Le tappe dell'iniziazione 

 

 

Le tappe seguenti riguardano tanto i monaci del chiostro che i fratelli conversi; essendoci minime differenze che qui non vale la pena considerare.  

Postulato  

L'aspirante che presenta disposizioni sufficienti è ammesso a cominciare la sua vita certosina come postulante. Una piccola celebrazione di accoglienza, all'interno del noviziato, apre questa prima tappa: con il segno evangelico della lavanda dei piedi e la consegna di un mantello nero, che verrà portato nei momenti comunitari solenni sugli abiti secolari.

Il postulante segue l'insieme degli esercizi che la regola prescrive a tutti i monaci. Questo è un dato molto positivo; infatti presso i religiosi di vita apostolica in genere il noviziato non può somigliare esattamente all'esistenza che si condurrà in seguito, mentre presso i certosini, dopo un certo tempo passato in cella, il postulante avrà fatto esperienza dell'osservanza che sarà fondamentalmente quella di tutta la sua vita.  

Presa dell'abito e noviziato  

Dopo un tempo di prova compreso tra i tre mesi e un anno, il postulante può essere ammesso come novizio.

Egli si presenta dapprima davanti alla comunità per rispondere ad alcune domande postegli dal priore; quindi si ritira e il vicario e il maestro dei novizi fanno un rapporto su di lui a cui segue un momento deliberativo della comunità. Dopo qualche giorno di riflessione i monaci si riuniscono di nuovo e si pronunciano con scrutinio segreto.

Il postulante che viene ammesso, si presenta una seconda volta davanti alla comunità riunita in capitolo, e il priore gli espone il genere di vita che desidera abbracciare. Se il postulante conferma il suo proposito, il priore lo accoglie ufficialmente e tutti scambiano con lui il segno della pace.

Lo stesso giorno il novizio riveste l'abito certosino in privato e si fa rasare interamente la testa in segno di consacrazione al Signore. Poi si reca in chiesa dove si prostra in preghiera, ed in preghiera il priore e la comunità tutta gli si fanno intorno e lo accompagnano conducendolo nella sua cella.

Da questo momento in poi il novizio resta affidato alla cura del maestro dei novizi, che lo seguirà nei primi cinque anni del suo cammino di formazione.

L'iniziazione monastica riguarda la persona in tutte le sue dimensioni: fisica, affettiva, intellettuale, morale, spirituale. Il periodo del noviziato è un'opera di grande respiro, che nei primi essenziali ed importanti anni segna il novizio per tutta la sua vita monastica, introducendolo pienamente nella comunità, per formarlo innanzitutto ad una vita di preghiera radicata in una fede profonda e nutrita dalla parola di Dio. Da parte sua la comunità con la sua vita e il suo esempio gioca in questo cammino un ruolo per niente secondario.

Questa iniziazione vien fatta progressivamente. Durante i due anni del noviziato propriamente detto, l'aspirante certosino è formato all'osservanza concreta, alla preghiera e alla liturgia; egli studia anche gli Statuti dell'Ordine. A partire poi dal secondo anno incomincia gli studi destinati a perfezionare la sua conoscenza dei misteri della fede cristiana.

Alla fine di questi due anni di noviziato, è possibile giudicare l'attitudine del candidato dal modo in cui avrà vissuto questo tempo di adattamento. Per cui potrà prepararsi a emettere i voti monastici, oppure decidere di non procedere oltre. E anche in quest'ultimo caso spesso si apprezza la ricchezza comunque ricevuta in questo tempo a livello personale per la propria vita.  

Professione temporanea e suo rinnovo  

Il monaco che desidera essere ammesso alla professione esprime la sua richiesta nel capitolo alla presenza di tutta la comunità. I monaci deliberano poi su questa domanda e dopo qualche giorno votano.

