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Letture della preghiera notturna dei certosini

 Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Diciottesima Settimana

 

 

VANGELO (Lc 10,23-37)

Chi è il mio prossimo?

 

+ Dal Vangelo secondo Luca

E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l’udirono».

In quel tempo, un dottore della legge si alzò per mettere alla prova Gesù: “Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso”. E Gesù: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio prossimo?”.

Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte.

Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”.

Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”.

 

Carità effettiva

 

 

L’autentica misericordia (235) e l’autentica carità fraterna, (236) che non esclude nessuno dal nostro cuore (237), manifestano il primato dell’amore (238). E’ lo Spirito Santo ad insegnarci l’arte di amare (239): non porre misure al nostro amore! (240)

 

235

Lunedì

 

Dagli scritti di Youssef Bousnaya.

Evangile au désert, Le Cerf, 1965, pp.244-246.

Figlio mio, sii misericordioso e diffondi benevolenza su tutti, affinché tu possa elevarti al grado della divinità; in questo senso, l’uomo misericordioso è un altro dio sulla terra. Attento, però, a non lasciarti sedurre da questo pensiero che potrebbe allettarti: E’ meglio che io sia misericordioso con colui che aderisce alla fede, piuttosto che con colui che ci è estraneo. Questo non è affatto la misericordia perfetta che imita Dio, il quale effonde i suoi benefici su tutti, senza discriminazione alcuna: egli fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti (Mt 5,45).

Non dire dunque: Non ho nulla da dare ai poveri: né devi affliggerti nel tuo intimo di non poter essere per questo motivo, misericordioso. Se hai qualcosa, dà ciò che hai. Se non hai nulla, dà ugualmente, non foss’altro che un tozzo di pane secco, con intenzione veramente misericordiosa: ciò sarà considerato dinanzi a Dio come la misericordia perfetta. Nostro Signore non ha lodato chi gettava nella cassa delle oblazioni molte monete. Ha invece lodato la vedova che vi aveva messo due monetine tolte alla sua indigenza, con retta intenzione, per gettarle nel tesoro di Dio (cf Mc 12,38-44).

L’uomo che sente in cuore pietà per i suoi simili, è reputato misericordioso davanti a Dio. Una retta intenzione senza conseguenze visibili vale molto di più di molte opere manifeste, prive di retta intenzione. Dunque, l’uomo può essere misericordioso e giungere ad avere misericordia anche senza possedere nulla: egli è allora misericordioso nel pensiero.

Dio è amore (1Gv 4,8): l’amore è la sua stessa essenza. E’ stato l’amore per noi che ha indotto il Creatore a crearci. L’uomo che possiede la carità, è veramente Dio in mezzo agli uomini

236

Martedì

 

Dalle “Omelie” attribuite a Macario l’egiziano.

Hom III,2-3. PGL 19,1178-1179.

I fratelli devono stare insieme nell’amore e nella gioia, qualunque cosa facciano. Nei confronti di chi prega colui che lavora dica cosi: Il tesoro che si procura il mio fratello lo posseggo anch’io, perché è in comune. Rispetto a chi legge, colui che prega dica così: Il vantaggio che ricava lui dalla lettura, torna a guadagno mio. E chi lavora a sua volta dica così: Il servizio che compio è vantaggio comune. Chi prega non giudichi chi lavora, dicendo: Perché non prega? Chi lavora non giudichi chi prega, dicendo: Quello sta fermo e io fatico. Chi compie un servizio non giudichi l’altro, ma ciascuno, qualunque cosa faccia, la compia a gloria di Dio. Chi legge nutrirà amore e gioia per chi prega, pensando: Sta pregando per me. E chi prega penserà a chi si affatica così: Quello che fa, lo compie per l’utilità comune.

Così una grande concordia, una grande armonia potranno conservare i fratelli reciprocamente nel vincolo della pace e potranno vivere insieme in sincerità e semplicità, sotto lo sguardo compiaciuto di Dio.

Però è palese che più importante di tutto è perseverare nella preghiera. Una sola cosa tuttavia è richiesta: avere nell’anima quel tesoro e nella mente quella vita che è il Signore; sia che lavoriamo, sia che preghiamo o leggiamo, si abbia quel possesso che non passa mai, cioè lo Spirito Santo.

 

237

Mercoledì

 

Dalle “Centurie sulla carità” di san Massimo il confessore.

IV, 82ss.. S Ch 9, 170ss.

 

Fa’ il possibile per amare ogni uomo. Se non sei ancora capace, perlomeno non odiare nessuno. Ma neanche di questo sarai capace se non avrai raggiunto il distacco dalle cose del mondo.  Bisogna  amare ogni uomo con tutta l’anima, però sperando solo in Dio e onorandolo con tutto il cuore.

Gli amici di Cristo non sono amati da tutti gli uomini, però essi li amano sinceramente tutti. Gli amici del mondo perseverano solo finché non si trovano in disaccordo sulle cose del mondo.

Un amico fedele è un protettore efficace. Nel successo ti dà buoni consigli e ti mostra concretamente la sua simpatia. Nella sventura ti difende generosamente ed è un alleato partecipe in profondità.

