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Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A]

[Anno C]

 

Anno A

 

DAL 17 AL 23 DICEMBRE

 

 Ogni lettura è centrata sul vangelo del giorno.

                                                                                                            

Primo giorno feriale

 

Dai Discorsi di Isacco della Stella.

Sermo 1,17‑19. SC 130,94‑96.

 

La Sapienza di Dio, il Figlio per natura, la destra del Padre, la bocca che proclama la verità, annunzia che i poveri sono beati,  destinati ad essere re nel Regno eterno.

Il Verbo di Dio sembra dire: "Voi cercate la beatitudine, ma non sta dove la cercate. Voi correte, ma fuori strada. Ecco la via che conduce alla felicità: la povertà volontaria per causa mia. Ecco la beatitudine: il regno dei cieli in me. Correte molto, ma male; più andate veloci, maggiormente smarrite la strada giusta. La via è la povertà, non la beatitudine; questa via si percorre per giungere alla meta".

Non temiamo, fratelli; ascoltiamo da poveri il Povero che ai poveri raccomanda la povertà. Crediamo alla sua esperienza. Povero egli nacque, povero visse, povero morì. Volle morire, non arricchirsi. Crediamo perciò alla Verità che ci indica la strada che conduce alla vita. È una via ardua ma breve, mentre la beatitudine sarà eterna. È una via stretta, ma che conduce alla vita e guida al largo i nostri passi. Tuttavia è un cammino scosceso perché si inerpica: non camminiamo forse verso il cielo?

Di qui la necessità di alleggerirci da ogni peso nel nostro andare. Che vogliamo? Cerchiamo davvero la felici­tà? La Verità ci mostra la vera beatitudine. Vogliamo sul serio la ricchezza? Il re divino distribuisce i regni e fa i re.

 

  

19

 

Secondo giorno feriale

 

 

Dai Discorsi di san Pier Damiani.

Sermo 45. PL 144,743.744.747.

 

Elisabetta esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne.. e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?".

Nessuna lingua mortale potrà mai glorificare degnamen­te colei da cui ha preso carne il mediatore tra Dio e gli uomini. Nessun elogio umano può essere all'altezza di colei il cui seno purissimo ha dato il frutto che è il nutri­mento delle nostre anime.

Considerate, fratelli, considerate con sollecitudine questo piano della nostra redenzione, e,con l'orecchio del cuore, ascoltate la tenerezza di Dio che si è chinato su di noi.

È prerogativa della Vergine Madre avere concepito Cristo nel suo seno, ma è retaggio universale di tutti gli eletti portarlo con amore nel proprio cuore. Beata, anzi beatissima la donna che ha portato in seno Gesù per nove mesi. Ma beati pure noi, se ci prendiamo cura di portarlo costantemente in cuore.

Fu causa di stupore sconfinato il concepimento di Cristo nel grembo di Maria, ma non deve stupire meno il vederlo diventare l'ospite del nostro cuore. È questo il senso della testimonianza di Giovanni:Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui cenerò con lui ed egli con me.

A questo punto, fratelli, consideriamo qual è la nostra dignità e la nostra somiglianza con Maria. La Vergine, concepì Cristo nelle sue viscere di carne, e noi lo portiamo in quelle del cuore. Maria nutrì Cristo dando alle labbra di lui il latte del proprio seno, e noi possiamo offrirgli il cibo sempre nuo­vo di buone azioni che sono la sua delizia.

 

  

20

 

Terzo giorno feriale

 

Dai Discorsi di Ambrogio d'Autpert.

In festo Assumotionis B. Mariae 8‑10. PL 39,2132‑2133.

 

Subito dopo aver detto: L'anima mia magnifica il Signo­re e il mio spirito esulta, la Vergine Maria aggiunge: In Dio, mio salvatore. Quasi dicesse: "Esaltando il Signore, l'anima mia non trasalisce di gioia in uno qualunque ma soltanto in colui ch'ella esalta con tutto il suo amore”

Maria conosce bene che esiste un'altra gioia, biasimevo­le questa, in cui il mondo si rallegra, benché sia una gioia che lo precipita ‑ com'è noto ‑ nell'afflizione.

