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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

 

Anno A

 

Seconda settimana di Quaresima

 

 Trasformazione interiore

 

Per giungere all'unione con Dio occorre che intelligenza e volontà siano purificate (89): la cella del monaco e infatti paragonabile alla biblica fornace di Babilonia (90). Ma chi si mette risolutamente in cammino verso la scoperta della bellezza divina (94), otterrà la conoscenza di colui che e l'Immutabile (92). Dio e fuoco (93) e ci trasfigura (91).

 

89

 

Lunedì

 

 

Da "I gradi dell’umiltà e dell’orgoglio" di san Bernardo.

Tractatus de gradíbus humilitatis et superbiae, 21. PL 182,953.

 

Il Figlio di Dio, Verbo e Sapienza del Padre, ha trovato quella potenza dell'anima nostra, che si chiama ragione, schiacciata sotto il peso della carne, prigioniera del pecca­to, accecata dall'ignoranza, dedita alle realtà esteriori. Cristo la prende con bontà, la innalza con potenza, la istrui­sce con mano prudente e la riconduce nell'interno., Lì la costituisce come suo vicario, perché si giudichi, sicché ­la ragione, per rispetto del Verbo al quale è unita, si fa accusatrice, testimone e giudice di se stessa, adempiendo così la funzione della somma Verità. Da quest'unione del Verbo con la ragione nasce l'umiltà.

Vi e un'altra potenza dell'anima detta volontà, infetta dal veleno di istinti passionali. Quando la ragione l'abbia scossa, lo Spirito Santo si degna di visitarla, la purifica piano piano, le restituisce l'ardore e le fa misericordia.

Come una pelle sfregata con l'olio si dilata, così la volontà sotto l'influsso dell'unzione celeste si distende fino ad abbracciare i nemici. Ecco come dall'unione dello Spirito di Dio con la volontà dell'uomo nasce la carità.

Ragione e volontà: sono le due facoltà dell'anima, di cui una è istruita dal Verbo di verità, l'altra e mossa dallo Spirito di verità, l'una e irrorata dall'issopo dell'umiltà, l'altra e resa fiamma dal fuoco dell'amore.

Ormai l'anima e perfetta, senza macchia grazie all'u­miltà e senza ruga grazie all'amore, perché la volontà non resiste più alla ragione e la ragione non oscura più la verità. Allora il Padre si unisce intimamente all'anima per farne la sua sposa gloriosa.

 

90

 

Martedì

 

Dalla 'Tettera sulla vita monastica." di Filosseno di Mabbúg.

Nn.131.147. "L'Orient syrien" ,vol.VII, n.25 1962,89.100

 

I nostri padri spirituali dicono che la cella del monaco e simile alla fornace di Babilonia, dove i tre fanciulli videro il Figlio di Dio. Se Anania e i suoi compagni non avessero risoluto di morire in mezzo alle fiamme, non sarebbero stati giudicati degni di quella visione gloriosa e del vento pieno di rugiada che estinse il fuoco. Essi rinunciarono a tutti i beni della vita, stimando più opportuna la morte dopo una breve vita temporale piuttosto che rinnegare Dio.

Magnifica carità di quegli illustri atleti, talmente ardente da spegnere le fiamme! Estasi ineffabile, il cui fuoco spense il fuoco: il fuoco dell'amore di Anania e dei suoi compagni estinse il fuoco di Nabucodonosor a Babilonia. Lo stesso accade a coloro che sopportano le prove della fornace che e la cella, senza mai disperare. I loro corpi sono trasformati, passando dalla condizione carnale a quella spirituale; i loro volti si illuminano della luce santa che brilla nei cuori e che apparve ad Anania e ai suoi beati compagni, affinché quel lume di gloria che li illuminava nascondesse la luce del fuoco di Babilonia.

Beato il monaco che non ha lasciato spegnere il fuoco divino nel suo cuore! Beato colui che ha avuto la gloriosa visione del nostro Salvatore e Signore, il Cristo Gesù, quando egli si rivela durante la preghiera alla mente pervenuta alla quiete contemplativa.

 

91

 

Mercoledì

 

Dai Dialoghi di san Gregorio Magno.

Vita S.Benedicti,ex libro II Dialogorum excerpta, 35. PL 66,198‑200.

