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Letture della preghiera notturna dei certosini

Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Ventiseiesima  Domenica

 

 

VANGELO (Mt 22,1-14)

Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

 

In quel tempo, Gesù riprese a parlare in parabole ai capi dei sacerdoti e agli anziani e disse: “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.

Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. E disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.

Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì.

Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.

 

Il banchetto nuziale

 

Il Signore ci spinge ad entrare in comunione con lui (277), ci dona l’abito nuziale per prendere parte al banchetto (278), dissetarci del suo Spirito (279) e nutrirci della sua Parola (280). Fin d’ora possiamo sperimentare un anticipo del gaudio del festino eterno (281.282).

 

 

 

277

Lunedi

 

Dalla “Vita in Cristo” di Nicola Cabàsilas.

Lib.I,capp.2-3. PG 150,501.

 

Con una certa meravigliosa violenza, con tirannide amica, Cristo a sé solo ci attira, a sé solo ci unisce. E’ questa, io credo, la violenza con la quale costringe gli invitati a entrare nella sua casa, al suo convito, dicendo al servo: Spingili a entrare, perché la mia casa si riempia (Lc 14,23).

E’ chiaro che la vita in Cristo non riguarda solo il futuro, ma già ora è presente per i santi che vivono e operano in essa. E da dove viene la possibilità di vivere tale vita, o come dice Paolo, di camminare in una vita nuova ?.(Rm 6,4). Che cosa spetta agli uomini di fare, perché Cristo si unisca a loro in tale maniera? Vi è infatti quel che viene da Dio e quello che procede dal nostro sforzo, l’opera che è puramente di Dio e quella che reca onore a noi. O meglio, il nostro contributo sta solo nell’accogliere la grazia, nel non dissipare il tesoro, nel non spegnere la lampada già accesa: non introdurre nulla che sia contro la vita, che produce la morte.

Il fine di ogni virtù sta in questo: che nessuno rivolga la spada contro di sé, né fugga la felicità, né scuota la corona dal capo. Infatti è Cristo presente nell’anima nostra a seminare ineffabilmente l’essenza medesima della vita. Cristo è davvero presente e alimenta le fonti della vita da lui stesso portata con la sua venuta. Ma non è presente, come un tempo, quando aveva in comune con noi il cibo, la parola, l’esistenza quotidiana, bensì, in modo diverso, e tanto più perfetto, per il quale diventiamo concorporei con lui, partecipi della sua vita.

 

278

Martedì

 

Dagli “Inni” di Romano il Melode.

Inno XXXII,2.4.5. S Ch128.

Affrettiamoci oggi a partecipare al banchetto, se siamo stati giudicati degni dell’ingresso nella gioia del Padre. Siamo commensali del Re dei secoli: egli ci offre il pane che dà la beatitudine, e, come bevanda, il sangue santo che procura la vita incorrotta e infinita.

Anche gli angeli vi assistono. Vediamo come è stato: primo a sedersi alla tavola è lo stesso Signore che ci ha attirati a sé; seguono i patriarchi, il coro degli apostoli, i profeti con i martiri. Accanto ad essi, ecco il prodigo, al posto assegnatogli dal Padre, padrone dei secoli e Signore.

Il Salvatore di tutti, nel vedere il figlio ricoperto di una veste macchiata, fu sopraffatto dalla compassione e gridò: Presto, date a mio figlio la più bella tunica, quella che il fonte battesimale intesse per tutti e che la grazia del mio Spirito produce. Porgetela in fretta. Rammentate come fu che, quando egli ne era vestito, fu il nemico a strappargliela di dosso. Io lo vidi e non consento che sia in disprezzo la nudità di lui, non sopporto di vedere così ridotta la divina mia immagine, perché diviene mia onta l’obbrobrio del figlio mio e la gloria del figlio mio reputo gloria mia.

Affrettatevi, schiavi e miei servitori, restituite alle sue membra la loro bellezza, Perché esse sono oggetto del mio amore. Mi sembra fuor di luogo vedere negletto e disadorno, colui che accorre a me pentito e si è fatto degno del mio perdono. Vestitelo della tunica della grazia: è comando del padrone dei secoli e Signore.

279

Mercoledi

 

Dalle “Omelie” attribuite a Macario l’egiziano.

Hom.16,4,4-5,2. S Ch 275,197-199.

Il Signore vuole essere ricevuto nell’anima, vuole che essa comunichi con il suo Spirito e divenga con lui un solo spirito (cf 1Cor 6,17). Anela che il nostro cuore sia rinnovato e trasformato, distrutte le passioni e che in noi appaia evidente l’azione dello Spirito Santo e le opere delle virtù.

Perciò il Signore ha fame e sete delle nostre anime, è come straniero e malato tra di noi, non ha ancora riposo e dimora dentro il nostro cuore. Bussa di continuo, perché vuole entrare da noi, riposarsi in casa nostra e si occupa di noi con ogni cura in vista di questo piano. Accogliamolo dunque con molta fede e molto amore. Introduciamolo nel nostro cuore, offriamogli l’ospitalità, diamogli da mangiare e da bere, rivestiamolo, rimettendogli le nostre volontà completamente dedite al suo servizio, docili al suo Spirito.

