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Letture della preghiera notturna dei certosini

   Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Ventinovesima  Domenica

 

 

VANGELO (Mt 22,15-21)

Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

 

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.

Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?”.

Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: “Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo”. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”.

Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”.

 

Dio e Cesare

 

Il servizio di Dio richiede l’abbandono di ogni cura del mondo, (295) per essere liberi di offrirgli le primizie di tutte le nostre attività (296).

Occorre perciò praticare la vera obbedienza (297), per compiere la volontà del Padre (298) invece della nostra (299), dato che colui il quale non sottomette a Dio la propria volontà, si assoggetta all’avversario (300).

 

295

Lunedì

 

Dai “Discorsi” di Isaia abate.

Logos XXV,l. 0p.cit.p.201s.

Non potete servire a Dio e a mammona (Mt 6,24). Mammona significa tutta l’attività di questo mondo. Se non l’abbandona, l’uomo non può servire Dio. Qual è dunque il servizio di Dio se non l’intelletto sgombro quando lodiamo il Signore, il cuore privo di voluttà nella preghiera, esente da malizia mentre salmodiamo? Servire Dio significa non covare odio quando lo adoriamo, anzi neppure invidia maligna che sia un ostacolo quando stiamo con lui, e neppure brame vergognose nelle membra mentre ci ricordiamo di lui. Infatti tutto ciò è come cupa muraglia che circonda l’anima miserabile, sicché essa non può servire Dio con purezza; tali moti la trattengono e non la lasciano correre all’incontro con Dio, a lodarlo nel segreto del cuore, a pregarlo nella dolcezza dell’ amore, nella soavità di un santo volere, per essere illuminati da lui. A motivo di tutto questo la mente è sempre ottenebrata e non può progredire secondo Dio; occorrerebbe invece sgomberare tali impedimenti con discernimento sapiente; ma anche ciò è impossibile se non ci si sbarazza delle cure del secolo.

Finché l’anima si occupa di quanto succede fuori, lo spirito è come morto e le passioni interiori dispiegano tutta la loro energia. Ma se l’anima ascolta la parola di Gesù che le chiede di abnegare tutte le sue volontà proprie, essa rinnega ogni opera mondana; allora la mente si desta e mette in fuga i moti passionali, poi custodisce la casa interiore e non permette che tornino quelle forze nemiche.

 

296

Martedì

 

Dalle “Conferenze” di san Giovanni Cassiano.

Conf. XXI,26. S Ch 64,pp.100-102.

Che cosa dirò delle primizie? Non è vero che il fedele servo di Cristo le deve offrire ogni giorno? Appena si sveglia e ritrova, dopo il sonno, il moto della vita, ogni buon monaco, prima di concepire in cuore una qualsiasi impressione, di accettare il ricordo o la cura degli interessi materiali, consacra in sacrificio a Dio la nascita e l’origine dei suoi pensieri. E questo che altro è se non un modo di pagare le primizie dei nostri frutti, per mezzo del pontefice sommo Cristo Signore, in ringraziamento della vita riconquistata ogni mattina, come per mezzo d’una risurrezione?

I monaci offrono ancora a Dio, nel risvegliarsi dal sonno, l’ostia di giubilo. Infatti il primo moto della loro lingua è per invocare il Signore, per celebrare il suo nome e le sue lodi. Per cantare inni all’Altissimo aprono la porta delle loro labbra e immolano a lui il sacrificio delle loro parole.

Innalzano a Dio anche la prima offerta delle mani e dei piedi, perché appena alzatisi dal giaciglio, si applicano alla preghiera, e prima di usar le membra per le loro necessità, le usano in onore del Signore. Per Dio muovono i primi passi, per il suo stesso onore li arrestano; nulla vogliono prendere per sé delle prime azioni compiute dalle loro membra.

 

297

Mercoledì

 

Dalla “Scala del paradiso” di san Giovanni Climaco.

4° grado,7.9.136-138. Op.cit.p.57.92.

 

E’ assolutamente necessario che tutti quelli che vogliono avere una fiducia granitica nei loro superiori conservino in cuore un ricordo costante e indelebile delle buone azioni di essi. Così quando i demoni semineranno in cuore sfiducia verso il superiore, li metteranno a tacere con tali ricordi conservati nella memoria.

Quanto più la fiducia si espande nell’animo, tanto più il corpo adempie il suo servizio con zelo; ma chi difetta di fiducia, è già caduto, perché, come dice l’Apostolo, tutto quello che non viene dalla fede è peccato (Rm 14,23).

I padri insegnano che la salmodia è un’arma, la preghiera una roccaforte, le lacrime immacolate un bagno salvifico; ma la beata obbedienza l’hanno assimilata alla confessione della fede; senza di lei nessun uomo soggetto alle passioni vedrà Dio.

