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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

 

Prima settimana di Quaresima

 

 Combattimento spirituale nel deserto

 

Il vangelo ci chiede di praticare la vigilanza sempre e dappertutto (87). Senza trascurare le piccole cose (84), il monaco sorveglia anzitutto i suoi pensieri (85) e non teme l’assalto delle tentazioni – di cui la più pesante è l’accidia-, perché a guidarlo è colui che regna sopra di tutti (88).

Non possiamo tenere a freno le passioni solo se siamo “tenuti” dallo Spirito (86).

 

 

83

 

Lunedì

 

Dal “trattato pratico sulla vita monastica” di Evagrio Pontico.

Traité pratique ou le moine, t. 2, chap. 12. SC 171, 520-526.

 

Il demonio dell’accidia, denominato anche “demonio del mezzogiorno,” è il più gravoso di tutti gli spiriti cattivi. Esso s’incolla al monaco verso le dieci del mattino e lo assedia fin verso le due del pomeriggio.

Dapprima quel demonio gli fa apparire il sole lentissimo, se non addirittura immobile: gli sembra che il giorno abbia a durare fino a cinquanta ore.

In più esso lo istiga a volgere continuamente gli occhi verso le sue piccole finestre, lo persuade a uscire fuori di cella, a osservare il sole per vedere quanto manca alle due; infine lo incita a dar occhiate tutt’attorno nella speranza che qualcuno dei fratelli si faccia vivo.

E in più quel demonio gli fa perdere in uggia il luogo dove abita, la sua stessa vita e il lavoro delle sue mani;

gli suggerisce che e scomparsa la carità tra i fratelli e che non c'è più nessuno per dargli conforto.

Se in quei momenti capita che qualcuno abbia contristato il nostro monaco, anche questo contribuisce a far sì che il demonio lo spinga ad accrescere la sua avversione. Allora esso lo induce al desiderio di altri luoghi, dove gli sarà più facile procurarsi il necessario e dove troverà un mestiere meno faticoso e più proficuo; esso gli insinua ancora che per piacere a Dio non ha importanza il luogo ove uno sta: dovunque, insiste a dire, la Divinità può essere adorata.

A tutto questo lo spirito cattivo aggiunge il ricordo dei suoi famigliari e della vita d'un tempo; gli lascia intravedere quanto possa durare a lungo la sua esistenza e quanto faticosa sia l'ascesi. Come si suol dire, quel demonio mette in moto ogni stratagemma allo scopo di indurre il monaco ad abbandonare la cella e a disertare il campo di combattimento.

Allo spirito demoniaco dell'accidia non tiene subito dietro nessun altro demonio. Conclusa la lotta, uno stato di quiete e di gioia ineffabile invade l'anima del monaco.

 

 

84

 

Martedì

 

Dagli "Insegnamenti spirituali" di Doroteo di Gaza.

III,42.43. "Scritti e insegnamenti spirituali”,Roma,1980,94.95.

 

Fratelli, sforziamoci di custodire la nostra coscienza finché siamo in questo mondo, non lasciamo che ci sia qualcosa per cui ci debba rimproverare, non calpestiamola neanche per cose da nulla. Sapete che da queste inezie si finisce col disprezzare anche le grandi cose.

Perché quando si comincia a dire: "Che importa se dico questa parola? Che importa se mangio questo boccone? Che importa se mi interesso di questa faccenda?" ‑ a furia di dire che importa qui, che importa là, si finisce col rimanere colpiti da un cancro malvagio e amaro, si comincia a disprezzare anche le cose importanti e più gravi e a calpestare la coscienza stessa; così infine un po' alla volta si corre il rischio di cadere nell'insensibilità totale.

Siamo vigilanti, stiamo attenti alle piccole cose finché sono piccole, perché non diventino più gravi. Sia il bene sia il male cominciano dal poco e portano poi al grande.