Meglio: nutriamoci e dissetiamoci del suo Spirito, rivestiamoci del Signore stesso, perché egli è nostro cibo e bevanda, nostro vestito, tesoro, eredità, possesso, riposo, abitazione. In una parola, egli è davvero la nostra vita eterna; ed ogni anima che non l’ha ricevuto in sé, ora, e non l’ha confortato coi frutti delle sue virtù, cioè non ha cominciato a vivere la vita dello Spirito, quest’anima non avrà parte con i santi nel regno dei cieli; essa non può entrare nella città celeste dei rinati.

 

280

Giovedì

 

Dai “Capitoli naturali” di Niceta Stéthatos.

II Cent.,90. FG 3°,452-453.

La lettura della Scrittura sacra produce diverso effetto in coloro che sono principianti nella vita della pietà, in quelli che sono progrediti fino alla metà del cammino e in quelli che corrono verso la perfezione.

Per i primi diviene pane della mensa di Dio, che rinsalda i loro cuori in vista dei sacri combattimenti della virtù; esso dà loro anche una forza potente nella lotta contro gli spiriti che operano le passioni, e li rende guerrieri valorosi contro i demoni, così che possono dire: Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici (Sal 22,5).

Per i secondi, è vino del calice di Dio che rallegra i loro cuori, li fa uscire di sé per la forza dei pensieri, solleva il loro intelletto dalla lettera che uccide, lo conduce, attraverso l’indagine, nelle profondità dello Spirito. In altri termini, la parola di Dio rende la mente del tutto capace di generare e scoprire i concetti, così che essi pure dicono appropriatamente: Il vino allieto il cuore dell’uomo (cf Sal 103,15). Per gli ultimi, è olio del divino Spirito che unge la loro anima e la rende mite e umile per l’eccesso delle divine illuminazioni e la pone interamente al di sopra della bassezza del corpo, così che essa nella sua esaltazione grida: Cospargi di olio il mio capo. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia Vita (Sal 22,5-6).

 

281

Venerdì

 

Dalla “Vita in Cristo” di Nicola Cabàsilas.

Lib.II, capIV.Lib.I,capII. PG 150,540.500.

 

Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto: venite alle nozze! (Mt 22,4). Questo solo manca alla festa: che accorrano gli invitati: una volta venuti, di che avranno ancora bisogno per la loro felicità? Più di nulla ormai. Nel secolo futuro andremo incontro a Cristo già pronti: però ora ci prepariamo andandogli incontro. Allora dovremo presentarci a lui avendo tutto, nel tempo presente invece è necessario andare a lui per ricevere tutto.

Allora le vergini stolte non potranno entrare nella stanza nuziale, ma nel secolo presente gli stolti sono invitati al convito e alla coppa dell’amore. Allora non sarà più possibile che un morto ritorni alla vita, un cieco riabbia la vista, un corpo corrotto sia plasmato di nuovo. Mentre ora, occorre soltanto volontà e ardore di desiderio e tutto il resto viene di conseguenza.

Sono venuto nel mondo, dice nostro Signore, perché abbiano la vita (Gv 10,10). E sta anche scritto: La luce è venuta nel mondo (Gv 3,19) Infatti il Salvatore genera, fa crescere, nutre, è luce, respiro, per sé plasma nei santi lo sguardo, lo illumina per mezzo di sé e infine offre sé stesso alla loro visione. Insieme nutre ed è il nutrimento; è lui che porge il pane della vita e ciò che porge è sé stesso: la vita dei viventi, il profumo di chi respira, la veste di chi vuole indossarla.

 

282

Sabato

 

Parafrasi di Simeone Metafrasto ai Discorsi di Macario l’egiziano.

Nn.67-68. FG 3°,302.

 

L’inesprimibile e inconcepibile bontà di Cristo si fa piccola e si riveste di un corpo e abbracciandole si congiunge con le anime che le sono fedeli e amiche. Diviene un solo spirito con esse (cf 1Cor 6,17), secondo la parola di Paolo, anima ad anima , per così dire, ipostasi ad ipostasi, così che a un’anima tale è possibile vivere nella divinità di lui, raggiungere una vita immortale e deliziarsi di un piacere incorruttibile e di una gloria indicibile.

Il Signore quando vuole, diviene per una tale anima fuoco che brucia tutto ciò che di lei è ignobile e le è estraneo, come dice anche il Profeta: Il nostro Dio è fuoco divorante (cf Dt 4,24). Altra volta diviene riposo ineffabile e indicibile, e un’altra, gioia e pace che la riscalda e l’avvolge. Solo, bisogna disporsi con sollecitudine ad amarlo e farsi a buoni costumi e allora, avendo toccato beni indicibili, si vedranno, facendone anche l’esperienza e avendone. la percezione, cose che occhio non vide e orecchio non udì e non salirono in cuore di uomo (cf 1Cor 2,9), quante ne diviene in loro lo Spirito del Signore: riposo, esultanza, delizia e vita dell’anima che si è mostrata degna di lui. Si riveste di un corpo, infatti, per divenire cibo spirituale, e veste e bellezze inesprimibili, e per riempire di allegrezza spirituale. E’ detto infatti: Io sono il pane della vita (Gv 6,35).

 

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