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Letture della preghiera notturna dei certosini

 Anno C

 

Tempo Ordinario

 

Sedicesima  Settimana

 

 

VANGELO (Lc 19,41-44)

Se avessi compreso la via della pace!

 

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.

Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.

In quel tempo, Gesù entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori, dicendo: “Sta scritto: ‘‘La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!’’”.

Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.

 

La visita del Signore

Urge star svegli attendendo il Signore che viene a visitarci (217, 218), soprattutto mediante la preghiera e il cuore umile (219). Questo ci condurrà a far l’esperienza del va e vieni di Dio (220). Infatti Dio si compiace di visitare le solitudini del deserto (221) e dimorare nel nostro cuore (222).

 

(217)

Lunedì

 

Dal “Commento al Cantico dei cantici” di san Bernardo.

Serm.57,1.3. PL 183,1050.1051.

 

Lo Sposo viene, accelera il passo, si avvicina, è presente, guarda, parla, e nulla di questi vari momenti sfugge all’attenzione della sposa; nulla che non sia subito conosciuto da lei. Il Signore viene negli angeli, si affretta nei patriarchi, si avvicina nei profeti, è presente nella carne, guarda nei miracoli, parla negli apostoli.

Oppure così: viene con l’affetto e la volontà di usare misericordia, si affretta con lo zelo nel portare soccorso, si avvicina umiliandosi, è presente per quelli che lo circondano. Egli guarda le generazioni future e parla del regno di Dio.

Così dunque viene lo Sposo. Con lui sono i ricchi benefici della salvezza; tutto quel che lo riguarda è delizioso, stracolmo di giocondi e salutari misteri.

Ora, colei che ama, veglia e tiene gli occhi spalancati. Beata lei che il Signore avrà trovato desta ad aspettarlo! Non passerà oltre, ma si fermerà e le parlerà, dira parole d’amore, parole di innamorato. Ché il Diletto viene a par.lare d’amore, non a rimproverare .

Alzati, amica mia, mia bella, e vieni ! (Ct 2,10). Felice la coscienza che merita di sentirsi chiamare così. Chi c’è, tra noi così vigilante e desto a osservare l’istante in cui Dio lo visita? Chi scruta ogni andare e venire dello Sposo, con la prontezza sufficiente per essere pronto ad aprirgli all’istante che busserà alla porta? Infatti il testo del Cantico or ora citato non è riferito alla Chiesa in modo che ognuno di noi, che insieme formiamo la Chiesa, non partecipi di queste sue benedizioni. Tutti quanti e senza differenze siamo invitati a possedere come eredità le grazie divine.

 

218

Martedì

 

Dalle “Omelie” attribuite a Macario l’egiziano.

Hom.16,5,3. 6,1. S Ch 275,201.

Prima che in ogni anima agisca la grazia e porti i frutti dello Spirito, il Signore cerca in noi un frutto che appartiene in proprio solo alla nostra libertà; si tratta del nostro volere, della nostra libera decisione, della fede e carità intera che dobbiamo consegnare a lui. Il Signore cerca anzitutto la prontezza alle buone opere, interne ed esterne, per quanto sta in noi. Ecco ciò che egli si aspetta dall’uomo insieme col tendere incessante verso di lui. Quando egli vede questa buona volontà nell’ànima, allora le concede la sua grazia e viene ad abitare in lei; allora le concede il favore di portare i frutti dello Spirito Santo.

Il Signore fa il giro di ogni cuore, vi cerca frutti per entrare e riposarsi. Difatti egli è morto per tutti e la razza di Adamo è stata redenta dalla sua morte. Perciò ogni anima è debitrice verso di lui: deve morire a sé stessa e vivere per Dio: riceverlo, preparargli e apprestargli come dimora sé stessa e il proprio corpo.

Così il Signore potrà entrare e trovar riposo nei buoni costumi della nostra volontà. Nutrito, dissetato, rivestito e confortato dalle virtù del nostro cuore, ci dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno (Mt 25,34-35).

Occorre perciò che una simile attesa ci urga dentro il cuore insieme con la speranza della venuta del Signore a riposarsi in noi. O per dir meglio, si tratta del nostro riposo nel Signore.

 

219

Mercoledì

 

Dai “Discorsi ascetici” di Isacco di Ninive.

Disc.5. Op.cit.,84.86.

 

Non scordarti di Dio, riempiendoti di boria per cose vane, affinché egli non si dimentichi di te quando sarai nella mischia della lotta interiore. Pregalo senza requie nel tuo cuore; siigli docile quando sei nel tempo della fioritura, perché egli si apra alla tua supplica quando l’afflizione graverà su di te. Non smettere di purificarti davanti al Signore e conserva sempre il suo ricordo in cuore, per tema che dopo esserti attardato lontano dal suo ricordo, tu non possa entrare quando andrai da Lui. Il rapporto fiducioso che ci getta in Dio viene dallo scambio continuo con lui e dalla preghiera frequente. Il rapporto e la vita con gli uomini mantengono il corpo. Ma il rapporto con Dio sostiene la memoria del cuore, l’attenzione orante e il sacrificio di sé. Quando osservi le vie del Signore e compi la sua volontà, allora spera in lui, invocalo. Quando sarai chiamato, egli ti dirà: Ecco, sono qui. Prima che la raffica della sofferenza piombi sopra di te, pregalo.

