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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

  Anno A

 

Tempo Ordinario

 

Ventiduesima Domenica

 

 

9

 

Dal vangelo secondo Luca.

7,11-17

Gesù si recò in una città chiamata Nain e facevano strada con lui i discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova.

 

Dai Discorsi di san Pietro Crisologo

Sermo CIII.   PL 52,487-489.

 

     Il vangelo di oggi riferisce che per intervento di Cristo era stato restituito alla vita l'unico figlio di una madre vedova, già avvolto dalle bende funebri, già posto sul miserevole cataletto, mentre stava andando, seguito da una folla, al carcere del sepolcro. Il fatto scosse i cuori, commosse gli animi, stupì gli orecchi di tutti. Ma questo sia motivo di meraviglia per i pagani, di stupore per i Giudei, di timore per il mondo. Perché ci meravigliamo noi, se crediamo che tutti i morti da secoli devono essere risuscitati dalle tombe alla sola voce di Cristo?

     Di nuovo vivranno i tuoi morti - dice Isaia - risorgeranno i loro cadaveri. E il Signore: È venuto il momento, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. E l'Apostolo aggiunge: In un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. 

     Quale è questa tromba che dichiara guerra agli inferi, abbatte i monumenti sepolcrali, fa squillare la vita ai morti, concede il trionfo a quelli che risorgono per la luce perpetua? Qual è? Lo ha spiegato il Signore quando ha detto: I morti udranno la voce di Dio.162 Non è la tromba che sotto la pressione del fiato, attraverso le cavità del corno, del legno o del bronzo, produce un muggito funesto ai combattenti, ma quella che dal cuore del Padre, dalla bocca del Figlio emette lo squillo datore di vita ad un tempo per chi è negli inferi e nel cielo.

     Al suono dell'ultima tromba.163 La tromba, che al principio chiamò il mondo dal nulla all'esistenza, alla fine richiamerà il mondo dalla perdizione, e quella che all'inizio aveva suscitato l'uomo dal fango, quella stessa alla fine risusciterà l'uomo dalla polvere.

 

10

 

     Fratelli, questa è la nostra fede: la tromba della voce divina chiamò il caos, raccolse il cosmo, distribuì gli elementi, divise il mondo, sospese il cielo, pose i fondamenti della terra. Quella voce vincolò il mare, sommerse gli inferi, diede le gerarchie, stabilì gli avvicendamenti; in tal modo comandò l'ininterrotta servitù delle cose.

     E affinché il cosmo non fosse orrido nella sua vacuità, dispose i venti, e così stabilì i domicili. Nel cielo collocò gli angeli che vivono di solo spirito, nella terra fissò i vari modi di vita dei terrestri, fece volare nell'aria gli esseri alati, nelle acque creò tanto esseri piccoli che esseri grandi, perché vivesse una moltitudine di esseri animati. Così, in modo mirabile, partendo da parti separate, riunì la compagine del mondo in maniera che né la mescolanza confondesse insieme elementi distinti, né la distinzione scindesse l'unità delle cose.

     Ecco perché l'unione del giorno e della notte fu divisa in modo che il lavoro seguisse il riposo e il riposo il lavoro. Per questo il sole e la luna a vicenda girano attorno ai poli del mondo, affinché il sole con luce duplicata aumenti la luminosità del giorno e la luna con una luce quasi uguale non lasci del tutto tenebroso il periodo notturno.

 

11

 

     Le stelle nel loro corso hanno nascite svariate, sia per segnare alle notti i diversi tempi sia per offrire una guida ai viandanti. I tempi giungono procedendo e cominciano a esistere mentre cessano. I semi nascono, si sviluppano, conoscono adolescenza, virilità, vecchiaia, cadono, muoiono e di bel nuovo, seppelliti nei solchi ricchi di vita, dissolti da una salutare putrefazione, dalla morte riacquistano la vita, dalla corruzione risuscitano in un aspetto che non si altera.

     Così, fratelli, la voce di Dio, la tromba di Cristo nel corso dei giorni, dei mesi, delle stagioni, degli anni, chiama e richiama, conduce e riconduce, riceve, fa esistere e non esistere, abbandona alla morte e restituisce alla vita tutto questo; perché allora non potrebbe fare una volta in noi quello che fa sempre in tutte le cose?

     O la potenza divina è spossata solo quando si tratta di noi, per i quali esclusivamente la maestà di Dio ha operato tutto ciò che è stato detto fin qui? Uomo, se per te tutte le cose rivivono dalla loro morte, perché tu non rivivrai per Dio dalla tua morte? O forse la creazione di Dio perisce in te solo, per il quale sussiste, si mette in azione, si muta, si rinnova ogni giorno tutta intera?

     Fratelli, dico questo non per il desiderio di annullare il valore dei miracoli di Cristo; vi esorto invece, perché, sull'esempio di un solo Risorto, siamo indotti a credere nella risurrezione di tutti e crediamo che la croce è aratro per il nostro corpo, la fede seme, il solco sepolcro, la dissoluzione germe, l'attesa tempo.

 

12

 

     Quando sorriderà la primavera della venuta del Signore, allora il pieno rigoglio dei nostri corpi risorgerà in messe di vita, ignorando ormai la canizie, poiché non dovrà conoscere nemmeno la fine. Non dovrà sopportare la falce né provare i flagelli, perché, essendo state deposte nella morte le paglie della vecchiaia, sorgerà nel nuovo frutto di un corpo glorioso.

