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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A] [Anno C]

Anno A 

 

Sesta Domenica di Pasqua

 

9

 

Dal vangelo secondo Giovanni.

16,25-30

Prima di passare da questo mondo al Padre, Gesù diceva ai suoi discepoli: "Verrà l'ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre".

 

Dal trattato "Sulla Trinità"  di sant'Ilario di Poitiers.

De Trinitate, III,17; II,10.6.  PL 10,86. 54-56. 58-59.

 

Il nome Padre è stato rivelato agli uomini. Ma nasce la domanda: come si chiama questo Padre? Forse che prima di Cristo il nome di Dio era sconosciuto? Mosè lo udì dal roveto, la Genesi lo annunziò all'inizio della creazione del mondo, la Legge lo fece conoscere, i profeti lo divulgarono, gli uomini lo hanno avvertito presente nella storia di questo mondo; anche i pagani sotto false apparenze lo venerarono. Il nome di Dio, dunque, non era ignorato.

     Invece sì, era assolutamente ignorato. Nessuno conosce Dio se non lo confessa come Padre, cioè Padre del Figlio unigenito, e come Figlio, cioè Figlio che non è parte o estensione o emanazione del Padre, ma è nato da lui in modo ineffabile e incomprensibile: come Figlio che procede dal Padre possiede in sé la pienezza della divinità dalla quale e nella quale è stato generato, con figlio vero, infinito, perfetto Dio. In questo consiste la pienezza della divinità. Se mancherà qualcuno di questi attributi, non esisterà più quella pienezza che a Dio era piaciuto abitasse in Cristo. Questo è il messaggio del Figlio, questa la rivelazione a coloro che l'ignorano. Allora veramente il Padre è glorificato per opera del Figlio, quando gli uomini lo riconoscono Padre di tanto Figlio.

 

10

 

     Il Padre è quello da cui trae l'essere tutto ciò che esiste. Egli, in Cristo e mediante Cristo, è l'origine di tutte le cose. Ma egli ha in sé il suo essere, perché non trae da altri ciò che è, ma prende da sé e conserva in sé ciò che è. Egli è infinito, perché non è contenuto in alcuna cosa, ma tutte le cose contiene in sé; è eternamente sciolto dallo spazio, perché non può essere chiuso nello spazio; è eternamente anteriore al tempo, perché il tempo si misura da lui.

     Corri avanti con l'immaginazione, se tu pensi che egli abbia un limite ultimo, là sempre lo troverai presente: infatti, per quanto tu proceda oltre, senza posa, resta sempre un limite ulteriore verso il quale procedere. Come a te è dato di inseguirlo sempre, così a lui è dato di essere infinito. Potrà venir meno la parola nei suoi confronti, ma non potrà essere circoscritta la sua natura.

     Ancora una volta passa in rassegna le età trascorse, sempre lo troverai; verranno meno al tuo linguaggio le cifre per contare, ma non viene meno a Dio l'eternità dell'essere. Impegna il tuo intelletto e tenta con la mente di abbracciarlo come un tutto. Non riesci a circoscriverlo.

 

11

 

     Dio è dappertutto e totalmente, ovunque egli sia. Così colui al di là del quale non c'è nulla e che possiede eternamente l'eternità, trascende i confini della conoscenza. Questa è la verità del mistero di Dio, questa l'essenza della natura imperscrutabile che ha nome Padre. Egli è un Dio invisibile, ineffabile, infinito: la parola, quando si propone di descriverlo, non può che tacere, il pensiero è vinto quando tenta di raggiungerlo, la ragione si sente prigioniera quando si sforza di definirlo.

     C'è tuttavia, come abbiamo detto, un nome che designa la sua natura nella parola Padre, ma egli è un padre in senso assoluto. Infatti non ha ricevuto da altri, alla maniera degli uomini, la sua paternità. Egli è ingenerato ed eterno, in quanto ha eternamente in sé l'eternità. Solo dal Figlio è conosciuto, perché nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare;  e nessuno conosce il Figlio se non il Padre. L'uno conosce l'altro reciprocamente e questa loro conoscenza vicendevole è perfetta.

     Se è vero che nessuno conosce il Padre se non il Figlio, crediamo a riguardo del Padre ciò che ci ha rivelato il Figlio, il quale è il solo testimone attendibile.

 

12

 

     Ascolta quanto la Scrittura dice del Padre ingenito e del Figlio unigenito. Ascolta: Il Padre è più grande di me; e anche: Io e il Padre siamo una cosa sola; ascolta ancora: Chi ha visto me, ha visto il PadreIl Padre è in me e io nel Padreascolta: Sono uscito dal Padre; e poi: Il Figlio Unigenito che è nel seno del Padree poi: Tutto mi è stato dato dal Padre mioCome il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso.

