Dal 1500 al 1826 

 

 

 

Agli inizi del 1500, verso l'anno 1505, avvenne un lietissimo evento, che fece rifiorire il convento di Santo Stefano e la località di Santa Maria, ossia il ritrovamento nella chiesa di S. Maria dei corpi di Bruno e del successore Lanuino, che erano stati sepolti in quella chiesa, ma dei quali, probabilmente a causa dell'amministrazione cistercense e della commenda, s'era perduta la memoria. Le Reliquie furono portate solennemente in processione, il martedì di Pentecoste, con grandissimo concorso di popolo, non solo dei serresi, ma anche di numerosi fedeli dei paesi vicini, processione continuata ogni anno da allora fino ad oggi.

   

In seguito a questi avvenimenti, il Papa Leone X, nel 1514, approvò il culto di San Bruno. Richiamò poi a Serra i certosini, i quali con stenti, ma anche con tenacia, energia e fervore ricominciarono a restaurare chiesa e convento e a ricostituire la comunità e il feudo. I beni alienati ritornarono ai loro legittimi proprietari, e la chiesa della Certosa era già completamente restaurata nel 1600, diventata una delle più belle della Calabria. Fu principalmente il priore D. Bertrand Chalup ( + 1619) che ricostruì completamente il monastero.

Per i lavori di restauro e anche in seguito furono chiamati celebri artisti da Napoli, dalle Fiandre, da Berlino e da varie parti d'Italia. La Certosa iniziò allora un'epoca segnata dallo splendore del culto e delle opere d'arte, dalla sollecitudine di ben governare i sudditi serresi e viciniori, di elevare il tenore di vita dei coloni e dei contadini della zona, promuovendo anche un fiorente artigianato, specie per la lavorazione della pietra locale di granito, del legno e del ferro, e soprattutto dalla cura di assistere i poveri, gli infermi e in genere i bisognosi.

 

In questo periodo succedettero nel governo della Certosa 58 Priori di cui 26 calabresi. Degli ultimi 20 Priori che governarono la Certosa dal 1660 al 1786, uno era di Palermo, due di Napoli, e ben 17 calabresi.

Purtroppo nel 1783 un terribile terremoto venne ad arrestare improvvisamente e tragicamente tutto quel fervore di opere. Il 7 febbraio, giorno di venerdì, verso le ore due del pomeriggio una violenta scossa del 9° grado della scala Mercalli, con epicentro a Soriano e dintorni, seminò il terrore in tutta la Calabria e cagionò rovine indescrivibili, mietendo in pochi istanti circa 40.000 vittime.

 

In Certosa non ci fu perdita di vite umane, ma degli edifici neppure uno rimase illeso; andò in rovina in un attimo il lavoro di secoli. E ben presto i monaci dovettero abbandonare Serra; i loro terreni furono incamerati; i libri, i documenti e i tesori della chiesa furono sequestrati o trafugati, finché nel 1808 la Certosa fu soppressa con decreto di Giuseppe Napoleone. Con la soppressione del Monastero, furono abolite anche la feudalità e la stessa Prelatura territoriale della Certosa, il cui territorio, da secoli governato sul piano spirituale e temporale dal priore

 

del Monastero, passò alla diocesi di Gerace, e in seguito, nel 1852, la S. Sede lo diede alla Diocesi di Squillace, tranne il territorio di Fabrizia che fu aggiudicato alla Diocesi di Gerace.

Cosicché la Certosa, un giorno così ricca e fiorente, privata ora di tutti i suoi beni e distrutta dal terremoto, era ormai agli inizi dell'Ottocento ridotta a un cumulo di rovine, dove regnava lo squallore ed era impossibile ogni vita monastica. La bellissima chiesa del monastero, esposta alle piogge e intemperie, vide lentamente deperire i beni non ancora asportati, finché nell'inverno del 1820, l'Arciprete di Serra, D. Bruno Maria Tedeschi, mobilitò la popolazione per salvare il salvabile. In questa circostanza la chiesa fu spogliata degli altari, delle statue, dei marmi e di ogni altra cosa bella e artistica che ancor vi rimaneva. Gran parte dell'arredamento finì nelle chiese di Serra, dove ancora oggi viene gelosamente custodito e reso accessibile ai visitatori. Nel 1826 il Comune di Serra acquistò l'edificio della Certosa, rovinato dal suddetto terremoto, allo scopo di preservarlo da una completa distruzione. Con tale compera il Comune entrò in possesso anche del busto argenteo e delle Reliquie di San Bruno e del B. Lanuino, che furono conservate nella chiesa matrice.