersi a fissarsi in Dio, senza cedere alle voglie istintive. Cercherà invece di raccogliere i pensieri che scivolano via da ogni parte e discernerà i buoni dai cattivi. L'animo sotto la tirannia del peccato assomiglia a un folto bosco sulle pendici di un monte, a un canneto palustre, a una selva di cespugli spinosi. Chi vuole attraversare quei posti deve allungare la mano e con sforzi vigorosi aprirsi un varco fra i rovi e gli arbusti. Nella stessa condizione si trova l'animo circondato dalla selva di sentimenti avversi. Perciò alla mente occorre una buona dose di cura attenta per discernere e respingere i moti che provengono dalla potenza nemica. Succede spesso che più d'uno si basi sulla propria forza e creda di potersi aprire da sé un sentiero attraverso la montagna coperta di boschi. Allo stesso modo, durante la preghiera, alcuni gettano grida scomposte come se mettessero la loro fiducia nei propri sforzi fisici. Ignorano l'astuzia del mondo dei sentimenti, e si immaginano che potranno pervenire alla perfezione con le proprie forze. Ma ve ne sono altri che sorvegliano il proprio intimo e conducono la lotta unicamente all'interno di sé. Perspicaci e riflessivi come sono, possono porre azioni perfette, atterrare progetti e desideri indebiti, e camminare lungo le vie volute dal Signore.
Dalle Omelie attribuite a san Macario. Hom.10,4. PG 34,541‑544.
L'anima che veramente ama Dio e il Cristo, proprio a motivo del desiderio insaziabile che la spinge verso il Signore, si comporta come se non avesse mai compiuto niente, quand'anche migliaia di opere buone fossero al suo attivo. Anche se ha macerato il corpo in veglie e digiuni, si reputa come se non avesse ancora cominciato a faticare per la virtù. Mettiamo che quest'anima venga trovata degna di ricevere i vari doni dello Spirito, persino la rivelazione dei misteri celesti: tuttavia, lo sconfinato amore per Dio che la divora le fa credere di aver sempre le mani vuote. Per tutta la giornata, nella fame e nella sete del Signore, perseverando con amore e con fede nella preghiera, rimane orientata verso la grazia e tende alla perfezione di ogni virtù. L'amore dello Spirito celeste, che l'ha ferita, mediante la grazia produce in lei senza rallentamenti il desiderio infocato di possedere lo Sposo celeste. Ella vorrebbe essere giudicata degna di attuare con lui l'unione misteriosa, inesprimibile, definitiva, che e il frutto dell'azione santificatrice dello Spirito. A viso scoperto, gli occhi fissi continuamente sullo Sposo celeste, inondata da una ineffabile luce di cielo, l'anima si unisce con il Signore, attraverso un'esperienza indubitabile. Configurata a lui nella morte, aspetta con ardore di essere sciolta dal corpo per essere con Cristo, nella ferma speranza che sarà liberata dal peccato e dal dominio tenebroso delle passioni, in virtù dell'azione dello Spirito Santo. Allora, purificata dallo Spirito, resa santa d'anima e di corpo, ella diviene un puro vaso destinato a contenere l'olio celeste e dimora capace di accogliere il vero Re del cielo, Cristo stesso. Fin da questa vita e tempio puro dello Spirito Santo, degna di vivere la vita del cielo.
Dalle Omelie attribuite a san Macario. Hom. 15,44.46. PG 34,605.608.
Quando fu che gli angeli vennero a salvarti? Il Re, il Figlio del Re, deliberò insieme con il Padre, ed ecco il Verbo fu inviato. Egli rivestì la carne umana, nascondendo la sua divinità, per salvare il simile mediante il suo simile e donò la vita sulla croce. Tanto e grande l'amore di Dio per l'uomo! L'Immortale scelse, per causa tua, d'essere appeso a una croce. Medita allora e rifletti: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito per lui. Come non ci donerà ogni cosa insieme con lui ? Più volte Dio ha mostrato che gli angeli sono i servi degli uomini. Quando Eliseo era sul monte e verso di lui insorgevano gli stranieri, disse il servo: Vengono molti contro di noi, e noi siamo soli. Gli rispose Eliseo: Non scorgi quante schiere e moltitudini di angeli sono intorno a noi per aiutarci? Vedi come il Signore e i cori degli angeli aiutano i loro servi? Quant'e dunque grande l'anima, perché Dio e gli angeli la cerchino per avere comunione con lei e convocarla nel Regno. Così però fanno anche Satana e le sue potenze, per tirarla dalla loro parte. Ma Dio stesso si e mosso con il suo esercito degli angeli e degli spiriti per andare contro l'avversario e liberarti da morte. Pertanto, Dio e venuto appositamente per te.
