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Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno A

T E M P O  D I  P A S Q U A

TERZA SETTIMANA

 La gioia pasquale

 Solo il cuore umile e contrito si mette nella disposizione per gustare la gioia ineffabile che viene da Dio (124). Chi infatti combatte secondo le regole, gode per la visita dei Paraclito (121) e assapora la quiete spirituale (123). Egli si effonde in azioni di grazie per i doni divini ed è invaso dalla gioia spirituale (122).Quando Gesù e con noi, tutto va bene (125). L'inabitazione delle tre Persone divine nell'anima procura il gaudio pieno che nessuno può rapire (126).

 121

 Lunedì

 

Dalle Centurie di Niceta Stéthatos.

Capitoli naturali. Cent.II,99‑100. Filocalica,Torino,1985,vol.3°,457.

 

L’intelletto morto,a causa delle passioni e tornato in vita grazie alla visita del Verbo, quando ha rimosso la pietra dell'indurimento, è sciolto dalle fasce del peccato e dei pensieri corruttori, grazie ai servi del Verbo, cioè al lavoro delle virtù. L'intelletto, allora, siede sul trono dei sensi, celebra con purezza il mistero della contemplazione e vive con il Verbo. Con lui s’innalza dalla terra al cielo; lì regna con Cristo nel regno del Padre: tutti i suoi desideri sono ormai appagati.

Infatti, dopo lo scioglimento del corpo, la reintegrazione futura diverrà chiara e manifesta, anzi certissima, grazie all'operazione dello Spirito Santo. Essa avverrà in ciascuno di coloro che, zelanti della virtù, combattono secondo le regole. Essi progrediscono fino a metà del cammino, poi arrivano allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo.

La gioia, la beatitudine di quella destinazione, è eterna nella luce perpetua. Tuttavia, già fin d’ora, una gioia incessante abbraccia i cuori di quelli che combattono secondo le regole e li bacia la letizia dello Spirito Santo; questa gioia, secondo la parola del Signore, non sarà loro tolta.

Dunque, chi è fatto degno fin d’ora della visita del Paraclito, si è deliziato dei suoi frutti per aver coltivato le virtù, e si è arricchito dei suoi carismi divini, pieno di gioia e di carità, sfuggito a ogni timore, viene sciolto dai legami del corpo nella gioia; e con gioia si strappa alle cose visibili, dalle quali si era sciolto già prima, dominando le impressioni sensibili.

Egli riposa in una gioia indicibile di luce, dove è la dimora di tutti coloro che si allietano, anche se spesso nello scioglimento e nel taglio dell'unione con l'anima, in qualcuno il corpo soffre dolore come le donne che partoriscono con difficoltà.

 

 

122

 

Martedì

 

Dai Discorsi di Pietro Damasceno.

Libro 2°, discorso 22. Filocalia,Torino,1985,vol.3°,246‑247.

 

Mi ricordo di Dio e gioisco. L'intelletto, se è rallegrato dal ricordo di Dio, dimentica le tribolazioni del mondo; a causa di questo ricordo, spera in Dio e diviene libero da preoccupazioni. La libertà da preoccupazioni riempie di gioia e induce al rendimento di grazie. Il rendimento di grazie fatto con riconoscenza aumenta i doni e i carismi. E quanto più abbondano i benefici di Dio, tanto più cresce il rendimento di grazie e la preghiera pura con lacrime di gioia. Così, a poco a poco l'uomo esce dalle lagrime di tristezza e dalle passioni: possa egli giungere, in tutti i modi, alla gioia spirituale!

Un uomo siffatto scopre l'umiltà: per le cose piacevoli rende grazie, mentre con le tentazioni si consolida in lui la speranza del secolo futuro. Per entrambe ‑ gioie e prove ‑ egli gioisce, naturalmente ama Dio e tutti, come benefattori, e non trova in tutta la creazione nulla che possa fargli del male.