Per questo il Signore ci esorta a custodire la nostra coscienza; lo fa chi evita di trascurare la preghiera, di mancare di vigilanza; chi non si lascia vincere da un pensiero passionale che sale dal cuore e vi si oppone. Chi non sospetta e non condanna il prossimo in base all'apparenza quando lo si vede dire o dare qualcosa. Insomma dobbiamo vigilare su tutto quello che avviene nel segreto e che nessuno vede, tranne Dio e la nostra coscienza.

 

 

85

 

Mercoledì

 

Dal “Detti" dei Padri del deserto.

Nau 219. Poemen 28. PL 74,383. Detti e fatti dei Padri dei deserto, Mi1ano,A975,70.72.

 

Un fratello interrogò un anziano: "Che fare? Una moltitudine di pensieri mi fa guerra e non so come resistere".

Disse l'anziano: "Non lottare mai contro tutti, ma contro uno solo. Poiché tutti i pensieri dei monaci hanno una testa sola. Bisogna dunque esaminare quale sia realmente quell'unico pensiero e quale la sua natura e poi lottare contro di essa. Allora tutti gli altri pensieri perderanno la loro forza".

Un fratello visitò l'abate Pastore e gli disse: "Mi vengono molti pensieri e mi mettono in pericolo". L'anziano lo portò allora all'aria aperta e gli disse: "Distendi il tuo abito e chiudici dentro il vento". Il fratello gli rispose: "Questo non lo posso fare." "Dunque ‑ riprese l'anziano ‑ se non puoi fare questo, ancor meno potrai impedire il sorgere di quei pensieri, ma ciò che puoi fare è resistere loro".

Un fratello domandò ad un anziano: "Che devo fare per combattere i pensieri che vengono dalle passioni?". Egli rispose: “Prega il Signore affinché gli occhi della tua anima védano gli aiuti che Dio manda all'uomo per fargli da baluardo e proteggerlo”.

 

86

 

Giovedì

 

Dagli Scritti di san Gregorio il sinaita.

“Come l'esicasta deve starsene seduto in preghiera e non alzarsene".

Filocalia, Torino, 1985,vol.3°,598‑599. Filocalia,Firenze,1981, t.II 135‑136.

 

Sappi che nessuno può da solo tenere a freno il pensiero se non e egli stesso sotto il dominio dello Spirito. L'intelletto è infatti indomabile; non che sia inquieto per natura, ma perché con la negligenza si e assimilato questo divagare a cui si e assuefatto fin da principio.

Infatti, con la trasgressione dei comandamenti di colui che ci ha rigenerati, ci siamo allontanati da Dio e abbiamo perduto la percezione spirituale cosciente e l'unione con lui. Da allora, il pensiero, fuorviato e separatosi da Dio, è condotto qua e là come un prigioniero, e non potrà trovare la quiete se non sottomettendosi a Dio, standogli accanto e unendosi a lui con letizia, pregando con tranquillità e costanza. Non saremo uniti a Dio se non faremo ogni giorno dentro di noi la confessione delle cadute a lui che perdona subito a quelli che chiedono con umiltà e contrizione e sempre invocano il suo santo nome.

Anche ispirare tenendo chiusa la bocca trattiene l'intelletto, ma solo parzialmente, perché poi si disperde di nuovo. Ma quando arriva l'operazione della preghiera, essa lo domina da sé, lo allieta e gli impedisce di cadere nella prigionia spirituale.

Accade però che talvolta, quando l'intelletto e fisso nella preghiera e se ne sta immobile nel cuore, l'immaginazione vaghi e pensi ad altro. Essa non si assoggetta a nessuno se non ai perfetti nello Spirito Santo, che sono pervenuti nel Cristo Gesù alla libertà dalle distrazioni.

 

 

87

 

Venerdì

 

Dalle Lettere: di san Basilio Magno.

Epistola 173. PG 32,648‑649.

 

C'e da lottare non poco per vivere coerentemente con le promesse della professione monastica. Se tutti scelgono di vivere secondo il vangelo, quanto pochi però ne conosciamo che spingono l'osservanza fino alle cose più minute e non trascurano nulla di quanto il vangelo prescrive.

