Una vita ascetica |
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Il
monaco «non può entrare nella quiete contemplativa, se non dopo essersi
cimentato nello sforzo di una dura lotta, sia mediante le austerità nelle quali
persiste per la familiarità con la Croce, sia mediante quelle visite con le
quali il Signore lo avrà provato come oro nel fuoco… lungo è il cammino
attraverso brulla e riarsa strada prima di arrivare alle fonti d'acqua e alla
terra promessa». Perché il monaco possa pervenire all'unione intima con Dio,
il suo cuore e il suo spirito devono essere purificati nel crogiolo dell'ascesi.
Prove
spirituali
Anche
se non si può fare di meglio che evocarle, si offrono prima di tutto ed
eminentemente le prove interiori, spirituali, che Dio riserva e proporziona a
ciascun’anima in modo particolare. Il monaco, con la sua professione si è
affidato rimettendo totalmente la sua vita al buon volere di Dio. D'altronde il
ritirarsi dal mondo e l'assenza di un ministero possono condurlo ad una vita a
volte molto dura, privata di ogni consolazione sensibile riguardo ai suoi
frutti; a volte le stesse sue condizioni concrete immergono in afflizioni e
abbandoni che sarebbe molto delicato sostenere in altre circostanze. Ma il
solitario sa riconoscere che ogni pena è dono della grazia e invito all'amore
vero.
Austerità
Le
varie osservanze previste dalla regola sono generalmente assunte senza
particolari difficoltà. E tuttavia all'occasione nondimeno possono
rappresentare una reale prova, offerta di tutta una vita. L'interruzione
del sonno, ad esempio, può diventare motivo di disagio, fatica e insonnia. Fare
un solo pasto al giorno (con solo un po' di pane la sera) durante la grande
quaresima monastica dall’Esaltazione della Croce (14 settembre) fino a Pasqua,
astenersi dai latticini durante l'Avvento e la Quaresima, contentarsi di pane ed
acqua un giorno alla settimana, non mangiare mai carne e non prendere nessuna
colazione al mattino: questo fa parte del regime a cui il certosino si
sottomette per procedere con più alacrità sul cammino tracciato da Gesù
Cristo. Le
altre condizioni di vita - clima, ambiente, abbigliamento, riscaldamento, ecc. -
mettono ugualmente alla prova, anche per la loro essenzialità o rudezza. Le
celle, dove solo il cubicolo è realmente abitabile, in genere non offrono una
spaziosa vista, se non un pezzo di cielo e il muro della cella vicina....
Lontano dalle creature è necessario levare il proprio sguardo verso il
Creatore. La
solitudine, la beata solitudine, certi giorni può essere molto dolorosa: in
assenza di ogni scappatoia, per valida che sia (di distrazione, avrebbe detto
Pascal), il monaco è lasciato di fronte a se stesso in una povertà e nudità
spesso radicali. Poiché in definitiva non sono tanto il quadro e il genere di
vita che mettono alla prova, quanto piuttosto ciò che essi rivelano ad ognuno:
i propri deserti e le proprie miserie.
Ascesi
dello spirito
Vivere
nella solitudine alla ricerca di Dio solo non concede molte soddisfazioni alla
natura umana; chiede piuttosto una grande spoliazione a livello dello spirito e
del cuore. Il
monaco rinuncia a tutto ciò che renderebbe vana la clausura esterna del
monastero: evita le visite di parenti ed amici (dalla regola sono previsti due
giorni all'anno per i parenti più prossimi); salvo necessità si astiene dal
comunicare per lettera o per telefono con le persone esterne; non legge libri
profani, e ancor meno le riviste e i giornali che possono turbare il suo
silenzio interiore. Gli Statuti dell'Ordine Certosino vietano esplicitamente la
presenza di radio e televisione nei monasteri.
Virtù
evangeliche
Il
certosino dunque, in parte controcorrente in una società dove regna la triade
avere-sapere-potere, riprende il cammino delle virtù evangeliche, altro modo di
chiamare l'ascesi. Umiltà, povertà, castità, obbedienza, pazienza,
temperanza, e al di sopra di tutto la carità: ecco ciò che nello scorrere dei
giorni egli apprende o riapprende alla scuola dello Spirito Santo. Tra
tutte queste virtù conviene sottolineare il posto privilegiato dell'obbedienza.
Secondo la parola di una grande figura del deserto, «noi preferiamo molto di più
l'obbedienza all'ascesi, perché l'ascesi è maestra d'orgoglio, mentre
l'obbedienza è messaggera di umiltà». In effetti l'obbedienza, prima ancora
delle diverse pratiche di penitenza, è per il monaco la traduzione nel vissuto
quotidiano della rinuncia alla propria volontà. Certo tutti i religiosi fanno
voto di obbedienza, ma il monaco solitario deve essere particolarmente fedele a
tale impegno, poiché più grande è per lui il rischio di divenire maestro di
se stesso. Attraverso la mediazione del priore, testimone e garante dell'opera
dello Spirito in coloro che sono a lui affidati, e di una saggia guida
spirituale, egli si aprirà e si offrirà docilmente all'azione dello Spirito
Santo. L'ascesi
sarà di ben poca utilità se non scava e libera uno spazio aperto ad un
incontro, se non conduce all'uomo nuovo, ricreato secondo Dio. Il
certosino sa che non può “possedere” Dio, in una preghiera continua, se
prima non si lascia spossessare da Lui, divenendo sempre più spogliato di
tutto, distaccato da tutto. Povero per Dio, egli allora sarà ricco di Dio.
Liberato da Dio, Egli diventa libero per Lui ed in Lui.
Saggezza
e moderazione
In
materia di ascesi la regola dei certosini rende prova di una grande saggezza. Da
una parte prevede che si possano accordare le dispense necessarie, quando un
monaco si rende conto che l'una o l'altra osservanza supera le sue forze e
ostacola il suo slancio verso il Signore al posto di favorirlo. D'altra parte -
e questo merita di essere sottolineato - questa regola vieta ogni modifica
ulteriore fatta all'insaputa del priore e senza la sua approvazione. Contrassegnata
dalla saggezza e dalla moderazione l'ascesi certosina sa eludere le trappole e
gli eccessi che ne rovinerebbero la virtù: il fermarsi nell'autocompiacimento
di sé, o il cadere nello scoraggiamento per chi non può compierla. L'ascesi al
contrario cerca di liberare il monaco dalla tirannia dell'io e dalle tendenze
egoistiche del cuore umano per favorire il dischiudersi di un amore vero. Gli
ricorda anche la sua fragilità che lo invita ad appoggiarsi su Dio solo, in una
più umile fiducia. L'ascesi
poi come identificazione e partecipazione all'amore di Gesù crocifisso è allo
stesso tempo partecipazione al Cristo resuscitato per la potenza dello Spirito
Santo. Solo lo Spirito ha il potere di dare la vita, solo Lui purifica e libera,
ricrea l'uomo a immagine del Figlio, per farne un essere di desiderio,
totalmente abitato, trasfigurato e avvolto dall'amore di Dio.
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