Letture della preghiera notturna dei certosini |
Tempo Ordinario
Sedicesima Settimana
Se
avessi compreso la via della pace! +
Dal Vangelo secondo Luca In
quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città
pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo
giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. In
quel tempo, Gesù entrato nel tempio, cominciò a scacciare i venditori,
dicendo: “Sta scritto: ‘‘La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi
ne avete fatto una spelonca di ladri!’’”. Ogni
giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di
farlo perire e così anche i notabili del popolo; ma non sapevano come
fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole. La visita del Signore Urge star svegli attendendo il Signore che viene a visitarci (217, 218), soprattutto mediante la preghiera e il cuore umile (219). Questo ci condurrà a far l’esperienza del va e vieni di Dio (220). Infatti Dio si compiace di visitare le solitudini del deserto (221) e dimorare nel nostro cuore (222).
(217) Lunedì
Dal “Commento al Cantico dei cantici” di san Bernardo. Serm.57,1.3. PL 183,1050.1051.
Lo
Sposo viene, accelera il passo, si avvicina, è presente, guarda, parla, e
nulla di questi vari momenti sfugge all’attenzione della sposa; nulla
che non sia subito conosciuto da lei. Il Signore viene negli angeli, si
affretta nei patriarchi, si avvicina nei profeti, è presente nella carne,
guarda nei miracoli, parla negli apostoli. Oppure
così: viene con l’affetto e la volontà di usare misericordia, si
affretta con lo zelo nel portare soccorso, si avvicina umiliandosi, è
presente per quelli che lo circondano. Egli guarda le generazioni future e
parla del regno di Dio. Così
dunque viene lo Sposo. Con lui sono i ricchi benefici della salvezza;
tutto quel che lo riguarda è delizioso, stracolmo di giocondi e salutari
misteri. Ora,
colei che ama, veglia e tiene gli occhi spalancati. Beata lei che il
Signore avrà trovato desta ad aspettarlo! Non passerà oltre, ma si
fermerà e le parlerà, dira parole d’amore, parole di innamorato. Ché
il Diletto viene a par.lare d’amore, non a rimproverare . Alzati,
amica mia, mia bella, e vieni ! (Ct 2,10). Felice la coscienza che
merita di sentirsi chiamare così. Chi c’è, tra noi così vigilante e
desto a osservare l’istante in cui Dio lo visita? Chi scruta ogni andare
e venire dello Sposo, con la prontezza sufficiente per essere pronto ad
aprirgli all’istante che busserà alla porta? Infatti il testo del
Cantico or ora citato non è riferito alla Chiesa in modo che ognuno di
noi, che insieme formiamo la Chiesa, non partecipi di queste sue
benedizioni. Tutti quanti e senza differenze siamo invitati a possedere
come eredità le grazie divine.
218 Martedì
Dalle “Omelie” attribuite a Macario l’egiziano. Hom.16,5,3. 6,1. S Ch 275,201. Prima
che in ogni anima agisca la grazia e porti i frutti dello Spirito, il
Signore cerca in noi un frutto che appartiene in proprio solo alla nostra
libertà; si tratta del nostro volere, della nostra libera decisione,
della fede e carità intera che dobbiamo consegnare a lui. Il Signore
cerca anzitutto la prontezza alle buone opere, interne ed esterne, per
quanto sta in noi. Ecco ciò che egli si aspetta dall’uomo insieme col
tendere incessante verso di lui. Quando egli vede questa buona volontà
nell’ànima, allora le concede la sua grazia e viene ad abitare in lei;
allora le concede il favore di portare i frutti dello Spirito Santo. Il
Signore fa il giro di ogni cuore, vi cerca frutti per entrare e riposarsi.
Difatti egli è morto per tutti e la razza di Adamo è stata redenta dalla
sua morte. Perciò ogni anima è debitrice verso di lui: deve morire a sé
stessa e vivere per Dio: riceverlo, preparargli e apprestargli come dimora
sé stessa e il proprio corpo. Così
il Signore potrà entrare e trovar riposo nei buoni costumi della nostra
volontà. Nutrito, dissetato, rivestito e confortato dalle virtù del
nostro cuore, ci dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in
eredità il Regno (Mt 25,34-35). Occorre
perciò che una simile attesa ci urga dentro il cuore insieme con la
speranza della venuta del Signore a riposarsi in noi. O per dir meglio, si
tratta del nostro riposo nel Signore.
219 Mercoledì
Dai “Discorsi ascetici” di Isacco di Ninive. Disc.5. Op.cit.,84.86.
Non
scordarti di Dio, riempiendoti di boria per cose vane, affinché egli non
si dimentichi di te quando sarai nella mischia della lotta interiore.
