Giovinezza e vita nel secolo

 

 

 

Bruno nacque intorno all’anno 1030 a Colonia, in Germania, sembra da una famiglia nobile[1].  Da uno scritto a lui coevo pare, inoltre, che Bruno fosse canonico della collegiata di San Cuniberto, a Colonia. Ancora giovane andò a studiare alla scuola del Duomo di Reims, in Francia.

Vi rimase circa trent’anni e fin dal 1057 l’arcivescovo di quella città, Gervasio, gli affidò l’alta funzione di “scholasticus”, cioè la direzione della scuola cattedrale di cui era stato allievo. Il giovane maestro si trovò così a capo di un centro di cultura la cui fama era stata estesa in tutta l’Europa alla fine del secolo precedente da uno dei suoi predecessori, il celebre Gerberto, prima che diventasse papa col nome di Silvestro II. Bruno fu degno della carica assegnatagli, ed esercitò un influsso profondo fra i suoi discepoli, parecchi dei quali divennero celebri vescovi, abati, e uno di loro Papa: il Beato Urbano II.

Dopo la morte di Gervasio, un avventuriero di nome Manasse di Gournai, un prelato indegno per il suo comportamento assai mondano e per la sua insaziabile avidità, riuscì a farsi insediare sul seggio arcivescovile di Reims. Costui nominò Bruno cancelliere dell’arcivescovado nel 1075, forse allo scopo di guadagnarlo alla sua causa.

Reims era ormai diventata per lui il teatro delle sue prove. Infatti, egli si sentì in coscienza obbligato ad associarsi alla contestazione del prevosto contro la simonia dell’arcivescovo. Bruno non poté tacere e senza intimorirsi nella prospettiva delle rappresaglie che avrebbe dovuto subire, con due amici denunciò nel 1077 l’arcivescovo Manasse al Sinodo di Autun presieduto dal legato pontificio, Ugo di Die, secondo le forme previste dal diritto canonico.

In ogni modo, dopo varie decisioni tra loro contrastanti, Manasse fu definitivamente deposto nell’anno 1080.

In tutto questo periodo Bruno era rimasto all’opposizione, e già dall’anno 1076 aveva lasciato i suoi incarichi nella scuola del duomo e nella cancelleria. Nel frattempo Manasse l’aveva perseguitato, spogliandolo dei beni ed insidiandone la vita, tanto da costringerlo a cercare rifugio presso il conte Ebal de Roucy.


 

[1] Uno dei titoli funebri – brevi memorie scritte da suoi contemporanei in suo ricordo – parla di lui come di “uomo nobile” (Tit. 146), e un altro menziona la “stirpe” come uno dei doni che egli possedeva (Tit. 97).