Anzi, illuminato dalla conoscenza di Dio, trae gioia da tutte le creature nel Signore, ammirando come egli si prende cura di tutti gli esseri. In realtà, chi è giunto alla conoscenza spirituale, non ammira soltanto le cose visibili come degne di lode, ma resta attonito anche per la percezione di quegli equilibri necessari che non appaiono è chi è senza esperienza. Non ammira soltanto il giorno a causa della sua luce, ma sa anche ammirare la notte.

 

 

 123

 

Mereoledì

 

Dalle Centurie di Niceta Stéthatos.

Capitoli naturali, Cent.II,20.63.64. Filocalia,Torino,1985.Vol.3° , 429.433.

 

Solamente quanti siano stati resi degni di ricevere dall’alto, per tramite dello Spirito, la vivificante morte del Signore nelle loro membra e nei loro pensieri, essi soli hanno potuto conservare il proprio intelletto non importunato neppure dal semplice ricordo del peccato. Portano in giro la carne morta al peccato, mentre lo spirito l'hanno arricchito di vita, per la giustizia, che e in Cristo Gesù .

In costoro non vi è alcuna preoccupazione delle cose di questa vita né alcuna inquietudine della vita presente. I sudori e le fatiche della loro vita consacrata hanno trovato nella casa di Dio il riposo con la sapienza più alta.

Esichia è infatti uno stato di intelletto indisturbato, calma della libertà e di un'anima esultante, fondamento imperturbato e tranquillo di un cuore in Dio.

Esichia è contemplazione di luce, conoscenza dei misteri di Dio, parola di sapienza proveniente da una mente pura.

Esichia è abisso dei concetti di Dio, rapimento dell'intelletto, colloquio con Dio occhio insonne. Allora sorge il riposo senza fatica in grandi fatiche e infine la stretta unione con Dio.

 

 

124

 

Giovedí

 

Dalla Lettera alla monaca Xene di san Gregorio Pàlamas.

Alla reverendissima monaca Xene, sulle passioni, le virtù e i frutti della quiete dell'intelletto. Filoalia,Torino,1987, vol.40,37 e 38.

 

Uno che sia povero e umile e che ricerchi la semplicità, secondo Dio, se vuole ulteriormente progredire, deve acquistare anche la compunzione. Altrimenti sarà facilmente proclive a riandare con la volontà a quanto ha abbandonato, desiderando di nuovo quello che all'inizio aveva lasciato e facendosi così trasgressore delle sue risoluzioni.

Se invece persevera con attenzione a tendere verso la beatissima povertà, suscita in se stesso la compunzione e diviene inflessibile verso ciò che sta dietro. Agisce bene, perché non rincorre di nuovo malamente ciò che ha prima fuggito. Come insegna l'Apostolo: La tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza.

È quindi un guadagno impegnarsi sulla via della compunzione; all'inizio, sì, è dolorosa perché porta con sé anche il timore di Dio. Ma procedendo, essa si lega in modo meraviglioso all'amore di Dio e produce la dolce e santa consolazione, elargita dal Paraclito nella sua bontà. Questa gioia e gustata da chi prova l'afflizione mentre resta pressoché inascoltata ‑ perché inesprimibile ‑da coloro che non ne fanno l'esperienza.

Si può far conoscere la dolcezza del miele a chi non ne ha mai gustato? Come allora si potrà descrivere a quelli che non ne hanno fatto esperienza, il diletto e la gioia santa della grazia che viene da Dio? Certo non è possibile.

 

 

125

 

Venerdì

 

Da 'L’imitaz ione di Cristo».

De Imitatione Christi, II,8,1‑3. Alba,1951,pp.90‑91.

 

Quando è vicino Gesù, tutto ci appare buono, nulla ci riesce difficile; quando è lontano, tutto diventa pesante. Le consolazioni non bastano, quando Gesù non parla dentro di noi; ma se lui ci dice una sola parola, una grande consolazione ci invade.

Non si alzò subito Maria Maddalena dal luogo in cui stava a piangere, quando Marta le disse: Il Maestro è qui e ti chiama? Felice l'ora in cui Gesù, dalle lacrime, chiama anche noi alla gioia!

