|
Dalle Meditationes
Senza apparenza né bellezza, e inchiodata alla croce deve essere adorata la
Verità.
(n. 5)
Chi ama tutti, senza dubbio si salverà. Chi invece è amato da tutti, non per
questo sarà salvo.
(n. 23)
Quale speranza vi è, se ti esponi senza ragione ai tranelli e ai dardi del
nemico; se non solo non te ne guardi, ma anzi con gioia li accogli e ti scopri
dinanzi ad essi? Corri dall'uno all’altro; questo lo ritieni un rimedio, quello
un sollievo; li desideri e non puoi soffrire di allontanartene.
(n. 27)
Facile è la strada verso Dio, perché si percorre liberandosi dai pesi. Invece
sarebbe faticosa se la si percorresse caricandosi. Pertanto liberati, affinché,
“lasciate tutte le cose” (Lc 18,28), “rinneghi te stesso” (cfr. Mt 16,24).
(n. 56)
Chi sa di essere ignobile, accoglie quieto e umile gli insulti come suoi propri
pensieri; le lodi invece le respinge come pensieri non suoi.
(n. 68)
I beni temporali ti fanno soffrire. Perché dunque non fuggi verso altri, cioè
verso la Verità?
(n. 78)
«Dio è Amore» (1Gv 4,7). Chi ama qualcuno non a motivo dell'amore, vende Dio,
vende la sua felicità. Non vi è infatti felicità che amando.
(n. 89)
Se sopporti te stesso così immondo, perché non sopporti qualunque altro?
(n. 122)
Ti sei attaccato ad una sillaba del grande cantico; perciò ti turbi quando il
sapientissimo Cantore prosegue nel canto. Ti viene infatti sottratta la sillaba
che sola amavi, e le altre si succedono nel loro ordine. Infatti non canta solo
per te, né secondo la tua volontà, ma secondo la sua. E le sillabe che
succedono, ti sono sgradite perché scacciano quella che amavi male.
(n. 149)
Anche se tutti diventassero pazzi, l'amore va bevuto gratuitamente, per la sua
propria dolcezza, come un soavissimo nèttare; non va venduto per nessuna
ricompensa. Infatti ci è utile e ci rende beati, qualunque cosa facciano gli
altri.
(n. 151)
La carità sia per te il motivo di dire la verità, come medicina.
(n. 164)
Tra tutte le cure che ti prendi per la tua salvezza, non vi è nessun dovere o
rimedio più utile per te che biasimare te stesso. Quindi chiunque lo fa, viene
in tuo aiuto. Infatti fa ciò che tu facevi, o avresti dovuto fare, per essere
salvo.
(n. 177)
Come una sillaba in un cantico, ogni cosa riceve, nello scorrere del mondo, il
suo luogo e il suo tempo. Per questo sei tormentato, perché ti sei unito
intimamente a ciò che si dissolve e a suo turno passa.
(n. 181)
Se ami perché sei amato, o per esserlo, non doni ma restituisci; scambi amore
con amore. Sei un commerciante; hai già ricevuto la tua ricompensa (cfr. Mt
6,2).
(n. 182)
Ama ciò che non può venir meno al tuo amore: Dio.
(n. 186)
Il nome di Cristo è Gesù. Quindi nell'istante in cui, per qualunque causa, perdi
la volontà di salvare qualunque uomo, ti separi dalle membra di Cristo, cioè dal
Salvatore.
(n. 236)
Il Pane, ossia la Verità, sostiene il cuore dell'uomo, affinché non soccomba
all'attrattiva delle forme sensibili.
(n. 251)
Gli altri vadano a Gerusalemme!; tu va' fino all'umiltà o alla pazienza. Questo
infatti significa liberarti dal mondo, quello immergerti tn esso.
(n. 262)
Quell'amore con cui fummo amati prima che fossimo, oppure quando vivevamo nella
iniquità, è la causa di tutti i nostri beni.
(n. 271)
Niente deve essere concesso all'egoismo; nulla deve essere vietato alla carità.
(n. 276)
Dio ha comandato all'uomo di amare ciò che non può mai troppo amare.