Anche l'apostolo Paolo non parla di una gioia banale, quasi la prima venuta nel cuore dei santi, ma specifica che è la gioia dello Spirito Santo. Sì, gli eletti si rallegrano nella speranza quando comincia per loro il tempo della prova attraverso le avversità e le amarezze di quaggiù. Essi non si lasciano invaghire dalle false prosperità, sicuri come sono dell'esistenza di un'altra realtà che non soggiace né al tempo né allo spazio e neppure alla contingenza.

Il Signore stesso disse ai discepoli: Beati voi quando vi insulteranno. Rallegratevi ed esultate. Tuttavia chi segue Cri­sto non potrebbe sopravvivere alle sventure e alle più nere angosce e tanto meno rallegrarsene, se egli non avesse un vero cuore di povero davanti a Dio e davanti agli uomini. Ci vuole un cuore povero, quello che Gesù ci ha dato in esempio allorché disse: Imparate da me che sono mite e umile di cuore.

Capite allora per quale ragione Maria benedetta pro­clama che tutte le generazioni la diranno beata. Perché Dio ha posto gli occhi sulla sua umiltà. Proprio così, l'umiltà di Maria è diventata la scala del cielo, grazie a cui Dio è sceso sulla terra.

 

 

 21

 

Quarto giorno feriale

 

 

Omelia attribuita a san Massimo di Torino.

Homelia 65. PL 57,385~386.

 

Fratelli, quale mistero della fede religiosa è più glorioso e insigne di questo? La sterile concepisce, il muto parla, bambini nascosti nel grembo materno preannunziano il futuro gaudio dell'universo. Sotto l'antica legge l'uomo mortale non poteva mantenere la sua natura ordinata verso Dio, fino a quando per una nuova grazia dell'alto fu offerto a tutti un nuovo mistero di salvezza.

Ecco dunque Giovanni, di cui Isaia profetò dicendo: Una voce grida: "Nel deserto preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio”.

Molto opportunamente è detto "voce" colui che a gran voce dà questo lieto annunziò: il Figlio unico di Dio è venuto dal cielo assumendo la nostra carne umana. Davvero il precursore è "voce", perché al suo annunzio squillante i mortali, sordi da gran tempo, cominciano a udire il segnale del loro riscatto. Giovanni Battista, come aveva sciolto la lingua del padre diventato muto, così rende gli orecchi degli uomini capaci di accogliere l'annuncio della salvezza.

Giovanni grida nel deserto, dove la sua predicazione non è disturbata dal chiasso di una folla straripante o dagli scherni degli increduli; nella steppa solitaria possono udirlo soltanto coloro che nell'unico intento di rendere culto a Dio cercano l'araldo della parola che salva. È colui che annunziò loro la verità, non esiterà di rimproverare a Erode le illecite nozze, incurante di offendere un re. Egli non rifuggirà neppure lo squallore del carcere o la morte di spada ad opera del tiranno.

Ascoltiamo ancora un momento, fratelli, che cosa predicava a vantaggio di noi tutti l'araldo del Salvatore: Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio Che vuol dire preparare la via al Signore se non offrire al Giudice che scende dal cielo la dimora di un cuore semplice, purificato dalla colpa? Raddrizzare i sentieri di Dio è l'invito perché tu disponga il cammino della tua vita in modo che il Signore si compiaccia volentieri di percorrerlo quando verrà a te nella sua bontà.

 

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Quinto giorno feriale

 

 

Dalle Omelie di Severo di Antiochia.

Homelie 63.P0 8, 294‑295.298.

 

Il profeta Zaccaria aveva un tempo vaticinato l'appari­zione del Verbo, divenuto uomo per causa nostra: Ecco un uomo il cui nome è Sole che sorge; egli dal di sotto spun­terà.

Una verità profonda è racchiusa in questo oracolo; il profeta dice infatti che il nome del Messia è Sole che sorge, e in realtà, il Verbo è la luce della luce del Padre,  quella che illumina ogni uomo.

Il suo nome rivela la sua origine. Caratteristica della luce del sole è illuminare dall'alto e proiettare i suoi raggi su quanto deve rischiarare. Ma poiché il Sole di giustizia, la luce inaccessibile, si è fatto uomo incarnandosi, è davvero spuntato dal basso. Quando assunse la condizione di schiavo e si umiliò di sua spontanea volontà, egli si mostrò progres­sivamente, per brillare infine in tutto lo splendore della divinità. Ecco perché Zaccaria annunziava così il prodigio: Ecco un uomo il cui nome è Sole che sorge; egli dal di sotto spunterà.