Quanto sei arido e duro di cuore, senza lui! Quanto sciocco e vano sei, quando desideri qualcosa che non e lui! Non è questo un danno maggiore che se perdessimo il mondo intero? E che cosa il mondo può darci senza Gesù?

Essere senza Gesù è un inferno amaro, così come stare con lui è un dolce paradiso. Nessun nemico potrà mai farti alcun male, se avrai sempre vicino Gesù.

Chi trova Gesù trova un grande tesoro, anzi il più grande fra tutti i tesori. E chi perde Gesù, perde assai più di tutto il mondo.

Chi vive senza Gesù è il più povero degli esseri umani, mentre chi lo trova può ben dirsi il più ricco. Grande arte e saper stare con Gesù, e grande accortezza è il saperselo conservare.

  

 

126

 

Sabato

 

Dal Commento al Cantico dei Cantici di Guglielmo di Saint Thierry.

Exposé sur le Cantique des cantiques, 30‑31. SC 82,112‑114.

 

Lo sposo, Cristo, offrì alla Chiesa, sua sposa, come un bacio dal cielo quando, Verbo fatto carne, le si avvicinò tanto da unirsi a lei; e le si unì così intimamente che Dio divenne uomo e l'uomo Dio.

Lo stesso bacio egli offre all'anima fedele, sua sposa. Imprime questo bacio in lei quando al ricordo dei benefici concessi a tutti, la inonda di una gioia personale ed esclusiva, infondendole la grazia del suo amore. Attira a sé lo spirito di lei e le infonde il suo, perché divengano un unico spirito.

Di questo bacio appena accennato dallo Sposo fuggitivo, la sposa desidera ardentemente il dono perfetto, la piena soavità. Questo chiedeva al Padre il Signore per i suoi discepoli, quando disse: Come tu, Padre, sei in me e io in te,siano anch’essi in noi una cosa sola perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro.

Che cosa significano queste parole? Che l'anima, avendo già ricevuto dalla pienezza di lui grazia su grazia, ‑ la grazia dell'amore oltre la grazia della fede ‑ desidera ormai la stessa fonte, ossia la pienezza dello Spirito Santo, che è l'unità e l'amore del Padre e del Figlio, e in lui, il gaudio pieno che nessuno le possa rapire. In un parola, desidera essere sciolta dai lacci del corpo ed essere con Cristo.

 

 

Letture della preghiera notturna dei certosini

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Anno C

T E M P O  D I  P A S Q U A

Terza Settimana

 

VANGELO (Gv 16,20-24)

Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia.

  Prima di passare da questo mondo al Padre, Gesù diceva ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.

La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia”.

In quel giorno non mi domanderete più nulla.

In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.

La gioia pasquale

Nella vita della fede, l'afflizione iniziale produce a suo tempo la consolazione del Paraclito (122) e una dolcezza divina invade l'anima (120).

Abbiamo quindi il potere di generare la gioia (119), purché perseveriamo nel 'ricordo' di Dio (121). Ineffabile è la gioia dell'unione divina (123), è il paradiso anticipato (124).

 119

Lunedì

Dalle "Omelie sulla Genesi” di Origene.

VIII,10. Città nuova, p.151.

Tu hai il potere di generare la gioia. Infatti se stimerai tutto come fonte di letizia, anche se ti imbatterai in varie tentazioni, e saprai offrire questa gioia in sacrificio a Dio, allora sarai generatore di gioia.

E quando ti avvicinerai lieto a Dio, egli ti renderà nuovamente quello che avrai offerto e ti dirà: Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia.(Gv 16,22-23)

Cosi dunque riceverai moltiplicato quello che avrai offerto al Signore. Qualcosa di simile, anche se sotto altra figura, è riferito nei vangeli a proposito della parabola della mina da trafficare.