Pregalo senza requie nel tuo cuore; siigli docile quando sei nel tempo
della fioritura, perché egli si apra alla tua supplica quando
l’afflizione graverà su di te. Non smettere di purificarti davanti al
Signore e conserva sempre il suo ricordo in cuore, per tema che dopo
esserti attardato lontano dal suo ricordo, tu non possa entrare quando
andrai da Lui. Il rapporto fiducioso che ci getta in Dio viene dallo
scambio continuo con lui e dalla preghiera frequente. Il rapporto e la
vita con gli uomini mantengono il corpo. Ma il rapporto con Dio sostiene
la memoria del cuore, l’attenzione orante e il sacrificio di sé. Quando
osservi le vie del Signore e compi la sua volontà, allora spera in lui,
invocalo. Quando sarai chiamato, egli ti dirà: Ecco, sono qui. Prima che
la raffica della sofferenza piombi sopra di te, pregalo. In
mezzo alle disgrazie troverai Dio. Scendi più in giù di te stesso e
vedrai in te la gloria di Dio. Infatti dove germoglia l’umiltà, là si
effonde la gloria di Dio.
220 Giovedì
Dai “Discorsi sul Cantico dei Cantici” di Giovanni di Ford. Serm.43,7.9. CC Med. XVII-XVIII,311-312.
Dopo
lunga attesa, il Signore visita l’anima mia peccatrice e le dona ben più
di quanto essa aveva sperato. Della carità del Padre che gli fece amare
il mondo fino a dare il suo Unigenito, egli si degna rivelarle segreti
ineffabili, in un mormorio secondo le ricchezze della sua grazia. E la
dolcezza recondita di tale
rivelazione è ineffabile. Perciò
me ne sto lì, afferrato da tale esperienza e avvertendo da dove questa
volta il mio Signore Dio è venuto e ciò ch’egli sussurra al mio
orecchio, vedo, soppeso - se è lecito ad un peccatore parlare così –
ch’egli è scivolato in me fin dal seno del Padre. Sì, ed egli mi parla
del Padre suo, mi racconta tutto quello che vi è in quell’ abisso
divino. Allora,
siccome dopo tale benedizione, egli non consente a dimorare a lungo con
me, e giacché mi manca la forza per trattenere lui che se ne va, o
richiamarlo quando già è sparito, cosciente della mia indegnità, mi
dichiaro vinto. Abbandono colui che si affretta non so dove e ripiombando
nelle mie precedenti amarezze, ritorno a quanto avevo prima, ossia alla
mia povertà.
221 Venerdì
Dalle “Lettere” di sant’Eucherio. N.1ss. PL 50,7. Io
chiamerei a buon diritto il deserto un tempio del nostro Dio, non limitato
da mura. Dobbiamo crederlo: colui che certamente abita nel silenzio, ama
il segreto. Spesso egli si è mostrato in quel luogo ai suoi santi e,
quasi invitato all’eremo, non disdegnò di intrattenersi con gli uomini.
Già Mosè nel deserto ha visto Dio e il suo volto è diventato
splendente; nel deserto Elia si velò il volto, tremando al pensiero di
vedere Dio. E sebbene Dio sia presente a tutte le cose, perché a lui
appartengono, e non si assenta da nessun luogo, tuttavia egli si degna di
visitare in modo particolare il deserto, mistero del cielo. Là
io ho visto, o Gesù buono, gruppi di santi e le loro assemblee: nulla
bramano, nulla desiderano se non colui che bramano unicamente. Aspirano ad
avere libero tutto il tempo per dedicarlo alle lodi di Dio? Lo hanno.
Desiderano godere la compagnia dei santi? La godono. Bramano il possesso
di Cristo? Possiedono Cristo. Desiderano raggiungere la pienezza della
vita eremitica? La raggiungono nel cuore. In tal modo, per somma grazia di
Cristo, meritano di godere nel tempo molte delle cose che attendono nella
vita futura. Già possiedono la realtà che sperano. Anche durante la
stessa fatica hanno un non piccolo premio, perché nell’opera loro è già
quasi presente l’essenza del premio stesso.
222 Sabato
Dal “Commento al Cantico dei Cantici”di Guglielmo di san Teodorico. Nn.152-153. PL 180,528-529.
Lo
Sposo venendo alla sposa, si avvicina sempre di più; non è ancora il
faccia a faccia, tuttavia, egli s’insinua in lei con immagini sempre più
vicine al modello. E talvolta si offre a lei con certi tocchi amorosi che
risentono della forza e della bontà divina, tal’altra con l’efficace
intermediario della sua umanità. Infatti,
come una volta venendo in questo mondo, il Figlio dell’uomo portò alla
Chiesa sua sposa in pegno d’amore il sacramento della sua umanità, che
aveva rivestito, così all’anima fedele ispira più efficacemente il
ricordo costante di questa medesima grazia per stimolarla alla carità. Mediante queste manifestazioni divine, lo Sposo nutre la sposa quando è affamata, la riconforta se è afflitta; poiché solo il volto dello Sposo la può colmare di gioia. E non sempre viene di passaggio, ma talvolta si avvicina e si ferma, accordando alla sposa un piccolo aumento di gioia, quando con bontà si dona a lei; allora, con una grazia più abbondante, consola l’ansietà del suo desiderio, la stanchezza dovuta alla sua tensione, la tenerezza del suo amore.
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