Nuova
alleanza
Il
tempo delle nozze è quello in cui, per il mistero dell'Incarnazione,
il Signore si unì a sé la Chiesa (39). E' questo
il segno manifestato a Cana (40), che diviene realtà
quotidiana nell'Eucaristia, quando Gesù riversa in noi la pienezza
della Divinità (43). Tuttavia,
la sequela di Cristo (38) e ancor di più la virtù
della solitudine (42) favoriscono lo schiudersi
della nuova alleanza che è amore e conoscenza di Dio (41). 38 Lunedì Dai
"Discorsi" di Teolepto di Filadèlfia. FG
30,500-501. La
prima alleanza fu stipulata quando nascesti alla vita terrena: la
seconda alleanza quando nacque in te il desiderio di porre un termine
alla vita mondana. Allora venisti unito a Gesù Cristo mediante la
fede; ora aderisci a lui mediante il pentimento. Allora ricevesti la
grazia; ora ne assumi coscientemente gli obblighi. Allora, fanciullo,
eri inconsapevole dell'alta dignità che ti aveva rivestito; ora,
adulto, sei cosciente della grandezza del dono e del freno che è
stato posto sulle tue labbra. Ora, raggiunta la perfetta
consapevolezza, vedi chiaramente l'energia di questa alleanza
stipulata con Dio. Custodisci le tue labbra, non infrangerai più le
tue promesse e non sarai una nave sbattuta nella tenebra esteriore,
dove c'è pianto e stridore di denti. Infatti,
quando si è messo da parte ogni attaccamento passionale, Cristo entra
nell'anima impegnata nella lotta portandovi inesprimibile gaudio;
nessuna mondana delizia, nessuna desolata angoscia potrà rapirti
questa interiore allegrezza. Quando sarai riuscito a sopprimere le
divagazioni esterne, ed avrai fatto ordine nel tuo interiore pensiero,
la mente ti si aprirà alle parole e alle opere spirituali. La
conversazione con la virtù sostituirà quella con i parenti e gli
amici. La meditazione e la comprensione delle parole divine, ruminate
nella mente, ti daranno maggiore luce e sapienza che non le vane
parole che si moltiplicano nelle relazioni umane. 39 Martedì Dalle
"Omelie" di san Beda il venerabile. Hom.14.
CCL 122,95-96. Il
Figlio di Dio, che doveva operare i miracoli sulla terra, è andato
alle nozze per insegnare che era proprio lui quello del quale il salmista
aveva cantato profeticamente: Esce
come sposo dalla stanza nuziale, esulta come prode che percorre la
via? (Sal 18,6) Realmente, da quando l'incarnazione del nostro Salvatore
cominciò ad essere promessa ai padri, è stata sempre aspettata tra
le lacrime e il pianto dei santi, finché non è avvenuta. Così pure
da quando, dopo la risurrezione, Cristo è asceso al cielo, tutta la
speranza dei fedeli si poggia sul suo ritorno. Dunque Cristo è lo
Sposo e la sua sposa è la Chiesa; i figli dello sposo, ossia della
loro unione nuziale, sono tutti quelli che credono in lui: il tempo
delle nozze è quando, per il mistero dell'incarnazione, egli ha unito
a sé la santa Chiesa. Non a caso, ma per un autentico mistero, perciò,
Cristo si recò alle nozze celebrate sulla terra secondo la carne, lui
che era sceso dal cielo per unire a sé la Chiesa con amore spirituale
e il cui talamo fu il seno della purissima Madre; in questo seno Dio
si è unito alla natura umana e da esso è uscito come uno sposo per
unire a sé la Chiesa. Il primo luogo dove furono celebrate le nozze
fu la Giudea, dove il Figlio di Dio si è degnato da farsi uomo e di
consacrare la Chiesa con la partecipazione del suo corpo e confermarla
nella fede con il pegno del suo Spirito. Ma quando sono stati chiamati
alla fede tutti i popoli, la gioia di quelle nozze ha raggiunto i
confini della terra. 40 Mercoledì Dal
"Diatèssaron" di sant'Efrem siro. XII-2. S Ch 121,213s. Nel
deserto il Signore moltiplicò i pani e a Cana cambiò l'acqua in
vino. Così abituava la bocca degli uomini al suo pane e al suo vino,
fino al tempo in cui avrebbe dato loro il suo corpo e il suo sangue. Fece
loro assaggiare un pane e un vino transitori, per eccitare in essi il
desiderio del suo corpo e del suo sangue vivificatori. Donò quelle
cose gratuitamente, benché avrebbero potuto comprarle da lui, perché
sapessero ch'egli non avrebbe richiesto loro di pagare un bene
inestimabile; se infatti potevano pagare il prezzo del pane e del
vino, non avrebbero mai potuto pagare il suo corpo e il suo sangue. Il
Signore ci ha dato quelle povere cose gratuitamente per attirarci,
perché andiamo e riceviamo gratuitamente quella immensa cosa che è
l'Eucaristia Ci ha trattato con quello che è gradevole al palato, per
sedurci verso quanto vivifica le anime. Ha nascosto soavità nel vino
da lui creato, per indicare ai convitati che magnifico tesoro è
celato nel suo sangue datore di vita. Come
primo segno il Salvatore fece un vino esilarante i convitati, per
manifestare che il suo sangue avrebbe rallegrato tutte le genti. Il
vino interviene in qualsiasi immaginabile gioia; in modo analogo,
tutte le liberazioni sono collegate col mistero del sangue di Cristo. Egli dette agli ospiti di Cana un vino squisito che trasformò la loro mente, in modo che capissero che la dottrina con cui li avrebbe nutriti, trasformerebbe il loro cuore. 41 Giovedì Dal
"Commento al Cantico dei Cantici" di Guglielmo di san Teodorico. Nn.21-24.