Sull’amore hanno parlato molti e molto. Ma se lo cerchi, lo troverai solo nei discepoli di Cristo: essi soli hanno come maestro di amore l’Amore vero. E’ l’Amore a proposito del quale sta scritto: Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutto la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla (1Cor 13,2).

Chi ha l’amore ha Dio, perché Dio è amore.

 

238

Giovedì

 

Dai “Detti” dei padri del deserto.

Nau 365.353.358. Rusconi, p.167. Mortari,1972,pp.316.317.

 

Un fratello fece visita a un anziano dotato di discernimento degli spiriti e lo supplicò dicendo: Prega per me, Abba, perché sono debole. E l’anziano così gli rispose: Un Padre disse una volta che chi prende dell’olio nel cavo della mano per massaggiarne un malato beneficia per primo dell’unzione dell’olio fatta dalla sua mano. Così colui che prega per un fratello in pena, ancora prima che questi ne profitti, ha la sua parte di profitto lui stesso, per l’intenzione della carità. Preghiamo dunque gli uni per gli altri, al fine di essere guariti, poiché Dio ce lo ha comandato (cf Gc 5,16).

Un anziano diceva: Non ho mai desiderato una cosa che mi fosse utile e comportasse un danno per il mio fratello, perché spero che il guadagno del fratello sia per me un vantaggio.

Uno dei padri andò in città a vendere il suo lavoro e, vedendo un povero nudo, fu mosso a compassione e gli regalò la sua tunica. Il povero andò a venderla. Saputo ciò che aveva fatto l’anziano si rattristò e si pentì di avergli dato il vestito. Ma quella notte apparve in sogno all’anziano Cristo che indossava la sua tunica e gli disse : Non rattristarti, ecco che io porto ciò che tu mi hai dato.

 

239

Venerdì

 

Dai “Sette gradi dell’amore spirituale” di Giovanni Ruusbroec.

Oeuvres, Bruxelles,1922,T.I,pp.248-249.

 

Il nostro Padre celeste fin dall’eternità ci ha chiamati e prescelti nel suo Figlio diletto; con la sua mano amorosa ha scritto i nostri nomi sul libro vivente dell’eterna Sapienza: noi quindi dobbiamo corrispondere al suo amore con tutte le nostre forze, con un rispetto e una venerazione infinita. Proprio così cominciano tutti i canti degli angeli e degli uomini, i canti che non avranno mai fine. La prima melodia del canto celeste è l’amore verso Dio e verso il prossimo; per insegnarcela Dio Padre ha mandato a noi suo Figlio. Chi non conosce questa melodia non può entrare nel coro celeste, perchè non solo non la conosce, ma non ne gusta la bellezza; sarà quindi escluso in eterno dalle schiere del cielo.

Cristo, nostro cantore e maestro di coro, ha cantato fin dal principio e intonerà per noi eternamente il cantico della fedeltà e dell’amore. Anche noi, con tutte le forze, canteremo dopo di lui, sia quaggiù sia nel coro della gloria di Dio.

Il canto comune che tutti dobbiamo conoscere per far parte del coro degli angeli e dei santi nel regno di Dio è dunque l’amore vero e senza finzioni. L’amore infatti è la radice e la causa di tutte le virtù nell’intimo del cuore; e all’esterno è la veste capace di ornare le nostre opere buone.

L’amore vive di sé stesso, è ricompensa a sé stesso. In quel che fa non può ingannarsi, perché nell’esercizio della carità fummo preceduti e superati da Cristo. Egli ci ha insegnato l’amore e visse nell’amore, lui e tutti i suoi. Imitiamolo, se vogliamo essere beati con lui e possedere la salvezza.

Questa prima melodia del canto celeste è insegnata dalla Sapienza di Dio, per la mediazione dello Spirito Santo, a tutti i discepoli che le obbediscono.

 

240

Sabato

 

Dal “Canto d’amore” di Riccardo Rolle.

N.50. S Ch 169,183-187.

 

Fratelli, non mettete misure al vostro amore di Dio, Non è un vero amante chi fissa un limite al suo amore per Dio. L’amore riporti sempre vittoria, aumenti in un crescendo senza tregua, e per. tutta ìa vita, tenda verso cime più alte.

Non pensate di aver mai raggiunto la vetta. Non potrete mai amare Dio come egli lo merita; per grande che sia il vostro sentimento, troverete in cielo chi vi sarà maestro in amore.

Resta perciò chiaro che se il precetto di amare le creature ha una misura, essa consiste nel non poter eguagliare la creatura al Creatore. Invece il comandamento di amare Dio esclude ogni misurazione. Dunque in ogni dove, senza tregua, in ogni occasione, sempre e totalmente, Cristo va amato. Il nostro amore per Dio sarà ardente, vivo, avvampante, impetuoso, invincibile, indissolubile, esclusivo; attirerà a sé tutto l’essere, lo trasferirà completamente in sé, assoggettandolo del tutto al suo servizio.

Quando poi l’amore è corredato di delizie, diventa audace e niente lo frena. Si salda all’Amato, languisce incessantemente d’amore, sdegna quanto non è capace di condurlo ad amare. Reputa che senza amore nulla riesce, e con lui nessun tormento fa paura.

 

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