     Ascolta il Figlio, che è l'immagine, la sapienza, la virtù, la gloria di Dio e intendi lo Spirito Santo quando proclama: Chi potrà raccontare la sua generazione? Poni mente al Signore quando attesta: Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Addéntrati in questo segreto e tùffati nel mistero di questa nascita inspiegabile, fra il solo Dio ingenito e il Dio unigenito. Comincia, avanza, persisti: anche se so che tu non arriverai al fondo, tuttavia mi feliciterò che tu abbia preso l'avvio. Chi con animo amante si mette in via per l'infinito, anche se non arriverà mai alla mèta, trarrà profitto dal suo tentativo.

     La nostra possibilità di intendere è circoscritta all'ambito dei passi scritturistici che abbiamo sopra citato.

 

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

 

Sesta Domenica di Pasqua

 

9

 

Dal vangelo secondo Giovanni.                                                               

16,25-30

Prima di passare da questo mondo al Padre, Gesù diceva ai suoi discepoli: "Verrà l'ora in cui non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre".

 

Dalle Omelie di san Beda il Venerabile.

Homiliae genuinae, lib.II,hom.7. PL 94, 164-166.

 

Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena (Gv 16,24). Questo gaudio perfetto è la gioia della beatitudine celeste, la gioia della pace eterna. Non ci soffermeremo sui piaceri terreni con cui i reprobi si guadagnano una pena eterna; parleremo invece della gioia che pervade i santi al pensiero dei beni celesti proprio mentre affrontano per il Signore le tempeste di questa vita.

I santi hanno la gioia quando, sospinti dall'amore per i fratelli, imparano a rallegrarsi con quelli che sono nella gioia, e a piangere con quelli che sono nel pianto.(Cf Rm 12,15) Tuttavia non è pieno il gaudio, che non è stabile in quanto si mescola con le lacrime. Invece la gioia è perfetta, quando, scevra da ogni pianto, è composta soltanto di note cantate assieme con chi è felice.

Quando Gesù afferma: Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena, è come se dicesse: "Non chiedete al Padre le gioie precarie del mondo che sono sempre punteggiate di tristezza e condannate a fine certa. Sollecitate piuttosto da lui quel gaudio incomparabile e così pieno che non è incrinato da nessuna inquietudine e la cui perennità non ha limite alcuno”.

 

10

In quel giorno chiederete nel mio nome. Il giorno che il Signore preannunzia può venir interpretato come l'entrata nella vita eterna, quando Cristo ci parlerà apertamente del Padre, o meglio ce lo mostrerà in piena luce.

L'apostolo Paolo allude a quell'ora quando scrive: Allora vedremo a faccia a faccia. (1 Cor 13,12)

Anche Giovanni dice: Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. (1 Gv 3,2)

Ecco quello che chiedono gli eletti invocando il nome di Gesù: essi intercedono in favore della nostra fragilità, perché anche a noi tocchi di aver parte alla salvezza. Per il momento ne siamo ben distanti, mentre percorriamo la pista terrena, minata da insidie nemiche.

Gesù ha promesso di soddisfare in pieno la richiesta degli eletti, giacché ha affermato: In quel giorno chiederete nel mio nome. Notiamo la sottolineatura: In quel giorno, perché la preghiera degli eletti non sale dal buio delle tenebre, ma si libra in pieno giorno. Infatti i beati non intercedono dal fondo oscuro dell'afflizione, ove noi ci troviamo, ma nella luce gloriosa della pace eterna.

 

11

 

Io non vi dico che pregherò il Padre per voi. Nostro Signore Gesù Cristo possiede la duplice natura umana e divina e quando designa sé stesso, ora accenna alle sue prerogative divine, ora all'abbassamento della sua umanità.

In quanto possiede la potenza divina consostanziale al Padre, Gesù non prega in nostro favore, dato che gli spetta di esaudire le preghiere in unione con il Padre.

Invece, poiché ha assunto la natura umana, che presenta gloriosa davanti al Padre, Gesù si degna di intervenire in favore della nostra debolezza. Egli dice a Pietro, per esempio: Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede. (Lc 22,32)

Nello stesso senso san Giovanni scrive: Abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto. (1 Gv 2,1).

  

12

 

Possiamo anche intendere in un altro modo la suddetta parola di Gesù: Io non vi dico che pregherò il Padre per voi. Notiamo che il Signore non usa il presente, ma il futuro: "pregherò". Infatti quando i santi siano stati accolti nell'abisso della pace celeste, non hanno più nulla da chiedere: la beatitudine che li inonda è tale da non poter venire aumentata.

Il Padre stesso vi ama poiché voi mi avete amato e avete creduto che io sono venuto da Dio.

Non dobbiamo comprendere questo versetto nel senso che l'amore e la fede dei discepoli precedano l'amore con cui il Padre ci ama, quasi che il merito umano sia prioritario rispetto ai doni della grazia divina.

San Paolo stronca ogni possibile equivoco quando scrive: Chi ha dato a Dio qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio? Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. (Rm 11,35-36).

In realtà, quella frase vuol dire che il Padre ci previene con un amore gratuito che sostiene a credere e ad amare il suo Figlio. Se conserveremo in cuore con affettuosa premura questa fede e questo amore il Padre ci ricompenserà con doni del suo amore ancora più sorprendenti.

 

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