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Letture della preghiera notturna dei certosini

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Tempo Ordinario

 

Quindicesima Domenica

 

 

9

Dal vangelo secondo Luca.

16,1-9

Gesù diceva ai discepoli questa parabola: "C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi".

 

Dai Discorsi di sant'Agostino.

Sermo Lambot 4,10. 13-14.  PLS II, 765-769.

 

     Perché mai il Signore Gesù Cristo raccontò questa parabola? Non certo perché gli piacesse il servo ingannatore: egli frodava il suo padrone e disponeva di beni non suoi. Per di più fece un furto sottile: portò danno al suo padrone per assicurarsi, dopo l'amministrazione, un rifugio di tranquillità e di sicurezza. Perché il Signore ci pose davanti agli occhi questo esempio? Non perché il servo frodò, ma perché pensò al futuro; perché il cristiano che non ha accortezza si vergogni, dal momento che il progetto ingegnoso è lodato anche nell'ingannatore.

     Infatti il brano così si conclude: I figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce. Compiono frodi per provvedere al loro futuro. A quale vita pensò di provvedere quel fattore? A quella a cui sarebbe giunto, dopo aver lasciato la condizione precedente per ordine del suo padrone. Egli provvedeva a una vita che deve finire e tu non vuoi provvedere a quella eterna? Dunque non amate la frode, ma - come dice il Signore - Procuratevi amici con la iniqua ricchezza.

 

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     Qual è l'ammonimento che il Signore ci ha voluto dare? Dobbiamo forse arrivare alla frode per avere ricchezza onde fare elemosina? Molti lo fanno ma non agiscono bene. Rubano molto e danno qualcosa, credendo di aver rimesse le proprie colpe, come se così avessero corrotto il giudice. È lieto colui al quale tu dai, ma piange quello a cui togli. Il Signore ha il suo ascolto a pari distanza tra i due. Presso di Dio non c'è parzialità. Egli ascolta più quello che si lamenta contro di te che quello che ti ringrazia.

     Nessuno dunque, per il fatto che il Signore ha nominato le ingiuste ricchezze, giunga alla persuasione che per fare elemosina si debba ricorrere a frodi, rapine, spogliazioni o altre manovre illecite. E allora perché ha detto: Procuratevi amici con la iniqua ricchezza? Non per altro, credo, fratelli, se non perché ci sono ricchezze vere e ricchezze false. L'iniquità denomina ricchezze quelle false, perché le vere ricchezze si trovano solo presso Dio. Le possiedono gli angeli, i quali non hanno bisogno di nessuno.

     Noi quelle ricchezze che figuriamo di avere, le cerchiamo come sostegno alla nostra infermità. Se fossimo sani, cioè se vivessimo nella immortalità che poi avremo, non cercheremmo queste ricchezze false che l'iniquità le chiama semplicemente ricchezze.

     Procuratevi amici con la iniqua ricchezza, ha detto il Signore, non intendendo ricchezza ottenuta con iniquità, ma così semplicemente chiamata dall'iniquità, pur non essendo vera ricchezza.

 

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     Udite in che modo dall'iniquità sono chiamate ricchezze queste che non sono le vere. In un salmo, a un certo punto, un uomo, che geme e vorrebbe essere liberato da alcuni figli di gente straniera, dice al Signore: Liberami dalla mano degli stranieri; la loro bocca dice menzogne e la loro destra giura il falso. Non parlano che di frodi e alle frodi si preparano coloro di cui è detto: La loro destra giura il falso.136 Ma il salmista non chiama né definisce alcuno frodatore. Prosegue invece così: I loro figli sono come piante cresciute nella loro giovinezza; le loro figlie come colonne d'angolo nella costruzione del tempio. I loro granai sono pieni, traboccano di frutti d'ogni specie; sono migliaia i loro greggi, miriadi nelle loro campagne. Nessuna breccia, nessuna incursione nelle loro piazze. Qui è descritta una grande felicità temporale. Dov'è l'iniquità? Dov'è la vanagloria? Ascolta quel che segue: Beato il popolo che possiede questi beni. Ecco, abbiamo individuato l'iniquità: sta nel fatto di chiamare beato un popolo che abbonda di questi beni.

 

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     I peccatori non videro altra felicità, non cercarono quella vera. Esaurirono tutta la loro capacità di desiderio nella felicità terrena. Non vollero sollevare il cuore al di sopra. Colui invece che soffre a causa loro e da loro vorrebbe essere liberato, che cosa dice? Dopo aver parlato dell'iniqua gente straniera, riporta questa loro asserzione: Beato il popolo che possiede questi beni. Poi, come se gli si domandasse: "Ma secondo te chi è beato?", afferma: Beato il popolo il cui Dio è il Signore.139 Ecco le vere ricchezze. Le altre sono ricchezze d'iniquità e chi le possiede si procuri amici prima di uscire da questa amministrazione. Se con esse si sarà procurato amici, le avrà usate bene.

     Ma egli ha anche altre ricchezze, quelle vere, giacché considera ricchezza il suo Dio. Ma chi è della terra, calpesta la terra. E finisce per amare quelle ricchezze fallaci.