(n. 277)
Quando qualcuno gode perfettamente di una cosa, dimentico di sé, quasi
abbandonandosi e disprezzandosi, tende ad essa, non fa attenzione a ciò che
avviene in sé, ma (a ciò che accade) in essa, non a ciò che egli è, ma a quello
che essa è. Così gli angeli si disprezzano più di noi. Infatti, tendendo con
tutta la forza in Dio, abbandonano dietro di sé con tutta la volontà se stessi
con le altre creature, e non si degnano nemmeno di guardarsi tanto si ritengono
vili. Senza dubbio disprezzandosi con tutto se stessi, dimentichi di sé, con
tutto se stessi si gettano in Lui, né fanno caso a ciò che sono o a chi sono, ma
a ciò che Lui è. E quanto più si disprezzano, si distolgono da sé e si
dimenticano, tanto più, simili a Lui, e quindi migliori, diventano.
(n. 291)
Il superbo non ammette né un superiore né un eguale. Ma colui al quale nessuno è
veramente superiore o eguale, è solo; ed è Dio. Non possono infatti due essere
così. Quindi il superbo vuole essere Dio. Ma due non possono esserci. Perciò
egli vuole che Dio non ci sia. Giustamente dunque “Dio resiste ai superbi” (Gc
4, 6).
(n. 320)
Dio deve essere amato in modo tale e così grandemente quale e quanto egli è.
Egli è eterno e immenso. Dunque eterno e immenso è colui che lo ama. Però
nessuno può amarlo totalmente come e quanto lo si deve amare, se non colui che
lo conosce perfettissimamente quale e così grande quale è. Ma nessuno fa questo
se non lui stesso. Quindi la vera eternità e la vera immensità non è che in lui.
Tuttavia si diventa immenso ed eterno nella stessa misura in cui lo si conosce.
(n. 329)
Qual è la bellezza naturale dell'anima? Amare Dio. E quanto? Con tutto il cuore,
con tutta l'anima, con tutta la mente e con tutte le forze (cfr: Lc 10,27).
Appartiene ancora alla medesima bellezza amare il prossimo. Quanto? Fino alla
morte (cfr. Gv 15,13; Fil 2, 8). E se non fai questo, di chi sarà il danno? Di
Dio no, forse un poco del prossimo, il tuo sarà senza dubbio enorme. Infatti
l'essere privato di una bellezza o di una perfezione naturale non può non essere
dannoso a qualsiasi cosa. Infatti se la rosa cessasse di avere il suo colore
naturale o il giglio di profumare, il danno sembrerebbe essere minimo per me che
amo queste sensazioni; ma per essi, ossia per la rosa e per il giglio, sarebbe
molto più terribile, perché privati della loro propria e naturale bellezza.
(n. 465)
Niente deve essere preferito a Dio, niente eguagliato a lui, nulla, né per un
terzo, né per la minima parte qualsiasi, fino all'infinito, deve essere
paragonato a lui. Che nulla dunque sia stimato più di lui, niente quanto lui,
nulla come lui, sia per la metà, sia per la minima parte qualsiasi fino
all'infinito. Niente in confronto a lui deve essere amato di più, niente quanto
lui, niente come lui.
Così il Signore stesso ha detto: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente»
(Lc 10, 27). Ciò significa che non devi amare niente altro per goderne e
trovarvi conforto.
(n. 468)
Per mezzo della sua umanità lo stesso Verbo e Sapienza di Dio ci ha mostrato in
tre modi, cioè mediante i sacramenti, le parole e gli esempi, ciò che dobbiamo
fare, ciò che dobbiamo sopportare e la ragione per cui dobbiamo farlo.
(n. 475)
L'uomo non doveva imitare che Dio, ma non poteva imitare che l'uomo. Allora
l'uomo fu assunto [nella persona del Verbo], affinché imitando ciò che poteva,
imitasse ciò che doveva. Allo stesso modo non gli era utile conformarsi se non a
Dio, a cui immagine fu creato (cfr. Gen 9,6), ma non poteva (conformarsi), se
non ad un uomo. Per questo Dio si fece uomo, affinché, mentre l'uomo si
conformava all'Uomo, cosa che può fare, si conformasse anche a Dio, come gli è
utile.
(n. 476) |