Chi aveva fatto fruttificare altre dieci mine ricevette in dono la mina di colui che l'aveva lasciata improduttiva. Osserva bene: sembra che noi traffichiamo per il Signore, invece i guadagni del commercio sono ceduti a noi. Sembra che offriamo sacrifici a Dio, ma essi sono ridonati a noi che offriamo. Dio infatti non ha bisogno di nulla e di nessuno. Egli però vuole che noi siamo ricchi, desidera il nostro profitto in ogni cosa.

 

120

Martedì

Dalle "Considerazioni sulla fede" di Diadoco di Fotica

N.90. Città nuova, 1978, pp.101-103.

 Agli inizi del progresso, se fervidamente ci innamoriamo della perfezione divina, lo Spirito Santo fa gustare all'anima la dolcezza di Dio con il senso tutto ripieno delle sue certezze, perché la mente possa avere un'esatta conoscenza del premio perfetto degli affanni per amor di Dio.

Ma poi lo Spirito Santo nasconde frequentemente la grande ricchezza di tale dono vivificante, affinché noi, che pratichiamo tutte le altre virtù, ci consideriamo assolutamente delle nullità: infatti non abbiamo ancora acquistato l'abito dell'amore divino. Perciò allora il demonio dell'odio molesta di più le anime degli atleti.

Allora il cuore soffre di più, perché possiede il ricordo dell'amore spirituale, ma non può coglierlo col senso spirituale: non ha ancora affrontato le prove che rendono l'uomo assolutamente perfetto. Finché non le ha affrontate, deve farsi violenza nel coltivare tale ricordo, in modo da poter giungere a gustarlo col senso ripieno delle certezze di Dio.

Nessuno, finché vive in questa carne, può raggiungere la perfezione di tale ricordo; lo possono soltanto i santi.

Per questo, il sapientissimo Paolo, annunziandoci quel che aveva attinto in pienezza, cioè la gioia che godranno i santi, così si esprime: Il regno di Dio non è ne cibo né bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (Rm 14,17); tutte cose che sono frutto dell'amore perfetto.

In tal modo coloro che progrediscono nella perfezione quaggiù possono gustarne ininterrottamente, ma nessuno potrà averne il perfetto possesso se non quando ciò che è mortale sia assorbito dalla vita.

 

121

Mercoledì

Dai "Discorsi ascetici" di Isacco di Ninive.

Disc. 84°, Op.cit. p.84

 Attraverso le sofferenze e l'afflizione, Dio ha fatto crescere la memoria di sé nel tuo animo. Mediante il timore dell'avversità ti ha offerto il modo per rimanere ben desto alla porta della sua misericordia. Per liberarti poi da essa ti ha seminato in cuore l'amore per lui. Facendo scendere l'amore si è accostato a te e ti ha onorato con la grazia dell'adozione, offrendoti la strabiliante ricchezza della sua propria vita.

Dimmi: da che cosa potresti riconoscere la sua provvidenza e la sua sollecitudine se tu non avessi incontrato qualche guaio? Proprio in gran parte per tali incidenti ti è possibile aumentare l'amore di Dio nel tuo cuore; cioè comprendere i suoi doni e ricordare la vastità della sua provvidenza.

Tutti i beni celesti ti vengono dalle afflizioni, affinché tu impari a render grazie. Ricordati perciò di Dio, perché anche Dio si ricordi sempre di te. Ricordandosi di te, ti salva. E tu riceverai dalla sua mano ogni beatitudine.

Se perseveri nella memoria di lui, a suo tempo il rapporto con Dio ti trasporterà nell'estasi e nello sbalordimento, perché gioisce il cuore di chi cerca il Signore.

 

122

Giovedì

Dalla "Lettera alla monaca Xene" di Gregorio Palamas

FG,4° , 37-38.

Uno che sia povero e umile e si sia sforzato di essere vile secondo Dio, se anche ha progredito verso il meglio, deve acquistare pure la compunzione. Altrimenti sarà proclive con facilità a riandare col volere a quanto ha abbandonato; desidera cioè di nuovo quello che all'inizio aveva lasciato. E diventa un trasgressore.