Costoro dominano la lingua e controllano lo sguardo secondo l'insegnamento del vangelo, operano con le mani e muovono i piedi per conseguire il beneplacito di Dio, servèndosi di ogni membro secondo l'intenzione datagli dal Creatore.

A dirle soltanto, queste cose sèmbrano piccole : ma in realtà si vede che bisogna lottare molto per riuscire

a praticarle. E si deve tèndere anche alla perfezione dell'umiltà, così da non ricordare la gloria degli antenati e da non vantarci dei doni naturali che possiamo avere, sia fisici sia spirituali, e da non trarre occasione di orgoglio per ciò che gli altri pensano di noi.

Fa parte della vita evangèlica anche quest'altro: austerità nella continenza, impegno serio nella preghiera, compassione nell'amore fraterno, contrizione del cuore, purezza dì fede, serenità nelle pene. E non lasciamo mai cadere il pensiero del tremendo e inevitabile tribunale verso cui tutti rapidamente andiamo, benché pochissimi vi pongano mente preoccupandosi di come andrà a finire!

 

 

88

 

Sabato

 

Dal Commento di sant'Ambrogio sul vangelo di Luca.

Expositio Evangelli sec.Luc. Lib.IV,9.41. PL 15,1614‑1615.1624.1625.

 

Colui che nel paradiso smarrì la via assegnatagli, quale guida avrebbe potuto seguire in questo mondo? Come avrebbe potuto opporsi ai tanti adescamenti che vi regnano, ai tanti inganni tesi dal diavolo? Sappiamo bene che dobbiamo lottare prima di tutto contro la carne e il sangue, poi contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.

L'uomo avrebbe forse potuto seguire un angelo? Ma l'angelo stesso e caduto; le legioni degli angeli a malapena

furono utili a qualcuno. Avrebbe potuto guidarlo un serafino? Ma un serafino discese sulla terra in mezzo a un popolo che aveva le labbra immonde e riuscì soltanto a purificare le labbra di un profeta con un carbone ardente

Fu necessario perciò cercare un'altra guida, che tutti quanti potessimo seguire. Chi mai poteva essere un capo tanto valido che fosse in grado d'aiutare tutti, se non colui che sta sopra di tutti? Chi avrebbe potuto stabilirmi sopra il mondo, se non colui che del mondo e più grande? Nessuno poteva presentarsi come il capo capace di guidare l'uomo e la donna ad un tempo, il giudeo e il greco, il barbaro e lo scita, lo schiavo e l'uomo libero, se non il solo che tutto in tutti, voglio dire Cristo Signore.

Non temiamo dunque le tentazioni, ma piuttosto vantiamocene esclamando: Quando sono debole, è allora che sono forte. È allora che viene intrecciata la nostra corona di giustizia.

Colui che vuole incoronarci per la vittoria, permette le prove. Se sarai tentato, sappi che il Signore ti sta preparando la corona. Se dei martiri sopprimi i combattimenti, annulli anche le vittorie; vuoi abolire i loro tormenti? Abolirai anche il loro trionfo.

 

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

 

 

Prima settimana di Quaresima

La vita del monaco richiede una applicazione seria e costante (84) per vincere le tentazioni, di cui la peggiore è l'ozio (80). L'ascesi interiore (82) non trascura le piccole cose (81) e bada a tenere a freno la mente (83); chi è fedele a questo esercizio di conversione coglierà frutti di vita e la gioia dello Spirito Santo (85).

 80

Lunedì

Dalla "lettera d'oro" di Guglielmo di san Teodorico

N.81 e 82. Op. cit. p.66.