 

In piedi davanti alla sua finestra, Benedetto in piena notte pregava il Signore onnipotente; ad un tratto vide sorgere una luce che dissipava le tenebre e brillava di tale splendore che avrebbe fatto impallidire quello del giorno. Mentre Benedetto la guardava successe qualcosa di straordi­nario: come egli raccontò più tardi, il mondo intero si raccolse tutto davanti ai suoi occhi come in un raggio di sole.

‑ Com'è possibile che il mondo intero sia visto così da un uomo?

‑ Per chi vede il Creatore, l'intera creazione e limitata. Se appena si intravede la luce di Dio, tutto ciò che e creato appare troppo angusto. La luce della contemplazione interio­re ingrandisce l'anima, e questa, a forza di dilatarsi in Dio, travalica il mondo. Debbo dirlo? L'anima del contem­plativo oltrepassa se stessa, quando nella luce di Dio e trasportata al di la di sé. Allora, guardando sotto di sé, comprende quanto sia limitato ciò che sulla terra le sembra­va senza confini.

Quell'uomo non ha potuto avere quella visione se non nella luce di Dio. Non c'è allora da stupirsi che Benedetto abbia veduto il mondo intero raccolto davanti a sé, poiché egli stesso nella luce dello Spirito era innalzato fuori del mondo.

Quando si dice che il mondo si raccolse sotto i suoi occhi, non significa che il cielo e la terra si siano contratti. Ma l'anima del veggente si e dilatata. Rapita in Dio, poté vedere senza fatica tutto ciò che e inferiore a Dio.

 

 

92

 

Giovedì

 

Dalla “Vita di Mose" di san Gregorio di Nissa.

Vie de Moise, II,19.20.22.24‑25. SC 1,116‑120.

 

Dio e la verità che si manifestò a Mose nell'indicibile‑ e soprannaturale apparizione del roveto i ardente. Ora, se Dio è verità, la verità è luce, e il Vangelo usa questi eccelsi divini appellativi per designare il Dio che si è rivelato noi nella carne. Ne consegue allora che solo il cammino verso la virtù ci conduce alla conoscenza di quella luce divina che si e abbassata fino alla natura umana.

La luce irradiata da quel roveto ci insegna che cosa dobbiamo fare per rimanere esposti ai raggi della verità: impariamo, infatti, che non e possibile correre con i piedi calzati verso quell'altezza dove si contempla la luce della verità. Soltanto quando ci saremo spogliati dei sandali, conseguiremo la conoscenza della verità che ci si rivelerà sa sé. Infatti la conoscenza dell’essere è purificazione da tutte le opinioni che si riferiscono al non essere.

Mi sembra che il grande Mosè, istruito da quella teofania, abbia appreso che nessuna delle cose, che cadono sotto i sensi o si conoscono con l’intelletto, esistono realmente. Unicamente l’Essere trascendente, Creatore dell’universo, dal quale tutto dipende, ha un’esistenza reale.

Se consideriamo gli altri esseri esistenti, in nessuno ravvisiamo l’autosufficienza che rende loro possibile esistere senza partecipare all’Essere.

Quale sarà allora l’Essere per essenza? Sarà l’Immutabile che, sempre uguale, a se stesso, non cresce e non diminuisce, non cambia in meglio o in peggio (infatti è estraneo al peggio e non ammette qualcosa che sia meglio). Quest’Essere non ha assolutamente bisogno di altro, è l’unico desiderabile, dal quale tutto il resto prende l’esistenza mentre egli non subisce diminuzione per il fatto di tale partecipazione.

Ecco che cos’è veramente colui che realmente è, e la comprensione di questo equivale a conoscere la verità.

 

 

93

 

Venerdì

 

Dai trattati etici di Simeone il nuovo teologo.

Ethique VII, 509-534. SC 129, 192-194.

 

Dio è fuoco, egli è venuto come fuoco e ha riversato il fuoco sulla terra. Questo fuoco corre dappertutto, cercando una materia da investire, una disposizione d’animo e una volontà buona per gettarsi sopra e infiammarle.

In coloro nei quali il fuoco si accende, la vampa sale alta, non lasciando requie o riposo a chi viene infiammato. Né ciò accade in modo inconsapevole, come pensano alcuni, ignari delle cose dello Spirito. Infatti, l'anima,sotto l'azione di questo fuoco che la consuma, non è esca insensibile, ma dotata in pieno di sensazione e conoscenza; perciò all'i­nizio prova enorme dolore. Poi questo fuoco divino, dopo averla purificata perfet­tamente dalle scorie delle passioni, le diventa cibo e bevan­da, illuminazione e gioia incessanti; per partecipazione trasforma il nostro essere in luce.