Se invece persevera con attenzione nel tendere verso la beatissima povertà, suscita in sé stesso l'afflizione e diventa inflessibile verso ciò che sta dietro e agisce bene. Infatti non rincorre di nuovo malamente ciò che ha prima fuggito. Come insegna l'Apostolo, la tristezza secondo Dio produce per l'anima una conversione senza pentimento in vista della salvezza (cf 2 Cor 7,10).

Questo è dunque il guadagno dell'afflizione iniziale: essa è dolorosa perché porta con sé anche il timore di Dio. Ma procedendo si lega in modo meraviglioso all'amore divino e produce la dolce e santa consolazione della bontà del Paraclito; questa gioia è gustata da chi prova l'afflizione mentre resta pressoché inascoltata ‑ perché inesprimibile ‑ a coloro che non ne fanno esperienza.

Se infatti nessuno può far conoscere la dolcezza del miele a chi non ne ha gustato, come si potrà descrivere a quelli che non ne hanno fatto esperienza, il piacere della gioia santa e della grazia che viene da Dio? Certo non è possibile.

 

123

Venerdì

Dall'imitazione di Cristo.

Lib.11,Cap.V111,1-3. Ed. Paoline, 1951,pp.90-91.

Quando Gesù è con noi, tutto va bene e niente sembra difficile; quando invece lui non c'è, tutto diventa pesante. Quando Gesù non parla al nostro cuore, qualsiasi conforto non vale nulla; se poi egli dice anche una sola parola, la gioia ci dilata il cuore. Forse che Maria Maddalena non si alzò subito da dove stava piangendo, appena Marta le disse: Il Maestro è qui e ti chiama ?(cf Gv 11,28). Felice l'ora in cui Gesù ci solleva dal pianto alla felicità dello spirito!

Come sei arido, senza di Lui! Quanto sei inconcludente e vano, se brami qualcosa fuori di lui. Non è questo un danno più grave che se tu perdessi il mondo intero? Che può darti il mondo se egli ti manca? Vivere senza Gesù è un inferno insopportabile; stare con lui è il paradiso. Se Gesù sarà con te, non avrai da temere nessun nemico.

Chi trova Gesù trova un tesoro prezioso; anzi, trova il bene superiore a quanti ne esistano.

Chi perde Gesù perde un bene immenso, perde più che il mondo intero. Poverissimo è colui che vive senza Gesù; invece è ricchissimo chi vive nel suo amore. E' una grande arte saper essere un suo intimo, e il saper conservare Gesù nel proprio cuore è la massima prudenza.

 124

 

Sabato

 

 

Dal 'Commento al Cantico dei Cantici” di Gugliemo di San Teodorico.

Nn.30ss. PL 180,483.

 

Lo Sposo, Cristo, offrì alla Chiesa, sua sposa, come un bacio dal cielo quando Verbo fatto carne, le si avvicinò tanto da unirsi a lei; e le si unì così intimamente che Dio divenne uomo e l'uomo Dio. Lo stesso bacio egli offre e imprime nell'anima fedele, sua sposa, quando al ricordo dei benefici accordati a tutti, l'inonda di una gioia personale ed esclusiva, infondendole la grazia del suo amore, attira a sé lo spirito di lei e le infonde il suo, perché divengano un unico spirito.

Di questo bacio appena accennato dallo Sposo fuggitivo, la sposa desidera ardentemente il dono perfetto, la piena soavità. Questo chiedeva al Padre il Signore per i suoi discepoli quando disse: Padre, che siano uno in noi, come tu e io siamo uno; che l'amore col quale mi hai amato sia in essi e io in loro ‑ 39 Che cosa significano queste parole? Che l'anima, avendo già ricevuto dalla pienezza di lui grazia su grazia, ‑ la grazia dell'amore oltre la grazia della fede ‑ desidera ormai la stessa fonte, ossia la pienezza dello Spirito Santo, che è l'unità e l'amore del Padre e del Figlio, e in lui, il gaudio pieno che nessuno le possa rapire. Desidera insomma essere sciolta dai lacci del corpo ed essere con Cristo.

 

 

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