Colui che ha tutto creato, è venuto a restaurare e ricreare, mediante la sua incarnazione divina, non un'altra creatura, ma quella che era caduta e aveva subito la corru­zione del peccato. Egli si è calato spontaneamente come fermento in tutta la massa dell'umanità, è divenuto il secon­do Adamo. Con la sua risurrezione ci ha liberati e ci ha fatto passare dalla condizione mortale e terrena, che era la nostra, alla vita incorruttibile del cielo.

 

                                                              

23

 

Sesto giorno feriale

 

 

Dalle Omelie di Origene sul vangelo di Luca.

Homelies sur saint Luc, hom 22. SC 87,301‑302.

 

Non è Giovanni che ha riempito ogni burrone, ma il nostro Signore e Salvatore. Ognuno di noi osservi quello che era prima di avere la fede: si accorgerà che era un burrone profondo, un burrone in pendio che sprofondava negli abissi. Ma quando è venuto il Signore Gesù e ha inviato quale suo vicario lo Spirito Santo, ogni burrone è stato Colmato. È stato riempito con le buone opere e i frutti dello Spirito Santo. La carità non lascia che in te resti un burrone, per­ché, se possiedi la pace, la pazienza e la bontà, non soltanto cesserai di essere un burrone, ma comincerai a diventare "montagna" di Dio.

Il testo citato da Luca continua: I passi tortuosi siano diritti. Ognuno di noi era tortuoso ‑ ammesso che oggi non lo sia più ‑ e la venuta di Cristo, che si è compiuta anche nella nostra anima, ha raddrizzato tutto quello che era tortuoso.

A che ti serve infatti che Cristo sia venuto un tempo nella carne, se non è venuto anche nella tua anima? Pre­ghiamo perché ogni giorno il suo avvento si compia in noi e possiamo dire: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Se Cristo vive in Paolo e non vive in me, che vantaggio ne ho? Ma quando egli sarà venuto anche in me e io ne gioirò come ne ha gioito Paolo, anch'io potrò dire come Paolo: Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me.

Consideriamo ancora tutto quello che è annunziato all'avvento di Cristo. Niente al mondo era più aspro di te. La tua condotta era ingiusta, ingiuste le tue parole e le tue opere. Ma è venuto il mio Signore Gesù, ha spianato le tue asperità, ha mutato in strade dritte tutto il tuo disor­dine, perché in te sorgesse una strada senza inciampi, un cammino dolce e puro, lungo il quale in te Dio Padre potesse procedere e Cristo Signore in te potesse fissare la sua dimo­ra e dire: Io e il Padre mio verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Il testo continua: Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio Uomo, un tempo eri carne; ebbene, mentre eri carne, anzi mentre ancora sei carne, ecco il prodigio, vedi già la salvezza di Dio.

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

[Anno A]

[Anno C]

 

 

 

Anno C

 

DAL 17 AL 23 DICEMBRE

 

 

Le letture sono scelte in rapporto al vangelo o all'antifona di ogni giorno.

 

 

Primo giorno feriale

 

Dalle "Centurie" di S.Massimo il Confessore.

11,52.56.58. FG 2°,20Os.

Fare retti i sentieri di Dio

 

(Ant. al Benedictus)

 

Se uno digiuna, sta lontano da un regime di vita che ecciti le passioni, e fa quant'altro può contribuire alla liberazione dal male, costui ha preparato la via al Signore. Ma se ha coltivato queste cose per vanagloria o cupidigia, o adulazione o per qualche altro motivo, che non sia il divino compiacimento, costui non ha fatto retti i sentieri di Dio. Ha sopportato la fatica, ma non ha Dio che cammina nei suoi sentieri. Invece chiunque con la sobrietà elimina il piacere molteplice e tortuoso, che in mille modi si è mescolato a tutte le cose sensibili, costui ha reso diritte le vie tortuose. E chi mediante la sopportazione calpesta i luoghi aspri, l'assalto difficile delle pene, ha reso vie piane questi luoghi aspri. Se dunque uno ha lottato bene, ha vinto il piacere per desiderio della virtù, ha calpestato il dolore per amore della conoscenza. E se mediante virtù e conoscenza, ha superato i divini combattimenti con animo generoso, costui, quale premio della virtù e delle fatiche per essa sopportate, vedrà la salvezza di Dio, secondo la parola: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5,8). Costui riceve così in cambio delle fatiche per la virtù, la grazia della impassibilità; e nulla più di questa grazia manifesta Dio a quelli che la possiedono.