In mezzo alle disgrazie troverai Dio. Scendi più in giù di te stesso e vedrai in te la gloria di Dio. Infatti dove germoglia l’umiltà, là si effonde la gloria di Dio.

 

220

Giovedì

 

Dai “Discorsi sul Cantico dei Cantici” di Giovanni di Ford.

Serm.43,7.9. CC Med. XVII-XVIII,311-312.

 

Dopo lunga attesa, il Signore visita l’anima mia peccatrice e le dona ben più di quanto essa aveva sperato. Della carità del Padre che gli fece amare il mondo fino a dare il suo Unigenito, egli si degna rivelarle segreti ineffabili, in un mormorio secondo le ricchezze della sua grazia. E la dolcezza recondita  di tale rivelazione è ineffabile.

Perciò me ne sto lì, afferrato da tale esperienza e avvertendo da dove questa volta il mio Signore Dio è venuto e ciò ch’egli sussurra al mio orecchio, vedo, soppeso - se è lecito ad un peccatore parlare così – ch’egli è scivolato in me fin dal seno del Padre. Sì, ed egli mi parla del Padre suo, mi racconta tutto quello che vi è in quell’ abisso divino.

Allora, siccome dopo tale benedizione, egli non consente a dimorare a lungo con me, e giacché mi manca la forza per trattenere lui che se ne va, o richiamarlo quando già è sparito, cosciente della mia indegnità, mi dichiaro vinto. Abbandono colui che si affretta non so dove e ripiombando nelle mie precedenti amarezze, ritorno a quanto avevo prima, ossia alla mia povertà.

 

221

Venerdì

 

Dalle “Lettere” di sant’Eucherio.

N.1ss. PL 50,7.

Io chiamerei a buon diritto il deserto un tempio del nostro Dio, non limitato da mura. Dobbiamo crederlo: colui che certamente abita nel silenzio, ama il segreto. Spesso egli si è mostrato in quel luogo ai suoi santi e, quasi invitato all’eremo, non disdegnò di intrattenersi con gli uomini. Già Mosè nel deserto ha visto Dio e il suo volto è diventato splendente; nel deserto Elia si velò il volto, tremando al pensiero di vedere Dio. E sebbene Dio sia presente a tutte le cose, perché a lui appartengono, e non si assenta da nessun luogo, tuttavia egli si degna di visitare in modo particolare il deserto, mistero del cielo.

Là io ho visto, o Gesù buono, gruppi di santi e le loro assemblee: nulla bramano, nulla desiderano se non colui che bramano unicamente. Aspirano ad avere libero tutto il tempo per dedicarlo alle lodi di Dio? Lo hanno. Desiderano godere la compagnia dei santi? La godono. Bramano il possesso di Cristo? Possiedono Cristo. Desiderano raggiungere la pienezza della vita eremitica? La raggiungono nel cuore. In tal modo, per somma grazia di Cristo, meritano di godere nel tempo molte delle cose che attendono nella vita futura. Già possiedono la realtà che sperano. Anche durante la stessa fatica hanno un non piccolo premio, perché nell’opera loro è già quasi presente l’essenza del premio stesso.

 

222

Sabato

 

Dal “Commento al Cantico dei Cantici”di Guglielmo di san Teodorico.

 Nn.152-153. PL 180,528-529.

 

Lo Sposo venendo alla sposa, si avvicina sempre di più; non è ancora il faccia a faccia, tuttavia, egli s’insinua in lei con immagini sempre più vicine al modello. E talvolta si offre a lei con certi tocchi amorosi che risentono della forza e della bontà divina, tal’altra con l’efficace intermediario della sua umanità.

Infatti, come una volta venendo in questo mondo, il Figlio dell’uomo portò alla Chiesa sua sposa in pegno d’amore il sacramento della sua umanità, che aveva rivestito, così all’anima fedele ispira più efficacemente il ricordo costante di questa medesima grazia per stimolarla alla carità.

Mediante queste manifestazioni divine, lo Sposo nutre la sposa quando è affamata, la riconforta se è afflitta; poiché solo il volto dello Sposo la può colmare di gioia. E non sempre viene di passaggio, ma talvolta si avvicina e si ferma, accordando alla sposa un piccolo aumento di gioia, quando con bontà si dona a lei; allora, con una grazia più abbondante, consola l’ansietà del suo desiderio, la stanchezza dovuta alla sua tensione, la tenerezza del suo amore.

 

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