Quando si accende il forno, dapprima il fumo prodotto dalla combustione lo annerisce, ma quando è rovente, diviene traslucido come il fuoco, né più lo annerisce il fumo. Capita lo stesso all'anima: appena comincia ad infiammarsi d'amore divino, sì trova immersa nell'oscurità. Questa è dovuta alle passioni che si levano come fumo nel fuoco dello Spirito.

L'anima, vedendo come in uno specchio la caligine prodotta in lei dal fumo, ne rimane desolata. Poi sente che le spine dei pensieri e le foglie secche dei pregiudizi stanno consumandosi fino a ridursi in cenere. Quando alla fine tutto C arso, rimane solo l'essenza dell'anima liberata dalle passioni: allora il fuoco divino e immateriale si unisce a lei in essenziale intimità.

 

94

 

Sabato

 

Dal Trattato sulla verginità di san Gregorio di Nissa.

Traité sur la virginité, XI, 3.4. SC 119,384.386.388.

 

Ecco la strada che può condurci alla scoperta del Bello.

Occorre anzitutto lasciare da parte come vili ed effi­mere le cose che attirano i desideri degli uomini, perché le reputano belle e degne di essere ambite. Invece non dobbiamo disperdere in tale direzione i nostri desideri, e neppure tenerli chiusi in noi costringendoli a un'immobile inerzia.

Al contrario, una volta che abbiamo purificato il cuore dall'affetto alle cose meschine, dobbiamo condurlo là dove non giungono le sensazioni. In tal modo il cuore non ammire­rà più né la bellezza del cielo né gli splendori degli astri, nè alcuna altra delle realtà che paiono belle; si lascerà invece guidare dalla bellezza che si contempla in esse fino al desiderio di quella Bellezza la cui gloria e celebrata nei cieli e la cui conoscenza e annunziata dal firmamento e da ogni creatura.

Così l'anima, salendo in alto e lasciando dietro di sé tutto ciò che è percepibile perché inferiore all'oggetto cercato, può giungere a concepire quella sublimità che si eleva al di sopra dei cieli.

Allora, chi. si è così innalzato e in grado di trovare l'unico oggetto degno di essere bramato; diventerà anch'egli bello avvicinandosi al Bello. Divenuto risplendente e lumino­so in questa bellezza, continuerà a rimanere partecipe della vera luce.

 

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

 

Anno C

 

Seconda settimana di Quaresima

 

Trasfigurazione interiore

 

Una duplice purificazione è necessaria per giungere all'abbraccio divino (86); altrimenti si resta irretiti nel compromesso. (87) Ma una volta che risolutamente ci siamo messi in cammino verso la Bellezza (91), accade che ne intravediamo un raggio (88) già ora. Dio è fuoco (90) e ci trasfigura (89).

 

86

Lunedì

 

Da "I gradi dell'umiltà" di san Bernardo.

De Gradib. hum.21  PL 182,953.

 

Il Figlio di Dio, Verbo e Sapienza del Padre ha trovato la potenza dell'anima nostra che si chiama ragione: essa è schiacciata e prigioniera del peccato, accecata dall'ignoranza e del tutto dedita alle realtà esterne. Cristo la prende con bontà, l'innalza con potenza, la istruisce con mano prudente e la riconduce verso il suo intimo; lì la costituisce giudice di sé stessa per cui la ragione colma di rispetto per il Verbo, si fa accusatrice di sé e proprio testimone: così adempie la funzione della somma Verità. Allora dall'unione del Verbo con la ragione nasce l'umiltà.

Vi è un'altra potenza dell'anima detta volontà, infetta di umori passionali e pestiferi; quando la ragione l'abbia scossa, lo Spirito Santo viene a visitarla, la purifica piano piano, le restituisce l'ardore e la avvolge nel suo amore misericordioso; la volontà, così come una pelle sfregata con l'olio diventa morbida e lucente, sotto l'unzione del cielo si distende fino ad abbracciare i suoi nemici. Ecco come dall'unione dello Spirito di Dio con la volontà dell'uomo nasce la carità. E allora delle due parti dell'anima, ragione e volontà, una è istruita dal Verbo di Verità, l'altra è sollevata dallo Spirito di Verità, l'una è irrorata dall'issopo dell'umiltà, l'altra è resa fiamma dal fuoco dell'amore. D'ora in poi l'anima è perfetta; senza macchia né ruga, grazie all'amore, perché la volontà non oppone più resistenza all'intelligenza e questa non offusca più la verità. Allora il Padre si agglutina per così dire all'anima per farne la sua sposa gloriosa.