 

Secondo giorno feriale

 

Dai Discorsi di san Pier Damiani.

Serm.45. PL 144,743ss.

 

Elisabetta esclamò a gran voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre dei mio Signore venga a me? (Lc 1,43s). Nessuna lingua umana potrà mai glorificare abbastanza colei da cui ha preso carne, noi ben lo sappiamo, il mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm 2,5). Nessun elogio umano può essere all'altezza di colei il cui seno purissimo ha dato il frutto che è l'alimento della nostra anima.

 

Considerate, ve ne prego, fratelli miei, considerate con sollecitudine questo piano della nostra redenzione, e con l'orecchio del vostro cuore, ascoltate la tenerezza di Dio che si è chinato su di noi. E' prerogativa della Vergine Madre l'avere concepito Cristo nel suo seno, ma è retaggio universale di tutti gli eletti portarlo con amore nel proprio cuore. Beata dunque, beatissima la donna che ha portato Gesù nel suo seno per nove mesi. Ma beati pure noi, se ci prendiamo cura di portarlo costantemente in cuore. Stupì, ed in modo grandioso, il concepimento di Cristo nel seno di Maria, ma non deve stupire meno il vederlo diventare l'ospite del nostro cuore. E' questo il senso della testimonianza di Giovanni: Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me.(Ap 3,20). A questo punto fratelli miei, riconsideriamo quale è la nostra dignità e la nostra somiglianza con Maria. La Vergine ha concepito Cristo nelle sue viscere di carne, e noi lo portiamo in quelle del nostro cuore. Maria ha nutrito Cristo dando alle sue labbra il latte del proprio seno, e noi possiamo offrirgli il pasto sempre vario delle buone azioni che formano le sue delizie.

 

Terzo giorno feriale

 

Dai "Discorsi" di Ambrogio d'Autpert.

PL 39,2131s.

 

Subito dopo aver detto: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta, la Vergine aggiunge: in Dio, mio salvatore (Lc 1,46-47). Quasi dicesse: L'anima mia che esalta il Signore, non trasalisce di gioia in uno qualsiasi, ma soltanto in colui ch'essa esalta con il suo amore. Infatti Maria conosce l'esistenza di un'altra gioia, biasimevole questa, in cui il mondo, com'è noto, si rallegra, anche se è una gioia che precipita verso l'afflizione. Tanto è vero che l'apostolo non parla di una gioia banale, quasi la prima che viene, nel cuore dei santi, ma specifica che è la gioia nello Spirito Santo. Sì, gli eletti si rallegrano nella speranza quando comincia per loro il tempo della prova attraverso le avversità e le lagrime di quaggiù; non si lasciano sedurre dalle false prosperità, sicuri dell'esistenza di un'altra realtà che non soggiace né al tempo né allo spazio e neppure a qualsiasi contingenza. Il Signore stesso disse ai discepoli: Beati voi quando vi insulteranno. Rallegratevi ed esultate. (Mt 5,11.12). Tuttavia chi segue Cristo non potrebbe sopravvivere alle sventure e alle più nere angosce e tanto meno rallegrarsene, s’egli non avesse un vero cuore di povero davanti a Dio e davanti agli uomini. Ci vuole un cuore povero, quello che Gesù ci ha dato in esempio quando disse: Imparate da me che sono mite e umile di cuore. (Mt 11,29). Sta qui la ragione per cui Maria benedetta proclama che tutte le generazioni la diranno beata, dato che Dio ha posto gli occhi sulla sua umiltà. Proprio così: l'umiltà di Maria è diventata la scala del cielo, grazie a cui Dio è sceso sulla terra.

 

Quarto giorno feriale

 

Dai Discorsi di Ogèrio, abate di Locedio.

sermo in nativ.S. Ioan-Bapt.,6 PL 184,996.

