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Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno A

 

Tempo Ordinario

 

Quindicesima Domenica

 

9

 

Dal vangelo secondo Matteo.

5,20-26

Gesù diceva ai suoi discepoli: "Se presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono".   

 

Dalle "Omelie al Popolo Antiocheno" di san Giovanni Crisostomo.

Ad Populum Antiochenum hom.XX, 5-6.  PG 49, 204-209.

 

     Io ve l'attesto, lo proclamo, ve lo grido a voce spiegata: chiunque ha un nemico non si accosti alla sacra mensa, non riceva il Corpo del Signore. Chiunque si accosta non abbia nemici! Hai un nemico? Non ti accostare! Vuoi accostarti? Riconciliati e poi avanzati e ricevi il Santissimo.

     Non sono io che lo dico, lo dice chi per voi è stato crocifisso: il Signore in persona. Per riconciliare te col Padre non ricusò di farsi trucidare e di versare il proprio sangue; e tu, per riconciliarti con un tuo conservo, non ti degni neppure di dire una parola, di cedere per primo. Sta' a sentire il Signore: Se presenti la tua offerta sull'altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te... non dice: Aspetta che lui venga da te, o accordati con un mediatore, oppure incarica un terzo, ma tu stesso corri da lui.

 

10

 

     Va' prima a riconciliarti con il tuo fratello. È incredibile! Dio non reputa un disonore che tu lasci a mezzo il dono che stavi per offrirgli, mentre tu stimi un obbrobrio andare a riconciliarti per primo. Come potrà essere giustificato un simile comportamento? Se ti si rompe un arto, non fai di tutto per riattaccarlo al corpo? Fa' così con i fratelli.

     Se vedi qualcuno rompere l'amicizia con te, industriati di ricuperarlo, non aspettare che venga egli per primo, corri prima tu ad afferrare il premio della gara.

     Un solo nemico ci si impone di odiare: il diavolo! Col diavolo non scendere mai a patti, contro il fratello invece non scenda mai fino al cuore l'inimicizia.

 

11

 

     Se ti pare faticoso questo atteggiamento, pensa che soffri tutto per Dio, il quale ti ricompenserà degnamente. Se il tuo cuore tituba, si abbatte, si rifiuta, si vergogna, tu eccitalo cantandogli, per così dire, queste parole magiche: Perché esiti? Perché ti ritiri pauroso? Non si tratta di soldi né di beni caduchi, ma della nostra salvezza.

     Dio ci comanda di agire così e tutto passa in seconda linea quando si tratta dei suoi precetti. Questo è un vero affare spirituale, perciò bando alla trascuratezza e all'indifferenza. Sappia il nostro nemico che per fare la volontà di Dio, abbiamo messo in opera tutta la diligenza possibile.

     Se l'altro di nuovo ci insulta, ci percuote, ci tratta nel modo peggiore, sopportiamo tutto con nobiltà quasi facendo piacere a noi stessi e non a lui. Infatti, di tutti i nostri meriti, questo sarà il più prezioso nel giorno del Signore.

 

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     Non mi dire: "L'ho pregato, l'ho esortato, l'ho scongiurato tanto e non ha voluto cedere". Non ti stancare finché non ci sarai riuscito. Il Signore non si limitò a dire: "Lascia il tuo dono e va', prega il tuo fratello", ma: Va' prima a riconciliarti. Anche se l'hai molto pregato, non ti stancare finché tu non l'abbia persuaso.

     Ogni giorno il Signore ci esorta, ma non lo vogliamo sentire; eppure egli non smette di ripetere l'invito. E tu ti rifiuterai di insistere col tuo fratello? Come potresti ottenere la salvezza? L'hai pregato molte volte e molte volte sei stato respinto? Riceverai perciò il premio più grande. Quanto più lui si ostinerà e tu più insisterai, tanto più Dio ti ricompenserà.

     Quanto più ardua è la virtù, quanto più duro lo sforzo della riconciliazione, tanto più splendide saranno le corone della tua perseveranza.

 

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Quindicesima Domenica

 

 

9

 

Dal vangelo secondo Matteo.

5,20‑26

Poiché i discepoli si erano avvicinati a Gesù, sulla montagna, egli dichiarò loro: "Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli".

 

Dalle Omelie di Rodolfo L'Ardente.

Hom.15. PL 155,1997‑2000.

 

Al tempo di Gesù, gli scribi e i farisei stimavano che l'omicidio, l'adulterio e il furto fossero passibili di pena secondo la legge, soltanto se erano atti veri e propri; se restavano a livello di intenzione, erano solo peccati veniali. Quella falsa giustizia non poteva bastare come salvezza. Se infatti la sola buona volontà è capace di salvare chi non può fare di più, secondo il versetto: Pace in terra agli uomini di buona volontà,1(Lc 2,14 )  la cattiva volontà è sufficiente per dannare chi non può fare di più.