Chi ha abbandonato l’obbedienza è capace di dirci quanto essa sia utile; infatti costui realizza ora che prima viveva come in cielo. E chi corre verso l’impassibilità e verso Dio considera come grave perdita ogni giornata in cui non ha subito qualche umiliazione. Come gli alberi scossi dal vento infossano le radici profonde nel terreno così quelli che vivono nell’obbedienza acquistano un animo forte e irremovibile.

 

298

Giovedì

 

Dalle “Lettere” di Barsanufio e Giovanni di Gaza.

Lett.288 e 614. Op.cit.,pp.221s. 409.

 

Fratello, chi vuole essere monaco, deve amputare in modo assoluto la volontà propria in ogni cosa. Ce l’ha insegnato Cristo, dicendo: Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà (Gv 6,38). Infatti colui che stabilisce di far questo, ma di rifiutare quello, probabilmente si crede dotato di maggiore discernimento rispetto a chi lo comanda, oppure è lo zimbello del maligno.

Obbedisci perciò in tutto. Se l’ordine ti pare troppo pesante, interroga il tuo abate e abbandona l’affare al suo discernimento, ché sarà lui ad assumerne la responsabilità. Se a comandarti sono i fratelli e vedi che l’ordine ti fa del male o supera le tue forze, interroga ancora l’abate e fa’ quello ch’egli ti dirà.

Se invece riservi a te il discernimento, corri il rischio di cacciarti nei guai.

Qualora su di un punto rinneghi la tua volontà e invece su di un altro punto non lo fai, è ovvio che anche là dove rinunzi a te stesso, compi ancora quello che vuoi tu. Infatti chi è sottomesso, è sottomesso in tutto. Costui è senza affanni per la sua salvezza, perché risponderà per lui il fratello al quale si è affidato.

In conclusione: vuoi essere salvato e avere la vita in cielo e sulla terra? Osserva quanto si è detto.

 

299

Venerdi

 

Lettera di Doroteo di Gaza.

Lett.II,187.Oeuvres spirituelles de Dorothée de Gaza, S Ch 92.

Non fidarti mai del tuo cuore, perché le antiche passioni lo hanno reso cieco. Non pensare, non credere che quel che pensi tu sia più ragionevole e giusto di quanto ti dice chi ti guida, non farti giudice delle sue azioni, un giudice che tante volte si e sbagliato. E’ un tranello del maligno che vuole ostacolare la tua obbedienza fiduciosa in tutto e la salvezza che ne deriva. Sii sottomesso in piena pace e seguirai la via dei Padri senza correre rischi, senza sbagliare. Fa’ violenza a te stesso in ogni cosa e spezza la tua volontà; per grazia di Cristo ti abituerai a ciò e riuscirai a farlo senza sforzo penoso, come se tutto avvenisse secondo i tuoi desideri, perché non vorrai più che le cose avvengano secondo la tua volontà, ma vorrai quel che accade; così sarai in pace con tutti.

Credi pure: tutto quanto ci capita avviene per disegno di Dio, anche le minime cose; sicché sopporta senza turbamento quanto ti accade. Credi che l’essere disprezzato e offeso è per te rimedio contro l’orgoglio e prega per quelli che ti maltrattano come per i tuoi veri medici. Sii certo che chi odia essere disprezzato, odia l’umiltà e chi rifugge da colui che lo irrita, fugge la mitezza.

300

Sabato

 

Dai “Discorsi ascetici” di Isacco di Ninive.

Disc.42. Op.cit.,pp.241-242.

 

Finché non si sprezza dal fondo del cuore la causa del peccato, non siamo liberati dal piacere della sua pulsione. Questo è il combattimento più duro, che impegna fino al sangue, e dove la nostra libertà è messa alla prova mentre l’amore per tutte le virtù entra in gioco nello stesso tempo.

Poiché abbiamo abbandonato piccole cose che reclamavano la nostra attenzione per l’amore di Cristo, come scrissero i sapienti, siamo in balia del nemico. Chi non sottomette a Dio la propria volontà, si assoggetta al suo avversario. Perciò considera che queste cosette che ti sembrano tanto infime, sono come baluardi che ci proteggono da chi vorrebbe farci sua preda. Attuare tali piccole virtù dentro la cella custodisce la nostra esistenza; invece gli insensati non considerano il male che si procurano disdegnando questi piccoli atti virtuosi. L’inizio e il centro della loro via sono una libertà che non si lascia educare ed è madre delle passioni. E’ meglio sforzarci per non disertare la pratica di piccole cose che permettere al peccato di impiantarsi in noi. Infatti l’approdo di questa cosiddetta libertà intempestiva è dura schiavitù.

 

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