            Se Cristo si commosse così per le lacrime, temporanee di una sola vedova da andarle incontro per strada, da asciugare i fiumi di pianto di dolore, che sgorgavano dai suoi occhi, da ricacciare indietro la morte, ricondurre l'uomo, risuscitarne il corpo, restituirgli la vita, mutare il pianto in gioia, trasformare le lugubri esequie in festa natalizia e rendere alla madre, vivo dalla morte, il frutto del suo grembo, che cosa farà ora? In qual modo si infiammerà con le sue forze alle diuturne lacrime della sua Chiesa, ai sudori di sangue della sua sposa!

     Infatti la Chiesa, nella persona dei supplici, versa continue lacrime, nella persona dei martiri suda sacro sangue. È in attesa che Cristo, ritornando, dal cataletto mortale restituisca alla vita perenne nella gioia sempiterna della madre celeste, il suo unico figlio, cioè il popolo cristiano, che tanti momenti storici conducono a morte.


 

 

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Anno C

 

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Ventiduesima Domenica

 

 

9

Dal vangelo secondo Luca.

7,11-17

Gesù si recò in una città chiamata Nain e facevano strada con lui i discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città,

ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova.

 

Dai Discorsi di san Gregorio Palamas. Homilla 42. PG 151,529‑532.

 

Senza che glielo abbiano chiesto, il Signore accorre a Nain per operare il grande miracolo di una risurrezione; non rivelerà solo il potere che ha di dare la vita, ma testimonierà la sua tenerezza, la sua ineguagliabile misericordia.

La vedova di Zarepta di Sidone apostrofò Elia per spingerlo a risuscitarle il bambino. La Sunammita deve informare Eliseo del suo lutto che il profeta non ha previsto, e poi costringerlo dicendogli. Per la vita dei Signore e per la Tua vita, non ti lascerò .1(2 Re 4,30) Al contrario, Gesù viene a Nain senza essere stato chiamato, grazie alla sua intuizione profetica.

Il vangelo soggiunge che facevano strada con Gesù i discepoli e grande folla. Invece per risuscitare il figlio della vedova, Elia si era isolato in disparte; ed Eliseo salì nella stanza superiore dove giaceva il defunto, chiudendo la porta dinnanzi alla Sunammita e a Giezi.

Elia ed Eliseo avevano infatti bisogno di presentare a Dio una preghiera insistente, ed è naturale che gli uomini sentano di potersi meglio raccogliere e tendere a Dio quando sono soli . Per questo i profeti si separano da amici e famigliari.

Il Signore, al contrario, lui che veramente ha potere sulla vita e sulla morte, non ha bisogno di ritirarsi e di pregare per far risorgere il figlio della vedova di Nain. Il vangelo attesta che era attorniato non soltanto dai discepoli, ma da una folla copiosa, composta tanto da quelli che lo seguivano quanto dal corteo funebre.

 

10

 

Con una sola parola Gesù riporta in vita il defunto sotto gli sguardi e l'attenzione di tutti. E' chiaro che egli opera la risurrezione mosso dal suo amore per gli uomini, allo scopo di indurli a credere in lui come Salvatore.

Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto. Gesù ha la previsione di quelle esequie e si trova là al momento giusto. Egli vede la vedova che aveva riposto ogni speranza nel figlio, costata che una morte prematura glielo ha ghermito. Ella segue il feretro singhiozzando pietosamente e Gesù ne ebbe compassione, dice il vangelo. Come non si sarebbe commosso colui che è il padre degli orfani e l'avvocato delle vedove?

Non piangere! Il Signore consola la madre, mentre prevede il futuro, perché sa bene quello che vuole fare.

 

11

 

La donna non conosceva Gesù e tanto meno quello che avrebbe fatto. Perciò non ha la fede ne gli chiede qualcosa. Neppure il Signore esige fede da lei,perché egli può tutto e la sua potenza non deriva dalla fede dei credenti.

Gesù si accosta e tocca la bara, per dimostrare che il suo corpo ha il potere di dare la vita, essendo unito a Dio. Giovinetto, dico a te, alzati! Il morto si levò a sedere. La morte sorda ode la voce di colui che

chiama all'esistenza ciò che non è, sente la voce di colui che sostiene l'universo con la sua parola onnipotente. Il feretro non sente la voce di un uomo divinizzato, ma la voce dei Dio incarnato.

Il morto non solo si levò a sedere, ma incominciò a parlare. Anche il figlio della vedova di Zarepta lanciò un grido appena la sua anima ritornò nel corpo. Questi due eventi provano l'autenticità delle due risurrezioni.

 

12

 

Tutti i risorti, di cui parla la Scrittura, hanno ritrovato una vita simile alla nostra, una vita mortale. Al contrario, quando Cristo risorge dai morti, ormai la morte non ha più potere su di lui. Perciò soltanto il Signore è detto il primogenito dai morti 2(Col 1,18) cioè dei credenti che se ne sono andati da quaggiù con la speranza della risurrezione e della vita eterna. Colui che è diventato primizia di coloro che sono morti, ci promette e ci annunzia una vita che non e quella che viviamo ora: mortale, caduca, animata da un soffio psichico, ma la vita che costituisce la nostra speranza, vita divina, immortale, eterna.

Questa vita eterna è Il dono più degno di Dio. Ma non e questa vita che il Signore elargisce a coloro che ha risuscitato, perché quella è solo un'esistenza che rimane soggetta alla morte.

Il Signore non ridà la vita mortale a un cadavere per il bene di costui, ma per gli altri, per condurli alla fede che è la fonte della vita eterna. Tant'è che nel vangelo odierno Gesù risuscita il giovinetto non per far grazia a lui, ma perché mosso a compassione della madre; sta scritto infatti che una volta risuscitato, egli lo diede alla madre.

 

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