 

87

Martedì

 

Dagli "Opuscoli" di san Pier Damiani.

Op.XV,25. PL 145, 357.

 

Quando al timore subentra l'amore e alla schiavitù la libertà, allora quello che era imposizione si muta in volere e per ineffabile incendio di amore diviene soave e giocondo quanto prima sembrava aspro e duro.

Allorché il popolo d'Israele si trovò nelle lande desolate del deserto, non poteva più ritornare in Egitto né entrare nella Terra promessa, a motivo dei suoi peccati. Perciò dovette soffrire la fatica e il tedio del cammino, oltre a privazioni di ogni genere. Lo stesso accade a chi lascia la piana tenebrosa del mondo, ma stretto dall'accidia non aspira ancora alla vetta della perfezione evangelica: deve sopportare molti travagli e pene, dato che si trova come tra due fuochi: da una parte non può avere alcun conforto dai beni terreni, dall'altra non merita ancora il lume della consolazione celeste. Dal mondo ha tolto gli occhi perché lo ha lasciato, ma non vede ancora la luce a cui anela. Non ha più modo di godere dei diletti del secolo, e non può gustare le delizie spirituali che desidera senza averne diritto. Ne segue che o si cerca con tutto lo sforzo di conseguire la perfezione, oppure dobbiamo per forza soffrire un mondo di contraddizioni e di prove sfibranti. Certo è noioso montare la guardia alla porta della reggia, ma come sarai entrato nelle grazie del Re o avrai cominciato a stargli a fianco familiarmente, rimanendo alla sua presenza e conversando con lui, subito il fastidio della disciplina militare diverrà dolce e allegro, quasi più piacevole del riposo. Si lavora senza fatica, ci si prodiga senza molestia, si va e si viene senza ansietà.

Sbrigati dunque a vincere le tue passioni, perché ammesso nell'intimità del Re, tu aderisca a lui come ad intimo amico; allora l'occhio della tua mente si fisserà nell'Autore della luce tanto più puro quanto meno gli farà velo la caligine dei fantasmi e dei vani pensieri.  

 

88

Mercoledì

 

Dalla "Lettera d'oro" di Guglielmo di san Teodorico.

Nn.268-271. Op.cit.p.147.

 

Di quando in quando l'anima amata da Dio vede qualche barlume del volto del Signore, come un lume racchiuso nelle mani che di volta in volta, appare e si nasconde secondo il volere di chi lo regge. Così che, attraverso quanto è concesso di vedere come fuggevolmente o per un attimo, l'animo si infiammi del desiderio di un possesso pieno della luce eterna e per l'eredità della piena visione di Dio

Per consentirgli di conoscere in qualche proporzione ciò che gli manca, non è raro che la grazia venga a colpire quasi di sfuggita il senso di colui che ama, lo strappi a sé stesso, lo rapisca nella luce che è, via dal tumulto del mondo, verso le gioie del silenzio. Allora, per un breve istante, nella misura che gli è propria, ciò che è si scopre a lui come è. Talvolta anche lo riduce in ciò che è, perché egli sia, anche lui nella misura che gli è propria, come quello è.

Quando abbia appreso quanto differisca il puro dall'impuro, l'uomo è restituito a sé stesso, rinviato alla purificazione del cuore per la visione, alla preparazione dell'animo per la somiglianza. Così che se egli sia ammesso nuovamente alla grazia, sia più puro nella sua visione e più stabile nel goderne. In nessuna parte, infatti,la misura dell'imperfezione umana si sorprende meglio che nel lume del volto di Dio, nello specchio della visione divina. Là, nella luce che è, alla vista sempre più chiara di ciò che gli manca, l'animo corregge di giorno in giorno con la somiglianza che acquista quello che in lui non va a causa della dissomiglianza; e si avvicina in somiglianza a colui da quale in dissomiglianza si era allontanato; così una somiglianza sempre più precisa accompagna una visione più precisa.

 

89

Giovedì

 

Dalla "Lettera a Patrizio di Edessa'' di Filosseno di Mabboug

Lettre à Patrice d'Edessa. P.O. XXX, 5, pp. 19.30

 

Beato l'uomo che cerca davvero la purezza dell'anima e cammina verso di lei per la via giusta; così si innalza fino ad incontrarla attraverso i suoi gradi e non per gradi estranei, ciò che alla fin fine è cosa impossibile.