 

Di tutte le tentazioni, di tutti i pensieri cattivi e inutili, la sentina è l'ozio. Il male supremo dell'intelligenza è il riposo inerte. Che il servo di Dio, dunque. non resti mai in ozio, benché egli sia in riposo per Dio. Badiamo di non imporre un nome così sospetto e vano ed effeminato, ad una realtà così sicura, così santa, così seria. E' “ozio” l'attendere a Dio? Anzi, è l'occupazione delle occupazioni. Chiunque non vi si dedichi nella cella, fedelmente e con amore, qualunque cosa faccia, se la sua azione non tende a questo fine, egli sta in ozio. A questo proposito, è ridicolo, per evitare l'ozio, dedicarsi ad occupazioni oziose. Oziosa è in effetti qualsiasi occupazione che non presenti alcuna utilità, o non miri ad alcun fine utile. Non si tratta soltanto di passare il tempo con un certo piacere o senza troppo disgusto; ma anche di trarre realmente da ogni giornata trascorsa, per il progresso dell'anima, qualcosa di utile e di benefico che rimanga nella coscienza, qualche apporto quotidiano da aggiungere al tesoro del cuore. Il buon solitario deve valutare come non vissuto il giorno in cui non ricordi di aver compiuto alcuna delle opere per le quali si vive nella cella.

 

 

81

Martedì

 

Dagli "insegnamenti" di Dorotèo di Gaza. Insegnam.111,43' S Ch 92,215.

 

Fratelli, sforziamoci di custodire la nostra coscienza finché siamo in questo mondo, non lasciamo che ci sia qualcosa per cui ci debba rimproverare, non calpestiamola neanche per cose da nulla. Sapete infatti che da queste inezie si finisce col disprezzare anche le grandi cose.

Perché quando si comincia a dire: "Che importa se dico questa parola? Che importa se mangio questo boccone? Che importa se mi interesso di questa faccenda?" a furia di dire che importa qui, che .importa là, si finisce col rimanere colpiti da un cancro malvagio e amaro e si comincia a disprezzare anche le cose importanti e più gravi e a calpestare la coscienza stessa; e così infine un po' alla volta si corre il rischio di cadere nell'insensibilità totale.

Siamo vigilanti, stiamo attenti alle piccole cose finché sono piccole perché non diventino più gravi. Sia il bene sia il male cominciano dal poco e portano poi al grande.

Per questo il Signore ci esorta a custodire la nostra coscienza; lo fa chi evita di trascurare la preghiera, di mancare di vigilanza; chi non si lascia vincere da un pensiero passionale che sale dal cuore e vi si oppone. Chi non sospetta e non condanna il prossimo in base all'apparenza quando lo si vede dire o fare qualcosa. Insomma dobbiamo vigilare su tutto quello che avviene nel segreto e che nessuno vede tranne Dio e la nostra coscienza.

 

82

Mercoledì

 

Dai “Detti” dei Padri dei deserto. Rusconi,pp.70.72 Nau 218; Poemen 28.­

 

Un fratello interrogò un anziano: "Che fare? Una moltitudine di pensieri mi fa guerra e non so come resistere".

Disse l'anziano: "Non lottare mai contro tutti, ma contro uno solo. Poiché tutti i pensieri dei monaci hanno una testa sola, ossia v'è sempre la passione dominante. Bisogna dunque esaminare quale essa in realtà sia, quale la sua natura, poi lottare contro di essa. Allora tutti gli altri pensieri perderanno la loro forza".

Un fratello visitò l'abate Pastor e gli disse: 'Mi vengono molti pensieri e mi mettono in pericolo". L'anziano lo portò allora all'aria aperta e gli disse: "Distendi il tuo abito e chiudici dentro il vento". Il fratello gli rispose: "Questo non lo posso fare". "Dunque, rispose l'anziano, - se non puoi fare questo, ancor meno potrai impedire il sorgere di quei pensieri; ma ciò che puoi fare è resistere loro".

Un fratello domandò ad un anziano: "Che devo fare, per combattere i pensieri che vengono dalle passioni? Egli rispose: "Prega il Signore, perché gli occhi della tua anima vedano gli aiuti che Dio manda all'uomo per fargli da baluardo e proteggerlo".

 

83

Giovedì

 

Dagli "Scritti" di san Gregorio il sinaita.

FG 3°,598s.

 

Comprendi bene: nessuno può da solo tenere a freno l'intelletto se non è egli stesso tenuto dallo Spirito. L'intelletto è infatti indomabile, non per natura come se fosse perennemente mobile, ma perché con la negligenza si è assimilato questo divagare a cui si è assuefatto fin da principio.

