Una vita nel cuore della chiesa e del mondo |
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Solidarietà
«Abbracciando
la vita nascosta, noi non disertiamo la famiglia umana... aderendo veramente a
Dio, non ci trinceriamo in noi stessi, ma al contrario la nostra mente si apre e
il cuore si dilata tanto da poter abbracciare l'universo intero e il mistero
salvifico di Cristo. Separati da tutti, siamo uniti a tutti, per stare a nome di
tutti al cospetto del Dio vivente». Tutto
nella vita del solitario contemplativo parla di unione, di unità, di comunione.
Egli non ha scelto la solitudine per se stesso, ma perché in essa vede per sé
un modo eccellente per giungere ad una più grande unione con Dio e con tutti
gli uomini: Dio e i figli di Dio. Il
monaco si lascia pervadere dall'amore di Dio che si è manifestato in Gesù
Cristo e che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo.
Questo amore per l'umanità intera lo raggiunge nel suo centro vitale, nel più
intimo della sua anima, là dove ciascuno è solo davanti a Dio. Di fatto è
proprio entrando nel profondo del suo cuore che il certosino solitario, in
Cristo, si fa vicino ad ogni uomo, e principalmente ai piccoli e agli umili, ai
poveri e ai miseri. «Così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in
Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri.... quindi
se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è
onorato, tutte le membra gioiscono con lui». Adorazione
e lode
«Gli
istituti dediti interamente alla contemplazione, tanto che i loro membri si
occupano solo di Dio nella solitudine e nel silenzio, nella preghiera continua e
nella gioiosa penitenza, pur nella urgente necessità di apostolato attivo,
conservano sempre un posto eminente nel corpo mistico di Cristo, in cui
"tutte le membra non hanno la stessa funzione"». I
contemplativi sono nel cuore della Chiesa; essi compiono una funzione essenziale
nella comunità ecclesiale: la glorificazione di Dio. Il certosino si ritira nel
deserto innanzitutto per adorare Dio, per lodarlo, per ammirarlo, per lasciarsi
sedurre da Lui, per donarsi a Lui, e questo a nome di tutti gli uomini. La sua
vocazione è di cantare la lode nella Chiesa di oggi, in attesa di farlo con la
totalità degli eletti alla presenza di Dio nell'eternità. Nella
sua ammirazione egli non cessa di amare, e nel suo amore non cessa di ammirare,
in modo che dalla sua ammirazione l'amore bruci di una fiamma che niente potrà
spegnere, e che all'interno del suo amore l'ammirazione sia colma di un dolce e
forte fervore. Intercessione
«Poiché
siamo membra gli uni degli altri, conviene che nella preghiera portiamo i pesi
degli uomini, nostri fratelli». Da
sempre la Chiesa riconosce che i monaci votati alla sola contemplazione compiono
un prezioso ruolo di intercessione. Ogni giorno, in tutti gli uffici liturgici e
nella celebrazione dell'Eucaristia essi pregano per tutti i vivi e i morti. Per
mezzo di Cristo, «che è alla destra di Dio, vivente per sempre per intercedere
a favore degli uomini», essi portano davanti a Dio le attese e i problemi del
mondo, insieme alle gravi intenzioni e preoccupazioni della Chiesa intera. Rivolto
ai monaci di questa certosa il papa Giovanni Paolo II ha nuovamente affidato
loro questo ministero della preghiera: «voi da questo monastero siete chiamati
ad essere lampade che illuminano il mondo; sappiate sempre aiutare chi ha
bisogno della vostra preghiera e della vostra serenità. Pur nella felice
condizione di aver scelto con la sorella di Marta, Maria, la "parte
migliore che non sarà tolta", non siete posti al di fuori delle situazioni
dei fratelli che bussano al vostro luogo di solitudine. Essi portano a voi i
loro problemi, le loro sofferenze, le difficoltà che accompagnano questa vita:
voi - pur nel rispetto delle esigenze della vostra vita contemplativa - date
loro la gioia di Dio, assicurando che pregherete per loro, che offrirete la
vostra ascesi, perché anche loro attingano forza e coraggio alla fonte della
vita che è Cristo. Essi vi offrono l'inquietudine dell'umanità; voi fate loro
scoprire che Dio è la sorgente della vera pace». Testimonianza
«Dedicandoci
a Dio solo, esercitiamo una funzione nella Chiesa... Consacrandoci con la nostra
professione unicamente a Colui che è, rendiamo testimonianza davanti al mondo,
troppo irretito nelle realtà terrene, che non vi è altro Dio fuori di lui». Gli
uomini oggi avvertono, più o meno coscientemente, nel loro cuore un desiderio
di assoluto; ed in qualche modo hanno bisogno dell'esempio dei contemplativi.
Per il solitario portare una testimonianza è qualcosa che non si realizza né
con le parole, né con un contatto personale. Lo stesso Giovanni Paolo II lo ha
ricordato ai certosini: «l'importante non è ciò che voi fate, ma piuttosto ciò
che voi siete». E in effetti con il suo solo esistere, il monaco testimonia che
Dio è presente e che è al di sopra di ogni cosa, poiché «tutto è da Lui,
per mezzo di Lui e per Lui». San
Bruno era convinto che la sua preghiera contemplativa era il miglior servizio
che poteva rendere alla Chiesa e al mondo; e il papa Urbano II approvò ciò
lasciandolo partire per la solitudine dopo averlo chiamato presso di sé. Guigo
da parte sua affermò che se i certosini si trovassero impediti nell'esplicare
la loro funzione, altri dovrebbero prendere il loro posto. Nel nostro tempo, in
cui ci si abbandona forse troppo facilmente all'azione, la vita eremitica è a
volte incompresa o sottovalutata; mentre il Concilio Vaticano II riconosce che i
religiosi contemplativi «offrono a Dio un eccellente sacrificio di lode e
producendo frutti abbondantissimi di santità sono di onore e di esempio al
popolo di Dio, cui danno incremento con una misteriosa fecondità apostolica». |