Jean-Baptiste Porion (1899-1987)

 

   

Maximilien Porion nacque nel 1899 nel Pas-de-Calais, in una famiglia di industriali, dopo aver fatto dei brillanti studi presso i Padri Gesuiti di Jersey intraprese gli studi di chimica per succedere a suo padre. Ma la sua sensibilità lo porta verso la letteratura e la mistica di cui condivide il gusto con la più giovane delle tre sorelle, Suzanne, poetessa come lui.

I tratti fondamentali del richiamo alla vita certosina che caratterizzano la vocazione di Porion sono: il senso dell’assoluto, l’attrazione del bello come riflesso del divino e la libertà del cammino interiore. La prima guerra mondiale, l’incontro con Stanislas Fumet e la morte di suo padre dopo la smobilitazione lo trascinano definitivamente verso la letteratura mistica e la filosofia, in particolare quella di Meister Eckhart e dei renano-fiamminghi che approfondisce all’università di Strasburgo e che segnerà profondamente l’orientamento della sua vita contemplativa parallelamente al Taoismo. A quel punto gli resta soltanto da fare un passo per varcare la porta della Valsainte in Svizzera, il 24 settembre 1924. Questo passo fu decisivo e irrimediabile, tanto stupefacente per i suoi amici quanto infinito per lui. Era in realtà il risultato di una profonda determinazione interiore, che lo condusse nello stesso modo ad eclissarsi dal mondo il 4 agosto 1987 rinnovando la sua adesione a ciò che l’aveva guidato per tutta la vita: la pura contemplazione di Dio. Poco tempo prima della sua morte ha espresso questo mistero della vita divina: «Ho letto moltissimo nella mia vita; adesso non posso più leggere, né scrivere, non ne provo neppure il bisogno, né il desiderio, come ho fatto per il resto della mia vita. La solitudine e l’impotenza alle quali sono ridotto non mi pesano, anzi al contrario, rimango in pace, di fronte a Dio, che aspetto». Dom Nicolas Barras, priore della Valsainte, che raccoglie queste ultime parole dirà del suo confratello che: «Se fosse rimasto nel mondo sarebbe stato un celebre scrittore, ma Dio gli ha fatto la grazia di comprendere quanto tutto sia vanità». Effettivamente, non c’è alcun dubbio che dietro la semplicità del certosino si nascondano un dono della scrittura, un raro senso della sintesi e una cultura molto vasta. Conosceva diciotto lingue tra cui il cinese classico e il medio olandese, e leggeva quasi tutto ciò che gli capitava compresi i trattati di matematica. Ma questo bagaglio intellettuale fuori del comune che avrebbe potuto ingombrarlo, lui l’aveva semplificato per farne un puro specchio di Dio nel silenzio dell’anima.

È dunque nel più profondo dell’essere, illuminato da Dio, che Dom Jean-Baptiste Porion ha ascoltato la chiamata radicale della sua vocazione. Questa è nata dalla pura libertà interiore che lo rendeva allo stesso tempo vicino agli uomini e radicalmente separato da loro. Da ciò gli apparenti travalicamenti delle sue idee che lasciano indovinare i contrasti della vita nell’unità del tutto a Dio.

Uomo della solitudine assoluta, Porion è anche allo stesso tempo un uomo dalle amicizie molteplici e durature, segnate da numerosi scambi epistolari, che la sua qualità di procuratore generale dei certosini gli permette, come quelli che ebbe per esempio durante gli anni con i Fumet, i Maritain, Jean de Menasce e il cardinale Journet.

Dom Jean-Baptiste Porion si è fatto conoscere dal grande pubblico con due opuscoli: Amour et Silence e Trinité et vie surnaturelle e la traduzione e la presentazione delle poesie e delle lettere di Hadewijch d’Anvers. Recentemente la parte rimanente dei suoi sermoni capitolari è stata pubblicata sotto il titolo a cui aveva pensato all’inizio per Amore e silenzio: Scuole di silenzio. Questi libri hanno permesso di far conoscere al grande pubblico un ideale di vita contemplativa segnato dalla sua nudità e dall’estrema semplicità, così come l’ha vissuto nel segreto del cuore Dom Jean-Baptiste Porion e come l’ha trasmesso ai suoi fratelli e ai suoi interlocutori, in particolare nei sermoni capitolari, come in quello su «la Natività della Santa Vergine» dove la vita contemplativa sembra andare da sé: «Non c’è vita contemplativa senza un’immensa pazienza. La luce penetra solo le anime pacifiche: la tranquillità è la prima attitudine richiesta perché divengano trasparenti le profondità dello spirito. L’arte di contemplare le cose divine, è l’arte di essere calmi.» Ma dietro l’evidenza di questa dichiarazione, bisogna operare un’immensa semplificazione dell’uomo, perché sia reso possibile il suo calmo incontro con Dio.

L’adesione totale allo spirito dell’Ordine al quale appartiene non può comprendersi, malgrado un rigoglioso temperamento di intellettuale umanista e una carica presso la Santa Sede che avrebbe dovuto portarlo verso l’esteriorizzazione, se non per una naturale predisposizione al silenzio, alla spoliazione e alla vita mistica che relega il mondo fuori dal suo immaginario. Sono questi i tratti che caratterizzano la sua vocazione e, se non hanno niente di originale per un certosino, è il modo radicale con cui Dom Jean-Baptiste Porion li ha manifestati, che segna coloro che lo leggono. In lui non c’è alcuna scappatoia, alcuna esitazione, ma un’adesione immediata e senza ripensamenti. La via interiore è «diritta e semplice» poiché «Dio è visibile ad occhio nudo» se «si sa tacere» e «perdersi in Lui». Tutto il suo programma spirituale è contenuto in queste tre parole: verticalità, nudità, sparizione, che sviluppano le citazioni prese in prestito a diverse fonti, lettere e trattati: «Porto a termine l’esplorazione del silenzio. Quanto sono folli gli uomini: si dibattono in prigione e la porta è aperta in fondo all’anima, per chi sa tacere e guardare diritto!»

Questo cammino verso il silenzio e la profondità testimonia un completo distacco di Dom Jean-Baptiste Porion che non si mantiene ad altezza d’uomo, ma nella «nudità» e nella «semplicità» di Dio.