Poiché con la trasgressione dei comandamenti di Colui che ci ha rigenerati, ci siamo allontanati da Dio e abbiamo perduto la percezione spirituale cosciente e l'unione con lui. L'intelletto, infatti, scivolato via di lì e separatosi da Dio, è condotto qua e là come un prigioniero, e non può trovare il modo di fermarsi se non sottomettendosi a Dio, stando accanto a lui e unendosi a lui con letizia, pregandolo con tranquillità e costanza. Non saremo uniti a Dio se non faremo ogni giorno dentro di noi la confessione delle cadute a lui che perdona subito a quelli che chiedono con umiltà e contrizione e sempre invocano il santo nome.

Anche inspirare tenendo chiusa la bocca trattiene l'intelletto, ma solo parzialmente, perché poi si disperde di nuovo. Ma quando arriva l'operazione della preghiera, essa davvero lo domina da sé, lo allieta e gli impedisce di cadere nella prigionia spirituale.

Però accade che talvolta quando l'intelletto prega e sta nel cuore, l'immaginazione vaghi e pensi ad altro. Essa non si assoggetta a nessuno se non ai perfetti nello Spirito Santo che sono pervenuti nel Cristo Gesù, alla libertà dalle distrazioni.

 

84

Venerdì

 

Dalle "Virtù" di Macario l'egiziano.

Nn.53-54. Ed.Amélineau, Annales du Musée Guimet,XXV,Paris,1894.

 

L'abate Macario il grande ha detto: Ecco che cosa ci vuole per il monaco che sta seduto in cella: egli deve raccogliere in sé il suo intelletto, lungi da ogni cura del secolo; non lo lasci vacillare sotto l'assalto delle forze mondane, ma si applichi ad un unico scopo: far riposare il proprio pensiero in Dio solo, ad ogni istante.

Dimori in Dio, in ogni ora, senza sollecitudine per altro, e non permetta ad alcuna cosa terrena di entrare tumultuosa nel suo cuore. Invece il suo spirito, tutti i suoi sensi siano come se egli stesse alla presenza di Dio; così egli attuerà la parola dell'Apostolo: La vergine dimori costantemente nel pensiero di Dio, piena di fervore. (Cf 1 Cor 7,34)

San Macario ha anche detto: Lo stato del monaco è simile a quello degli angeli. Gli spiriti angelici stanno davanti a Dio in ogni tempo e nessuna realtà terrena vieta loro di attendere alla presenza del Signore.

Così deve essere il monaco per tutta la durata della sua vita. E in tal modo egli compirà la parola dei Salvatore che ha ordinato che ognuno rinunci a sé stesso, prenda la sua croce e lo segua. (Mt 16,24) Perciò, fratelli, fatevi un poco violenza, carissimi; cercate di acquistare la virtù ed essa sola, perché sta scritto; Il regno dei cieli  soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono. (Mt 11,12)

 

 

 

85

Sabato

 

Dalle"Catechesi" di Simeone il nuovo teologo.

Catechesi 28,128-140; Cat.32;75-80. S Ch 116,139-143.245.

 

La penitenza è la porta che ci fa emergere dalle tenebre e penetrare nella luce. Chi non è entrato nella luce non ha varcato nel modo giusto la porta della penitenza; perché se l'avesse varcata, sarebbe nella luce. Affrettiamoci, fratelli, fin da ora ad entrare, grazie alla penitenza, per la porta stretta e a vedere la luce che dentro risplende.

Con tutto il vostro zelo mostrate, mediante ogni genere di parole e opere buone, una degna conversione, per attirare in voi la grazia dello Spirito di ogni santità. Proprio questo Spirito, scendendo in voi, vi diverrà piscina luminosa e ricevendovi nel suo seno, in modo- - indicibile, vi renderà lui stesso da corruttibili incorruttibili; da mortali, vi renderà immortali, rigenerandovi non più come figli di uomini, ma figli di Dio e dèi voi stessi per grazia e adozione; purché desideriate apparire coeredi dei santi e con essi entrare nel regno dei cieli.

 

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