Quando uno è diventato degno di toccare tale vertice, egli riceve, a mio avviso, la sensazione del suo rinnovamento; non dico che oda una voce la quale gli assicuri che è figlio di Dio e fratello di Cristo; però uno si accorge davvero di aver ricevuto tale dono.

Aggiungerei anche questo: ho la sensazione che l'uomo che osserva i comandamenti seguendo la legge evangelica, e che mira alla purezza con vigore, senza accontentarsi solo di far finta, senza volgere lo sguardo a destra o a sinistra, costui corre unicamente dietro al bene, al punto che non è più in grado di vedere le imperfezioni e le mancanze degli altri. Lo slancio della sua corsa non gli permette di vedere quello che sfiora nel suo volo. Infatti mediante la pratica dei comandamenti lo spirito perviene alla contemplazione; e viceversa eseguire i precetti morali non impedisce di raggiungere le vette contemplative. Se in te stesso avverti di essere pervenuto a un grande amore, osserva allora i comandamenti per ragione di amore e non di timore.

 

90

Venerdì

 

Dai "Trattati etici" di Simeone il nuovo teologo.

VII,509ss. S Ch 129,193-195.

 

Dio è fuoco, egli è venuto come fuoco e ha riversato il fuoco sulla terra. Questo fuoco corre dappertutto, cercando una materia da investire, ossia una disposizione d'animo e una volontà buona per gettarsi sopra di essa e infiammarla.

In coloro nei quali il fuoco si accende, la vampa sale alta, non lasciando requie o riposo a chi viene infiammato. Né ciò accade in modo inconscio, come pensano alcuni, ignari delle cose dello Spirito. Infatti l'anima infiammata, che questo fuoco consuma, non è esca insensibile, ma pienamente dotata di sensazione e conoscenza; perciò essa all'inizio prova enorme dolore. Poi, dopo averla purificata perfettamente dalle macchie delle passioni, questo fuoco le diventa cibo e bevanda, illuminazione e gioia incessante: per partecipazione trasforma il nostro essere in luce.

Quando si accende il forno, esso da principio è un po' annerito dal fumo prodotto dalla combustione, ma quando arde profondamente, diviene lucente come il fuoco né più lo annerisce il fumo. Capita lo stesso all'anima. Quando comincia ad infiammarsi d'amore divino, percepisce prima l'oscurità delle passioni che si leva come fumo nel fuoco dello Spirito; allora l'anima vede come in uno specchio la caligine prodotta in lei dal fumo e ne rimane desolata: poi sente che le spine dei pensieri e le foglie secche dei pregiudizi stanno consumandosi fino a ridursi in cenere. Quando alla fine tutto è arso, resta solo l'essenza dell'anima liberata dalle passioni: allora il fuoco divino e immateriale si unisce a lei in modo essenziale.

 

91

Sabato

 

Dal "Trattato sulla verginità" di san Gregorio di Nissa

Cap.XI. S Ch 119.

 

Ecco quale dovrebbe essere per noi la strada che conduce alla scoperta del Bello: lasciate da parte come vili ed effimere le cose che attirano i desideri degli uomini, perché reputate belle e degne di essere ambite, non dobbiamo disperdere in nessuna di esse i nostri desideri, né tenerli chiusi in noi e costringerli ad una immobile inerzia. Al contrario, un volta che abbiamo purificato la nostra facoltà dall'affetto delle cose meschine, dobbiamo condurla là dove non giungono le sensazioni. In tal modo il nostro cuore non ammirerà più né la bellezza del cielo né gli splendori degli astri, né alcuna altra delle cose che sembrano belle, ma si lascerà guidare dalla bellezza che si contempla in loro fino alla bellezza la cui gloria è celebrata nel cieli e la cui conoscenza è annunciata dal firmamento e da ogni creatura. (Cf Sal 18,2s.)

Così l'anima salendo in alto e lasciando giù quello che è inferiore all'oggetto cercato, può giungere a concepire quella sublimità che si eleva al di sopra dei cieli.

Allora chi si è così innalzato troverà l'unico oggetto degno di essere bramato e diventerà anch'egli bello avvicinandosi al Bello; divenuto sotto il suo influsso brillante e luminoso, sarà stabilito a dimora nella partecipazione alla luce vera.

 

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