     Disse il Signore a un tale ricco che amava molto i suoi possedimenti: "Ami ciò che possiedi? Ebbene trasferiscilo dove io ti prescrivo. Non voglio che tu subisca perdite". Come è possibile ciò? Ascolta: Fatevi un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignuola non consumaAmando le tue ricchezze, le perderai. Trasferiscile dove non le puoi perdere. Riponile lì dove arriverai anche tu.

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

 

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Quindicesima Domenica

 

9

 

Dal vangelo secondo Luca.

16,1-9

Gesù diceva ai discepoli questa parabola: "C'era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi".

 

Dai Discorsi di Luigi di Granada.

Domingo VIII desp. de Pentecostès, Sermon I y II.Impr.B.Lopez,Madrid 1790,t.VIII,290.311‑312.

 

L'uomo ricco, nella parabola dello scaltro amministratore, rappresenta nostro Signore, il Cristo Gesù. Figlio dell'uomo, ma anche Figlio di Dio, egli è l'erede del Regno, l'icona della gloria del Padre.

E' vero che sulla terra Gesù visse in aspra povertà; nacque in una stalla, fu appeso nudo a un patibolo e poi deposto dentro un sepolcro non suo. Tuttavia, egli è il Figlio unigenito del Padre, è il Signore, è l'erede di

tutte le cose. 1(Eb 1,2)

Non ci dice lui stesso per bocca di Giobbe: Tutto quello che sta sotto il cielo mi appartiene? 2(Gb 41,2)  

Perciò Gesù è davvero l'uomo ricco della parabola, ricco in misericordia, ricco verso tutti quelli che l'invocano 3(Rm 10,12)

 

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Quest'uomo ricco ha un amministratore. Ognuno di noi è l'amministratore che gestisce i beni del Signore. Dio non ci ha forse dato l'uso di tutte le ricchezze della terra? Il pensiero corre al salmo: Tutto hai posto sotto i suoi piedi;tutti i greggi e gli armenti. tutte le bestie della campagna;

gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare. 4.(Sal 8,7‑9)

Queste realtà splendide sono doni di Dio, sono i mezzi posti nelle mani dell'uomo per sostentare se stesso e offrire aiuto al fratello. Non ci appartengono: li abbiamo ricevuti solo per amministrarli con fedeltà oculata.

Purtroppo spesso non è così. Chi ha denaro, roba, talenti in abbondanza, non li spende per il suo prossimo. Bruciato da una stolta avidità di possesso, di potere e di piacere, pensa solo a sé, preso dall'ebbrezza di avere. Ma dinanzi al Signore costui è sotto accusa: il tesoro che Dio ti aveva affidato perché lo gestissi in umile amore, tu lo stai dissipando.

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L'amministratore della parabola evangelica ci viene proposto come modello. Ma da quale angolatura? Perché dissipò i beni del padrone? Evidentemente no. Per aver abusato della sua carica, rimettendo ai debitori una gran parte dei loro debiti? Ancora meno, poiché sarebbe un accumulo d'ingiustizia su ingiustizia.

In che cosa dobbiamo imitare l'economo della parabola? Nella sua scaltrezza. Infatti, quest'uomo, in procinto di essere privato del suo impiego così redditizio, si vede ridotto a vita stenta. Allora escogita un rimedio per l'indigenza che lo sovrasta: si farà degli amici, grazie ai beni che gli erano stati affidati. Spera così che più tardi potrà trovare aiuto e assistenza da tali amici obbligati a usargli riconoscenza.

Lo stesso succede a chi abbia dilapidato i beni del Signore Dio, sciupandoli vanamente. Quest'uomo capisce che tra non molto, all'ora della morte, il padrone gli dirà:Rendi conto della tua amministrazione e non puoi perché più essere amministratore.

 

Infatti quando sarà uscito da questo mondo, non potrà più acquistare o perdere meriti, né soddisfare per i propri peccati. Allora, con lo stratagemma della gratitudine altrui, provvede a garantirsi un verdetto favorevole prima dell'ora del giudizio.

 

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Se sapremo amare la povertà del fratello.. offrendogli quello che abbiamo, ci faremo degli amici. Essi prenderanno le nostre difese di fronte al sommo giudice, chiederanno misericordia per chi offrì loro misericordia, secondo la parola del Signore: Beati i misericordiosi.. perché troveranno misericordia.    5 (Mt 5,7)

 

L'insegnamento della parabola è dunque questo: al Signore piace moltissimo che distribuiamo così i nostri beni. L'uomo ricco loda l'amministratore non perché fu disonesto verso il padrone, ma perché fu prudente nei propri confronti. E il Signore dell'universo non loderà l'uomo che per salvare la propria sorte in pericolo, si fa guidare dalla carità nel gestire i beni del padrone?

L'uomo ricco ammira la scaltrezza del suo economo, anche se ne viene defraudato. Quanto più il Signore del cielo e della terra apprezzerà la prudenza del cristiano misericordioso! Dio infatti non può subire danno da nessun comportamento. Egli non perde quello che dona. E noi,esercitandoci nella carità, non facciamo altro che praticare il comandamento divino. 

 

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