La singolare specificità dell'esistenza di Giovanni il Battista è anche suo stigma di onore. Fin dai primi anni quel beato fanciullo fu condotto nel deserto dallo Spirito Santo: l'onnipotenza divina rendeva feconda la sua esistenza, nonostante la debolezza dell'età. Lo Spirito Santo non bada alla differenza di sesso, alla fragilità fisica, o agli anni: la sua tenerezza colma chi vuole, quando vuole e come gli aggrada. Giovanni lascia il mondo, fugge lontano dalla calca, diventa estraneo alla sua patria; dimentica il focolare domestico; il suo occhio cerca soltanto un oggetto, Dio. Stupisce, certo, che appena entrato nel mondo Giovanni ne fugga la gloria; dimentica, o meglio ignora le voluttà terrene; invece stringe con Dio vincoli eterni. I monti desertici, le foreste dai profondi dirupi, le vallate silenziose offrono asilo notturno al giovane patriarca. Non citatemi Geremia; non vogliate paragonare la virtù del veggente con la fanciullezza di Giovanni, ché il primo è profeta, il secondo più d'un profeta. Geremia predice il futuro al popolo, però non si sottrae allo sguardo degli uomini. Invece Giovanni, superiore agli anni che ha, dimentico della sua nobile origine, è occupato unicamento di Dio. In lui riluce un modello di vita, l'antesignano dei monaci, il primo degli anacoreti, figura della vita consacrata. 

 

Quinto giorno feriale

Dal "Commento al Cantico dei Cantici" di s.Bernardo.

Serm.27,10-11. PL 183, 919-920.

 

E' prerogativa divina essere degni di accogliere Dio e capaci di contenerlo. Ma c'è un privilegio anche maggiore: quello di offrire a Dio un ambulacro abbastanza vasto perché egli possa compiervi l'opera stessa della sua potenza. L'anima può crescere, estendersi in ampiezza, ma per questo occorre che non sia impelagata negli affari o nelle preoccupazioni mondane, e meno ancora schiava delle passioni. Non deve neppure essere curiosa di spettacoli attraenti o avida di comando, oppure ebbra di qualche potere. La prima condizione per diventare cielo e residenza di Dio sta appunto nell'essere vuoti da ogni moto passionale. Altrimenti, come si può avere il tempo per riconoscere Dio?

 Bisogna che l'anima non ceda minimamente all'odio, all'invidia, al rancore, perché la Sapienza non entrerà in un cuore malevolo. E poi l'anima deve dilatarsi per essere capace di Dio. Può crescere ed estendersi, ma secondo lo spirito; non in materia, ma in virtù. Essa cresce pure in gloria, per diventare il tempio del Signore. La sua crescita la conduce fino allo stato di uomo perfetto, alla misura di Cristo.

 La dimensione di ogni anima si misura dalla sua carità. Quando essa fa del bene a chi la odia, prega per i suoi persecutori e per chi la calunnia, quando sa essere in pace persino con chi la pace detesta, allora essa si estende a dimensione di cielo. Ne possiede l'ampiezza, l'altezza, la profondità e lo splendore. In questo cielo immenso, altissimo e armonioso, Dio, altezza suprema, immensità e gloria, può allora stabilirsi; non solo, ma ne colma gli spazi.

 

Sesto giorno feriale

 

Dalla "Scala del Paradiso" di san Giovanni Climaco.

2° Grado,13-14. Op.cit.,45-46.

 

Vegliamo su noi stessi per non illuderci: potremmo pensare di seguire la via stretta e angusta, mentre stiamo veleggiando su un percorso ampio e spazioso.

Ecco gli indizi che ci assicurano di star percorrendo la via stretta: essere molto sobrio nel cibo, vegliare a lungo di notte, bere acqua con misura e pane con parsimonia; sorbire la pozione purificatrice delle umiliazioni; sopportare l'ironia, le burle e magari anche la derisione; abdicare all'io egoista; sostenere le contrarietà; non lasciar sfuggire nessun piagnucolio sotto gli affronti, anzi non tener conto degli insulti e sopportare con coraggio le ingiustizie. Occorre pure non indignarsi di fronte alla calunnia e umiliati non adirarsi. Insomma rimanere umili quando siamo giudicati. Beati quelli che seguono tale cammino, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,9-12).

 

Nessuno entrerà coronato nella stanza nuziale se non compie la prima, la seconda e la terza abnegazione. Voglio dire se non rinuncia ad ogni affare, ad ogni persona, ad ogni parente; viene poi il rinnegamento della volontà propria e infine c'è la rinuncia alla vana gloria che fa da corteo all'obbedienza.

 

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