PL 180,479-480 Tra
l'immagine di Dio impressa nello spirito e la realtà, enorme è la
differenza, data la sublimità della natura divina e l'infermità di
quella umana; tanto più dissimile la somiglianza, quanto più
dissimili i soggetti, ossia il Creatore e la creatura, Dio e l'anima.
Però la grazia della divina conoscenza, che si produce solo nel senso
o nell'intelletto illuminato dall'amore, arricchisce e rende beato chi
la possiede, più di quanto possa farlo ogni altra conoscenza; perché
questa grazia si abbassa sino all'anima e la solleva a sé, non solo,
ma mette con dolcezza a portata di lei la sua maestosa grandezza, con
un rapporto familiare e con soavi esperienze della divina bontà. E
tanto più soave è questa grazia, quanto più il povero di spirito,
umile e mansueto, trepido alla divina Parola, semplice di animo e
abituato al colloquio con lo Spirito Santo, avrà riconosciuto, prima
di accostarsi a questa conoscenza, la sua miseria e piccolezza; perché
così avrà offerto alla grazia facoltà affinate e semplicissime, e
si sarà appoggiato unicamente sulla potenza del Signore. Ecco la pietruzza
bianca (Ap 1,17)
dell'Apocalisse, su cui è scritto un nome che nessuno conosce, salvo
chi lo riceve. Utilizzando questa immagine impressa in lei, l'anima si
va avvicinando a Colui che è.
42 Venerdì Dal
"Commento al Cantico dei Cantici" di san Bernardo. Serm.40,4-5.PL183,983-984. Se
tu sei sensibile agli inviti dello Spirito Santo e ardi dal desiderio
di fare quanto è in tuo potere per diventare la sposa di Dio, abbi
una cura estrema nel badare alla bellezza delle tue intenzioni. Prendi
come modello la tortora, questo uccello così casto, e dimora seduto
in solitudine, secondo il consiglio del Profeta (Cf Lam 3,28), perché
sarai elevato sopra di te. Sposare il Signore degli angeli è molto al
di sopra delle tue possibilità. Forse
che non ti supera il fatto di aderire a Dio e di essere un solo
spirito con lui? Perciò dimora quieto e solitario come la tortora.
Non aver rapporti con la folla; dimentica il tuo popolo e la casa di
tuo 36 padre, e il Re sarà affascinato dalla tua bellezza. 0 anima
consacrata, rimani sola per riservarti per il Solo fra tutti, per
colui che fra tutti ti ha scelta. Fuggi le folle e persino quelli di
casa tua; taglia netto con amici e conoscenti, persino con chi sta lì
per servirti. Non sai che hai uno sposo geloso che non concede la sua
presenza se non quando non c'è nessuno con te? Tienti dunque in disparte. E sappi che sei solo quando il tuo pensiero non corre alle comuni preoccupazioni, quanto ti stacchi dal presente e sdegni i facili appetiti; sei solo quando non trovi alcun gusto in ciò che di solito piace all'uomo, ma eviti le dispute e rimani immune sia ai danni subiti sia alle lodi sia alle ingiurie. Altrimenti, anche pur essendo solo fisicamente, non sei affatto un solitario.
43 Sabato Dalla
"Vita in Cristo" di Nicola Cabasilas. Lib.1,cap.3°
PG 150,505. Quale
segno di bontà e di amore per gli uomini potrebbe essere più grande
di questo? Lavando nell'acqua Cristo libera l'anima dalla lordura;
ungendo col crisma, fa regnare con lui nei cieli; invitando a mensa,
imbandisce il suo corpo e il suo sangue. Gli
uomini diventano dèi, figli di Dio, la nostra natura è onorata con
l'onore dovuto a Dio, la polvere è innalzata a un tale grado di
gloria da essere ormai eguale in onore e dignità alla divina natura;
privilegio ineguagliabile, novità inaudita. E'
questa la potenza di Dio che copre i cieli, trascende cioè ogni cosa
e supera tutte le altre opere di Dio, vincendole in grandiosità e
bellezza. Infatti, l'opera di Dio è sempre partecipazione di un bene:
è questo il movente per cui Dio fa tutte le cose e il fine delle cose
già create e di quelle che potranno esistere in futuro. Il bene si
effonde e si propaga. Allora, l'opera somma e più bella della bontà,
il limite supremo della condiscendenza sarà proprio quell'opera con
la quale Dio partecipa il massimo bene. di cui non può elargire uno
più grande. Tale è appunto l'opera dell'economia disposta in favore degli uomini; per essa Dio non comunica semplicemente alla natura un bene qualsiasi, riserbando presso di sé la maggior parte dei beni; ma riversa tutta la pienezza della divinità, l'intera ricchezza della sua natura. |
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