Dalle Consuetudines 

 

 

 

 

Signore Gesù Cristo, che sei la sola via per la quale si viene al Padre, imploriamo la tua benignissima clemenza affinché tu conduca per il cammino della disciplina regolare questo tuo servo liberato dai desideri carnali, e poiché ti sei degnato di chiamare i peccatori dicendo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28), concedi che questa parola del tuo invito in tal modo prenda forza in lui che, deponendo il fardello dei peccati e sperimentando quanto tu sei dolce, meriti di essere sostenuto dalla tua consolazione, e come ti sei degnato di affermare a riguardo delle tue pecorelle, ammettilo tra le tue pecorelle, affinché egli a tal punto ti conosca sì da non seguire un estraneo e da non sentire neppure la voce di estranei, ma (solo) la tua con la quale dici: “Se uno mi vuol servire, mi segua” (Gv 12,26). Tu che vivi e regni.

Da questo momento colui che è stato ricevuto si considera così estraneo a tutte (le cose) che sono del mondo, da non avere (più) dominio proprio su nessuna cosa, neppure su se stesso senza il permesso del priore. Per tale ragione disse infatti Samuele che l'obbedienza vale più delle vittime e l'ascoltare (Iddio) più che l'offrire il grasso dei montoni, poiché il rivoltarsi è quasi un peccato di superstizione e il non arrendersi (a lui) è quasi un delitto di idolatria. Quest'unica testimonianza contiene sia la lode dell'obbedienza, sia un sufficiente biasimo della disubbidienza.

(Cap. XXV)

 

Nel tessere l'elogio della vita solitaria, faremo brevi accenni, perché sappiamo che è stata grandemente lodata da molti santi e sapienti, di così grande autorità, che non ci sentiamo degni di seguirne le orme. Sapete infatti che nell'Antico e soprattutto nel Nuovo Testamento quasi tutti i più grandi ed arcani segreti furono rivelati ai servi di Dio non nel tumulto delle folle, ma quando erano soli; e gli stessi servi di Dio, ogniqualvolta li accendeva il desiderio di meditare più profondamente qualche verità o di pregare con maggiore libertà o di svincolarsi dalle cose terrene con l'estasi dello spirito, quasi sempre schivavano gli ostacoli della moltitudine e ricercavano i vantaggi della solitudine.

Tanto per sfiorare qualche punto di tale argomento, citiamo Isacco che esce da solo nella campagna per meditare, e dobbiamo credere che questo per lui non fosse occasionale, ma abituale; così Giacobbe, mandati innanzi tutti gli altri, rimasto solo, vede Dio a faccia a faccia, ed è favorito simultaneamente della benedizione e del cambiamento del nome in uno migliore, conseguendo più in un attimo di solitudine che non in tutto il tempo della vita trascorso in compagnia degli uomini.

La Scrittura attesta quanto anche Mosè, Elia ed Eliseo amano la solitudine e quanto per essa progrediscono nella conoscenza dei divini segreti: come altresì nel consorzio degli uomini si trovano frequentemente in pericolo, e come, invece, mentre sono soli vengono visitati da Dio.

Ma anche Geremia siede solitario, perché è penetrato dalle minacce di Dio; anzi, domandando che sia data acqua al suo capo e una fonte di lacrime ai suoi occhi per poter piangere i morti del suo popolo, chiede anche un luogo dove poter attendere con maggior libertà ad un'opera così santa dicendo: “Chi mi darà nella solitudine un rifugio di viandanti?” (Ger 9, 1), come se non potesse attendere a questo in città, indicando così quanto la società degli uomini precluda il dono delle lacrime. Avendo anch’egli detto: “È bene attendere nel silenzio il soccorso del Signore” (Lam 3,26) la quale attesa riceve sommo giovamento dalla solitudine, e avendo aggiunto: “È bene per l’uomo sottoporsi al giogo fin dall'adolescenza” (Lam 3,27),parole queste che ci sono di grandissimo conforto. perché quasi tutti noi abbiamo abbracciato questa vocazione fin dalla giovinezza. Il Profeta aggiunse anche: “Se ne sta solitario ed in silenzio per poter elevarsi sopra di sé” (Lam 3,28Volg.), indicando così, con la quiete e la solitudine, con il silenzio e il desiderio dei beni celesti, quasi tutto ciò che vi è di meglio nella nostra vocazione. Il Profeta poi mostra quale trasformazione si compie in coloro che si applicano a tali osservanze, dicendo: «Porgerà la guancia a chi lo schiaffeggia e sarà, saziato di obbrobri” (Lam 3,30). Nel primo caso rifulge una somma pazienza; nell'altro, una perfetta umiltà.

Anche Giovanni Battista, di cui, secondo l'elogio del Salvatore, nessuno è sorto più grande tra i nati di donna, mostra con evidenza quanta sicurezza e utilità comporti la solitudine. Egli non stimandosi sicuro, né per gli oracoli divini che gli avevano predetto che, ripieno di Spirito Santo fin dal seno materno, sarebbe stato il precursore di Gesù Cristo con lo spirito e la virtù di Elia, né per la sua mirabile natività, né per la santità dei suoi genitori fuggì la compagnia degli uomini come piena di pericoli e scelse come sicura la solitudine del deserto; e finché dimorò solitario nell’eremo, non conobbe né pericoli ne morte. L’aver battezzato il Cristo e affrontato la morte per la giustizia dimostrano quanta virtù e quanti meriti vi abbia acquistato. La solitudine infatti lo rese il solo degno di battezzare il Cristo che tutto purifica e di non indietreggiare né davanti al carcere, né davanti alla morte per difendere la verità.

Lo stesso Gesù, Dio e Signore, la cui virtù non doveva essere aiutata dal segreto del deserto né impedita dall'assiduo consorzio degli uomini, tuttavia per giovare a noi col suo esempio, prima di predicare e compiere miracoli, volle nella solitudine essere sottoposto alle tentazioni e ai digiuni come ad una prova. Di lui la Scrittura dice che, lasciate in disparte le turbe dei discepoli, saliva da solo sul monte a pregare. E nell'imminenza della Passione lascia da parte gli apostoli per poter pregare da solo, insegnandoci soprattutto con questo esempio quanto la solitudine giovi all’orazione, poiché non vuole pregare insieme con altri, fossero anche suoi compagni gli apostoli.

Ed ora considerate voi stessi quanto profitto spirituale nella solitudine trassero i santi e venerabili Padri Paolo, Antonio. Ilarione, Benedetto e innumerevoli altri, e avrete la prova che nulla, più della solitudine, è atto a favorire la soavità delle salmodie, l'applicazione alla lettura, i fervori delle orazioni. le penetranti meditazioni, le estasi delle contemplazioni e il battesimo delle lacrime. Né vi bastino questi pochi esempi che vi abbiamo citato a lode della vocazione abbracciata, ma piuttosto voi stessi raccoglietene altri, attingendo sia dagli episodi della vita presente, sia dalle pagine delle Sacre Scritture.

(Cap. LXXX)