Poiché la cattiva volontà è condannata da Dio e dagli uomini, il Signore supplisce a quanto manca nella legge dicendo: Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere. Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio.

La lettera della legge proibiva soltanto l'omicidio in atto; Gesù perfeziona, soggiungendo che merita pure condanna l'omicidio ancora in fase intenzionale. Fratelli, questi complementi e gli altri. che il Signore apporta alla legge, vertono sul senso letterale di essa; però secondo il senso spirituale le sottolineature di Cristo, più che completare, commentano la legge a chi ne coglie lo spirito.

 

10

 

Occorre tuttavia che sappiate, fratelli miei, come non ogni ira colpevole merita condanna.

Se infatti uno si adira non contro la natura del fratello, ma contro il suo peccato allo scopo di correggerlo, questa collera è degna di elogio, purché non ecceda la misura.

Mosè, Finees, Giosuè, Pietro e tanti altri santi furono mossi da tale genere dì passione contro i peccatori. Invece, 2 per bocca del profeta, 2. (Is 56,10) il Signore bolla come cani muti, incapaci di abbaiare, i predicatori che non insorgono a staffilare con veemenza i vizi.Di ben altra natura da questa ira salutare è il cattivo zelo che s'inalbera facilmente, ma si frena subito; è un moto colpevole però non grave, perché solo un inizio di

ira. La Scrittura ne parla quando dice: Nell'ira non peccate;non tramonti il sole sopra la vostra ira. 3. (Ef 4, 26)

In altri termini, il sole della carità non deve tramontare sulla nostra ira, perché esso si oscura quando ci infuriamo.

Quando poi il primo moto collerico non è frenato, ma ribolle nella volontà di nuocere, allora diventa reprensibile e l'uomo che vi cede ne risponderà in tribunale.

Se l'ira interiore si traduce in qualche brontolamento contro il fratello, merita di essere sottoposta al sinedrio, cioè a condanna. L'interiezione "stupido in ebraico raca e in latino ohi, significa soltanto un moto di contrarietà. Invece se uno si irrita contro il fratello, arrivando a parole ingiuriose, allora costui è passibile del fuoco della Geenna.

 

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Più un peccato è grave, più si attira una pena severa. L'ira solo nella mente è meno riprovevole di quando passa agli atti, così come è meno grave se si manifesta in un insulto che in un'imprecazione.

La stessa graduatoria vale per le pene. Comparire in giudizio è meno serio che essere sottoposto al sinedrio e ancor meno che meritare il fuoco della Geenna. Infatti l'accusa è meno temibile della sentenza, e questa è meno grave della pena.

Quanto a noi, fratelli, evitiamo qualsiasi moto di ira, stizza, e persino impazienza contro gli altri; impariamo a distinguere la persona dal suo peccato. Amiamo in ogni uomo la nostra natura umana e adiriamoci contro il peccato, ma con misura e mansuetudine. Infatti la correzione, se è pacata, corregge il peccatore; ma se è intemperante, non fa che indurirlo.

Se però talvolta ci capita di adirarci o di irritarci senza motivo, magari persino ingiuriare o oltraggiare un fratello, non lasciamo che il sole tramonti sulla nostra collera. Affrettiamoci a umiliarci davanti al fratello e chiediamogli il perdono e la pace.Altrimenti le nostre preghiere quotidiane, le nostre offerte e i nostri atti di carità non possono essere graditi a Dio.

 

12

 

Se mentre stai per presentare la tua offerta al Signore, ti ricordi che il fratello ha qualcosa contro di te se la coscienza ti rimorde perché hai recato danno all'altro con la collera, l'irritazione, l'insulto o l'ingiustizia, sicché egli ha motivo di lamentarsi di te, lascia il tuo dono davanti al l'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello.

Se in quel momento lui è troppo lontano da te, interrompi la cerimonia d'offerta per riprometterti di riconciliarti con lui, quando lo incontrerai. Poi riprendi il rito e presenta il tuo dono.

Qualora non sia il fratello ad avercela contro di te, ma viceversa sii tu a sentirti leso, non ti è ingiunto di smettere il rito per andare a riconciliarti. Devi soltanto deporre ogni sentimento di odio e di rancore contro di lui prima di compiere la sacra funzione.

Fratelli miei, se vogliamo che le nostre preghiere e i nostri atti più o meno caritatevoli siano accetti al Signore, prima riconciliamoci con chi ha qualcosa contro di noi, perdoniamo le offese, purifichiamoci da ogni volontà poco buona, e poi offriamo a Dio il nostro cuore compunto e umiliato, insieme con le lacrime del desiderio celeste e le vampe dell'amore. Perché uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu. o Dio, non disprezzi.4. (Sal 50,19) Iddio ci conceda di presentare un tale sacrificio, lui che è benedetto nei secoli. Amen.

 

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