A meno che non ci siano motivi gravi, il novizio viene ammesso alla professione. Da lui non si richiede che abbia raggiunto un grado notevole di perfezione umana e religiosa, ma è sufficiente che l'evoluzione avvenuta nei due anni di noviziato sia positiva. Il novizio consacra allora più giorni ad un ritiro per prepararsi spiritualmente e fare della sua professione un vero atto di fede, d'amore e di libertà, con il quale si impegna davanti al Signore, che lo ha chiamato per il suo nome.

La professione ha luogo nel giorno fissato durante la celebrazione eucaristica, all'inizio del rito di offertorio. I punti salienti del rito prevedono un momento in cui il novizio viene svestito del mantello nero e della cocolla, e rivestito con la cocolla da professo, e un momento in cui legge la formula di professione, scritta di proprio pugno, che consegna nelle mani del priore, che a sua volta la depone in offerta sull'altare. La formula di professione monastica pronunciata è questa: «Io, fra N., prometto... stabilità, obbedienza e conversione dei miei costumi davanti a Dio e ai suoi santi e alle reliquie di questo eremo, edificato ad onore di Dio, della Beata sempre Vergine Maria e di san Giovanni Battista, in presenza di dom N. priore».

I voti emessi per la professione temporanea hanno una durata di tre anni, durante i quali prosegue il cammino di formazione personale e di inserimento nella comunità, sviluppando in qualche modo l'impegno assunto con le parole della professione.

Al termine di questo periodo, il monaco rinnova la sua professione per la durata di due anni. Allo stesso tempo con questo passo ulteriore lascia il noviziato per passare questo periodo con i monaci di voti solenni. In tal modo il giovane professo potrà vivere in pieno la vita certosina e gli altri monaci potranno conoscerlo meglio per maturare il giudizio definitivo, che sarà loro richiesto per la professione solenne.  

Professione solenne

Dopo questi cinque anni di professione temporanea, ossia dopo poco più di sette anni di vita certosina, il monaco che desidera consacrarsi a Dio per sempre domanda di essere ammesso alla professione solenne. Se è accettato, pronuncia i voti perpetui nel corso della Messa conventuale, sempre all'inizio dell'offertorio. Il punto saliente del rito è ovviamente costituito dalla emissione della formula di professione, scritta sempre di proprio pugno su una pergamena; in questo caso però è il professo stesso che va a deporla in offerta sull'altare, ricevendo poi prostrato la benedizione del priore con un'antichissima formula.

Con questo passo il monaco è inserito definitivamente nella comunità e porta a compimento il suo desiderio di dono totale al Signore che lo ha chiamato nel deserto.

I monaci del Chiostro di voti solenni sono poi destinati, secondo un'antica consuetudine certosina, ad accedere agli ordini sacri del diaconato e del presbiterato. All'interno del cammino monastico appare ancora più evidente che il ricevere tali ordini non potrà mai essere motivo di onore personale, ma spazio nel cuore della Chiesa per vivere nella liturgia e in tutta la propria esistenza una più intima unione e offerta a Cristo, che «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti».  

L'abito  

L'abito certosino si compone di una tunica serrata da una cintura di cuoio bianca, e di un lungo scapolare fornito di un cappuccio, che presso i certosini ha conservato l'antico nome di cocolla. Le parti posteriore ed anteriore della cocolla sono unite tra loro da due bande laterali, che sono sempre state, presso i certosini, il segno della professione, che lega il monaco al servizio di Dio. Per di più, come scrisse il certosino Sutor, queste bande danno alla cocolla stessa una certa somiglianza con la croce di Gesù Cristo.

I novizi portano sulla veste bianca una cocolla senza bande, che non scende sotto le ginocchia; esattamente come l'antico mantello usato dai pastori del massiccio della Chartreuse, a cui si ispirò l'abito dei primi certosini. Per le funzioni conventuali il novizio porta una cappa nera con cappuccio, che ricopre completamente il suo abito; essa ricorda che egli non è ancora veramente monaco, ma che sta apprendendo i rudimenti che lo condurranno più tardi a ricevere con la professione il vero abito monastico: la cocolla lunga munita di bande.