In Calabria |
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Il Santo descrisse la natura del luogo ricevuto in dono in una lettera indirizzata a Rodolfo il Verde, uno dei due compagni che fecero insieme a lui, nel giardino di Adamo, il voto di consacrarsi alla vita monastica: «In territorio di Calabria, con dei fratelli religiosi, alcuni dei quali molto colti, che, in una perseverante vigilanza divina attendono il ritorno del loro Signore per aprirgli subito appena bussa, io abito in un eremo abbastanza lontano, da tutti i lati, dalle abitazioni degli uomini. Della sua amenità, del suo clima mite e sano, della pianura vasta e piacevole che si estende per lungo tratto tra i monti, con le sue verdeggianti praterie e i suoi floridi pascoli, che cosa potrei dirti in maniera adeguata? Chi descriverà in modo consono l'aspetto delle colline che dolcemente si vanno innalzando da tutte le parti, il recesso delle ombrose valli, con la piacevole ricchezza di fiumi, di ruscelli e di sorgenti? Né mancano orti irrigati, né alberi da frutto svariati e fertili». Bruno
ottenne il terreno mediante un atto steso a Mileto nel 1090. Arrivato nell'alta
valle del fiume Ancinale, nelle vicinanze di Spadola (unico abitato allora ivi
esistente), ne seguì il corso verso una sorgente che si perdeva in un dedalo di
piccole valli, di burroni e dirupi, dietro la radura di Santa Maria. Proprio in
questa radura, egli trovò «una buona fontana», che più tardi venne
opportunamente sistemata, nonché abbellita con un monumentino, di stile
barocco, su cui trovasi inciso l'anno «1190» in ricordo dell'antica sorgente.
Vicino alla stessa fontana vi era una piccola grotta e San Bruno si rallegrò
d'aver trovato il luogo ideale per una fondazione monastica. Egli cominciò,
quindi, ad organizzare i gruppi ed a fissare la loro rispettiva dimora: i padri,
nella conca e radura del bosco (Eremo di Santa Maria); i fratelli con i servizi
domestici a circa due chilometri di distanza, nel monastero di Santo Stefano,
destinato anche a ricevere coloro che non potevano seguire completamente le
regole del deserto. Più
tardi, quando il conte Ruggero gli assegnò il guardaboschi Mulè (con figli),
Bruno fece in modo che gli operai (parte dei quali sposati) si stabilissero a
qualche distanza dai monaci, perché questi fossero da loro nettamente separati.
Sorsero così le prime abitazioni che furono all'origine del paese di Serra. Si
era intorno all'anno 1094. A
quell'epoca era fiorente in Calabria il monachesimo italo-greco dei santi monaci
basiliani; e certamente questa terra era un paradiso per i monaci del Medioevo.
Senza legarsi ad essi, senza voler entrare nei loro gruppi, Bruno seguiva certe
loro austerità, secondo le tradizioni monastiche calabresi, che si trovano bene
illustrate nella documentazione dell'epoca. Così si spiega appunto che pregava
in una grotta, come tanti dei suoi predecessori nella vita monastica solitaria.
Le austerità di quel tempo imponevano d'altronde di lavarsi nelle acque dei
torrenti vicini anche se gelide, ciò che i monaci facevano con particolare
spirito di penitenza. Nacque
così certamente la tradizione plurisecolare di San Bruno penitente, assorto in
preghiera nell'acqua, che i serresi vollero immortalare convogliando le acque in
un cosiddetto «laghetto» e collocandovi dentro la statua di San Bruno
inginocchiato. Bruno,
riprendendo il genere di vita che aveva condotto in Francia, trascorse così,
nell'eremo di Santa Maria, nella vita contemplativa in solitudine, gli ultimi
dieci anni della sua esistenza. Avvenne
in questo periodo una memorabile visita, l'incontro di Bruno con Landuino, il
suo successore nel governo della comunità della Certosa francese, che
intraprese un lungo e faticoso viaggio per incontrarsi con il fondatore dei
certosini. I
due uomini di Dio, secondo la tradizione, si abbracciarono presso la Croce
Ferrata sulla strada da Soriano a Serra, con tanta carità ed effusione di
teneri sentimenti, come fa supporre la lettera di Bruno ai confratelli di
Certosa. In questo secondo periodo di vita monastica, Bruno è ormai diventato un monaco maturo per la vita eterna. Egli si trova ormai padre spirituale di due comunità che hanno recepito il suo spirito e hanno fatto tesoro della sua maturità spirituale, della sua unione con Dio, della sua esperienza degli uomini, della sua saggezza e della sua bontà paterna.
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