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Santità,
venerabili Metropoliti, Eccellenza reverendissima, Archimandriti,
reverendi Padri e Fratelli in
Cristo,
Sia
benedetto il nome del Signore, ora e sempre.
Noi
umili monaci certosini, vogliamo benedire il Signore perché, in questo
momento, sentiamo in modo particolare la benevolenza della sua grazia:
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Come
ricordava il Metropolita Emilianos di Silyvria, in occasione di un
incontro sul monachesimo tra oriente e occidente, “tutti scaturiamo
dalla stessa sorgente e attingiamo alle stesse radici”.
Noi
certosini ci consideriamo umilmente come un innesto del grand’albero
dell’antico monachesimo. Bruno, di cui custodiamo le sante reliquie,
seguì infatti la luce dell’oriente, ossia quella di Antonio, di Macario
l’egiziano, di Sisoes e di tanti altri monaci che, ardenti d'amore per
il ricordo del Sangue che il Signore aveva versato, popolarono i deserti
per professarvi la vita solitaria e la povertà di spirito.
Per
due volte, Bruno rifiutò di diventare vescovo e si ritirò nel deserto
per cercare Dio solo. In una breve lettera attesta quanta utilità e gioia
divina rechino la solitudine e il silenzio dell’eremo a chi ne fa
l’esperienza. Di questa vita solitaria che vogliamo, con l’aiuto
divino, condurre ancora oggi troviamo un’adeguata definizione nelle
parole di Giovanni Climaco: “stare in continua adorazione di Dio, sempre
alla sua presenza, con il ricordo di Gesù aderente al respiro”. Allora,
continua il Climaco, “potrai toccare con mano i vantaggi dell’esichia”.
Ma
il deserto è anche il luogo della lotta. Bruno parla del combattimento
faticoso che soli uomini forti, veri atleti di Dio, possono affrontare.
L’anacoreta è impegnato in una guerra senza tregua contro i logismoi
per poter fissare in Dio i pensieri e gli affetti con semplicità e
purezza di cuore. Per mezzo di questa lotta ascetica il monaco si
trasforma, si libera; nella solitudine della cella, il suo cuore si dilata
tanto da poter abbracciare l’universo intero. Sono davvero adatte al
certosino le parole d’Isacco il Siro: “Allontanati dal mondo intero
con il corpo, ma unisciti al mondo intero con il cuore… Sii amico di
ogni uomo, ma solitario nel tuo pensiero”. Bruno era talmente
affascinato dalla Bontà di Dio che diventò lui stesso tutto bontà,
tenerezza, misericordia; i suoi primi discepoli hanno scritto che “era
sempre festoso in volto, insieme col vigore di un padre mostrava
l’affetto di una madre”.
Noi
suoi indegni figli, benché nascosti nel deserto e separati da tutti,
benché piccoli e peccatori, senza funzione visibile nella chiesa e per
questo a volte incompresi, vogliamo essere, nel nostro cuore, uniti a
tutti. Tra questa moltitudine, occupano senz’altro un posto
privilegiato, date le nostre radici comuni, i nostri fratelli monaci della
chiesa sorella d’Oriente, in specie quelli presenti in Calabria.
Aspirando
e pregando affinché venga il giorno in cui potremo bere allo stesso santo
calice, siamo convinti che il cammino verso il dono della piena comunione
tra le nostre chiese si percorre innanzi tutto con la preghiera e la
conversione del cuore, per cui i monaci dovrebbero essere in prima linea
sulla via della riconciliazione. Il Signore ci perdoni le nostre mancanze
e i nostri peccati. Possa questo incontro odierno riaffermare il nostro
impegno reciproco. La preghiera comune davanti alle Sante Reliquie di
questo Eremo renda più vicino il traguardo dell’unità, affinché si
compiano le parole di Gesù Cristo all’ora della passione: “Tutti
siano una sola cosa”.
Santità,
ringraziandola sentitamente per la sua visita, Le assicuro, a nome dei
miei fratelli che Le presenterò in seguito uno per uno, che da oggi
pregheremo con un fervore nuovo per la sua persona, per il suo ministero
ecumenico, per la chiesa di Costantinopoli e tutte le sante chiese
ortodosse. A lode della gloria della Santissima Trinità, Padre, Figlio e
Spirito Santo.
Dóxa
tô Theô!
Dom
Jacques Dupont
Priore
della Certosa di Serra San Bruno |